Il Covid-19 è la prima emergenza che colpisce l’Italia nel suo assetto istituzionale regionale. Attraverso una analisi quali-quantitativa delle delibere regionali del 2020 l’articolo propone una prima ‘valutazione’ del sistema regionale. Attingendo da risorse proprie, le Regioni hanno messo in campo 7,3 miliardi di euro, di cui 2 miliardi per interventi a sostegno alle famiglie e 5,3 per il sostegno al sistema produttivo. Le Regioni che hanno messo in campo interventi per capita più rilevanti sono le Province autonome, le Regioni a statuto speciale e le grandi Regioni del Sud, queste ultime attingendo in larga parte alle risorse dei fondi strutturali. Si osserva un’evoluzione della destinazione delle risorse da aspetti generali ed emergenziali verso caratteristiche specifiche dei settori produttivi regionali. Il sistema regionale ha mostrato una certa capacità di mobilitare le risorse finanziarie, e un grado di differenziazione significativo. Scarica PDF
1. Introduzione
Il Covid-19 è la prima emergenza che colpisce l’Italia nel suo assetto istituzionale regionale, scaturito dalle riforme del 1999-2001. L’articolo intende mostrare una prima ‘valutazione’ del sistema regionale a fronte dell’emergenza pandemica. Va da sé che i governi centrali, in tutti i paesi colpiti dalla pandemica, hanno ricoperto un ruolo cruciale nel porre in essere misure di sostegno economico a finanziario alle famiglie e alle imprese nei mesi successivi alla prima ondata della pandemia nella prima metà del 2020. Il Governo italiano ha adottato una serie di iniziative di intervento straordinario che si fondano sulla necessità di sostenere l’economia e mettere il sistema produttivo nelle condizioni di superare gli effetti economici, finanziari ed operativi di un blocco forzato della produzione, attraverso un programma di agevolazioni nei confronti delle imprese con il duplice obiettivo di contrastare gli effetti negativi della contrazione della domanda e di mantenere la capacità produttiva dei diversi settori dell’economia.
Tuttavia, si è osservato un attivismo significativo anche dei livelli di governo sub-nazionale, specialmente nei paesi caratterizzati da una forma di governo federale o regionale (Bailey et al, 2020). In Italia, le Regioni e i Presidenti delle Regioni hanno mostrato un attivismo che non ha precedenti nella vicenda repubblicana del dopoguerra. Come noto, sebbene le Regioni siano state istituite solo nel 1970, è a partire dalla stagione di riforme di fine anni ’90 (decentramento amministrativo e elezione diretta dei Presidenti di Regione) e la riforma del Titolo V della Costituzione nel 2001che il loro ruolo diventa significativamente più rilevante. Detta riforma sostanzialmente muta la forma di stato da unitaria a regionale, assegnando autonomia legislativa e finanziaria (sebbene oggi quest’ultima sia ancora incompiuta) alle Regioni (Filippetti e Tuzi, 2020; Marino, 2021; Keating e Wilson, 2010; Palermo e Wilson, 2013).
L’attivismo delle Regioni oggi si basa fondamentalmente su tre elementi: i) una legittimazione politica che emana da forme di elezione diretta dei governi regionali; ii) un livello di autonomia legislativa e amministrativa accresciuta in numerose funzioni che precedentemente erano appannaggio dello Stato centrale; iii) un incremento della disponibilità di risorse finanziarie. Da due decenni le regioni esercitano autonomia, o assieme allo stato, su materie che vanno dal turismo alle attività produttive, dal territorio alla sanità. Quest’ultima è una funzione cosiddetta “concorrente”, laddove le Regioni devono sottostare al rispetto dei principi fondamentali dettati dallo Stato, che ne stabilisce anche la quota di finanziamento.
Tuttavia, oltre al tema centrale della sanità (cfr. Aiello, 2020), le regioni durante la pandemia hanno adottato una serie di misure e iniziative, complementari o aggiuntive a quelle attivate dal Governo, volte a sostenere le famiglie e il sistema produttivo nei loro territori. L’impatto dell’epidemia varia sensibilmente da regione a regione e da provincia a provincia. Una valutazione dell’efficacia della risposta del sistema regionale si può fondare, a nostro avviso, su due fattori principali. Il primo è la rapidità degli interventi messi in campo dalle Regioni; il secondo è la flessibilità degli stessi, intesi come capacità di adattare gli interventi per intensità e tipologia al contesto territoriale.
In un paese caratterizzato da imprenditorialità diffusa, fitti legami tra imprese e con il sistema bancario, spesso locale, e connotato, al contempo, da marcate differenze territoriali, occorre una corrispondente articolazione territoriale degli interventi. La capacità del sistema regionale di attivare misure di sostegno che si differenziano non solo non va letto come un segnale di confusione, ma ne rappresenta il suo lato più virtuoso. Gli interventi regionali rappresentano, infatti, la risposta necessaria e complementare all’intervento statale, che per sua natura tende a essere omogeneo sul territorio.
In termini finanziari il contributo delle Regioni non è certo paragonabile a quello del governo centrale, che ha potuto dare fare leva su una ampia capacità di indebitamento, anche grazie al supporto della Banca Centrale Europea. Le Regioni, dal canto loro, hanno potuto ricorrere a fondi tra gli attivi dei loro bilanci e dalle risorse non impegnate dei fondi strutturali provenienti dalla politica di coesione europea. Questo è stato reso possibile grazie agli strumenti europei Crii e Crii+ che l’Unione europea ha messo a disposizione dei paesi membri per fronteggiare l’attuale crisi sanitaria, che hanno consentito agli stati membri la possibilità di riprogrammare i fondi europei del settennato 2014-20 su spese relative all’emergenza pandemica(Regolamento 2020/460 e Regolamento 2020/558).
L’analisi si basa su una base dati originale predisposta nell’ambito dell’Osservatorio COVID-19 messo a punto dall’ISSIRFA (CNR) nel quale sono state censite le delibere delle Giunte regionali indirizzate al sostegno delle famiglie e del sistema economico in risposta all’emergenza Covid-19 nel corso del 2020. Accanto all’analisi quantitativa, abbiamo svolto un’analisi testuale di dette delibere al fine di identificare i trend di indirizzo durante le diverse fasi dell’epidemia.
2. Metodologia
Uno degli obiettivi dell’Osservatorio COVID-19 messo a punto dall’ISSIRFA è quello di quantificare lo sforzo finanziario delle Regioni a sostegno di famiglie e imprese per fronteggiare la crisi socio-economica che è derivata dagli effetti del lockdown imposto per contrastare la crisi pandemica da Covid-19. A tale scopo, come detto precedentemente, i dati sono stati ricavati dall’analisi delle delibere delle Giunte regionali che espressamente sono state indirizzate al sostegno delle famiglie e del sistema economico in risposta all’emergenza Covid e pubblicate sui rispettivi siti istituzionali. La selezione dei provvedimenti è stata effettuata considerando solo quelli che hanno comportato rimodulazioni e variazioni dei bilanci regionali espressamente finalizzati alle iniziative di sostegno all’emergenza Covid.
Le misure regionali tese a offrire sostegno alle famiglie hanno riguardato principalmente la concessione di contributi una tantum o messa a disposizione di voucher per fare fronte all’acquisto di beni di prima necessità, alle spese per accudire i figli nel periodo di chiusura scolastica, per promuovere la didattica a distanza, per sostenere gli inquilini con contratto di locazione a libero mercato, che si trovano in emergenza abitativa. I soggetti beneficiari sono in genere i nuclei famigliari con Isee che ricade in un intervallo prefissato, quelli già a carico dei servizi sociali, i soggetti che hanno subito una contrazione del reddito a causa dell’emergenza Covid o quelli che hanno perduto il posto di lavoro o hanno dovuto cessare la propria attività professionale. Le risorse finanziarie destinate a tali misure sono state veicolate a chi ne aveva diritto prevalentemente (oltre il 90%) attraverso il trasferimento di quote ai Comuni.
Le misure a favore del tessuto produttivo hanno riguardato sia la messa a disposizione di contributi alle imprese, anche a fondo perduto, sia il finanziamento degli strumenti di credito a favore delle aziende, attraverso l’attivazione delle finanziarie regionali, nonché il finanziamento degli strumenti di garanzia, coinvolgendo la rete dei confidi regionali. Sono stati, inoltre, messi a disposizione delle piccole imprese e degli artigiani specifici strumenti di micro-credito.
Non rientrano in questo censimento le numerose iniziative attivate dalle Regioni per realizzare interventi che non prevedono l’erogazione diretta di finanziamenti o la concessione di credito ma che comunque hanno comportato benefici indiretti economici per cittadini e imprese (si pensi ad esempio a differimento del pagamento delle imposte regionali).
3. Analisi dei dati
Al 31 dicembre le regioni hanno messo in campo nei rispettivi bilanci 2020 circa 7,3 miliardi di euro di cui 2 miliardi per interventi a sostegno alle famiglie e 5,3 per il sostegno al sistema produttivo a fronte dell’emergenza Covid.
È evidente il maggiore impegno delle regioni, in termini di risorse destinate al sistema produttivo rispetto a quelle indirizzate a iniziative per il welfare e le famiglie. Una possibile spiegazione è che il Governo nel predisporre interventi a favore delle famiglie può caratterizzarli, ad esempio, in base ai dati di reddito e, quindi, raggiungere i diversi beneficiari in maniera omogenea su tutto il territorio nazionale senza generare eventuali squilibri nella distribuzione delle risorse. Anche, il sostegno al sistema produttivo da parte dello Stato viene realizzato con misure uniformi che per loro natura, però, difficilmente riescono a tenere conto delle evidenti differenze territoriali in termini di struttura e specializzazione produttiva; conseguentemente, in questo caso il maggiore sforzo delle amministrazioni regionali può essere giustificato dalla messa a punto di misure specifiche sulla base delle esigenze dei rispettivi territori. Inoltre, le Regioni hanno competenze in materia di attività produttive e in generale al sostegno dei sistemi produttivi regionali, mentre il welfare è materia prevalentemente statale, come ad esempio il reddito di cittadinanza e le varie forme di sussidi per la disoccupazione.
Le Regioni che hanno messo in campo interventi per capita più rilevanti (Fig. 1), sono le Province autonome, le Regioni a statuto speciale e le grandi Regioni del Sud. Per quanto riguarda le prime, la loro maggiore capacità di spesa va ricondotto alla loro maggiore autonomia finanziaria e alla maggiore (in termini relativi) dimensione del bilancio regionale. Per quanto riguarda le Regioni del Sud, invece, la loro capacità di spesa è probabilmente riconducibile al fatto che dispongono di fondi strutturali provenienti dalla politica di coesione in misura largamente maggiore rispetto alle restanti Regioni del centro-nord. La rimodulazione di tali fondi verso misure di sostegno alle famiglie e all’economia regionale ha consentito loro di porre in essere interventi significativi.
La figura successiva (Fig. 2) riporta la derivazione delle risorse impiegate negli interventi, suddivisi tra risorse regionali/nazionali e derivanti dalla riprogrammazione dei fondi strutturali non ancora impegnati. Come era lecito attendersi, sono le Regioni del Sud ad attingere in larga parte alle risorse dei fondi strutturali, mentre le restanti Regioni devono ricorre principalmente a risorse dei propri bilanci regionali.
La figura successiva (3) mostra la dinamica degli interventi regionali nel periodo che va da aprile a dicembre 2020. Nella parte sinistra del grafico sono collocate le Regioni che hanno reagito più rapidamente all’emergenza, come nel caso di Campania e Piemonte che a fine aprile avevano già definito la totalità delle risorse finanziarie complessivamente destinate alla copertura degli interventi a sostegno dell’emergenza. Le differenti reazioni in termini temporali possono essere correlate a diverse ragioni; ad esempio, per le regioni maggiormente colpite dall’emergenza sanitaria ha presumibilmente pesato la circostanza che queste abbiano dapprima dovuto fronteggiare la crisi dal punto di vista della salute, e poi con il passare del tempo e il miglioramento della situazione, hanno iniziato in maniera più efficace a fronteggiare l’emergenza socio-economica. Mentre, ad esempio, alcune regioni che avevano ancora a disposizione risorse comunitarie hanno speso i primi mesi dell’emergenza per individuare e rendere disponibili i fondi da finalizzare al contrasto alla crisi causata dalla pandemia.
4. L’analisi testuale delle delibere regionali
Di seguito viene presentato il risultato dell’analisi testuale dei titoli delle delibere di giunta regionale indirizzate al sostegno di famiglie e imprese per fronteggiare le conseguenze della crisi pandemica, al fine di ottenere una rappresentazione grafica dei termini occorrenti più significativi. Le delibere adottate durante il 2020 sono state suddivise in tre periodi: i) marzo-aprile, che rappresenta la prima fase di reazione all’emergenza; ii) maggio-luglio, che include le prime riaperture e le fasi di preparazione della stagione estiva; iii) agosto-dicembre, che comprende la ripresa delle attività dopo il periodo estivo e l’avvio delle attività scolastiche. Per ciascun periodo si è cercato di verificare, attraverso l’evidenziazione dei termini ricorrenti nei titoli delle delibere di giunta regionale, l’esistenza di eventuali dinamiche temporali delle risposte che le regioni hanno cercato di fornire ai propri territori nel corso della gestione della pandemia.
Nella prima fase di reazione dell’emergenza (periodo marzo-aprile), si evidenzia come le regioni abbiano indirizzato le risorse dei propri bilanci, e, soprattutto, quelle provenienti dai fondi comunitari, al sostegno di famiglie, imprese e del sociale. In questo senso la risposta si caratterizza per una natura che possiamo definire ‘emergenziale’ e quindi di sostegno generale senza particolari differenziazioni.
Nel secondo periodo (maggio-luglio), a seguito della prima fase emergenziale, gli interventi sembrano segmentarsi su più iniziative e il quadro inizia a differenziarsi. Le Regioni indirizzano i propri interventi in funzione delle caratteristiche specifiche dei settori produttivi regionali. Ad esempio, le Regioni a forte valenza turistica, con l’avvicinarsi della stagione estiva indirizzano le iniziative regionali verso il sostegno al commercio, al turismo, alle attività costiere e balneari. Esemplificativo è il caso della regione Sardegna, la quale ha fortemente sostenuto l’intera filiera del turismo mettendo a disposizione del settore un’elevata somma di finanziamenti, attraverso la rimodulazione dei fondi strutturali a disposizione. Resta fermo tuttavia l’impegno complessivo verso il sociale e le imprese. Altre Regioni, pensiamo a quelle del nord-est, ad esempio hanno messo in campo iniziative atte a consentire investimenti in macchinari alle aziende dei propri territori. Nei fatti si assiste al regionalismo all’opera, con interventi che vanno a coprire necessità che si manifestano in contesti fortemente differenziati in funzione delle diverse vocazioni territoriali.
Nell’ultimo periodo analizzato (agosto-dicembre) il sistema si orienta verso la nuova emergenza che inizia a manifestarsi, ovvero quella della scuola. Il tema della ripresa delle attività didattiche in presenza diventa centrale con l’approssimarsi dell’avvio del nuovo anno scolastico. Nonostante il tema dell’istruzione sia di competenza dello Stato, le Regioni hanno giocato un ruolo non secondario nel garantire l’avvio dell’anno scolastico attraverso iniziative complementari ma fondamentali, come ad esempio l’edilizia scolastica e i mezzi di trasporto pubblico al fine di garantire il rispetto dei vincoli imposti dalle norme statali.
5. Conclusioni
La complessità della pandemia e le sue conseguenze ha reso necessaria una pletora di interventi di sostegno alle famiglie e al sistema produttivo a ogni livello di governo. Se i governi centrali sono stati i grandi protagonisti, supportati anche dall’Unione Europea, i governi sub-nazionali non sono stati da meno. Le esperienze di paesi federali, come ad esempio gli Stati Uniti, l’Australia e la Germania, hanno mostrato un attivismo degli stati che è apparso fondamentale, assieme alla necessità dei governi federali di confrontarsi e cooperare con i singoli stati per articolare una risposta efficace alla crisi pandemica[1].
In paesi in cui il governo centrale ha latitato nelle fasi inziali, come nel caso dell’Amministrazione Trump negli Stati Uniti e in quella di Bolsonaro in Brasile, i governi sub-nazionali, stati e municipi, hanno spesso giocato un ruolo sostitutivo, di fondamentale importanza per contenere il diffondersi della pandemia e i relativi danni economici. Non sono mancati attriti tra i livelli di governo, come nel caso spagnolo, nonché in quello italiano. Tuttavia, i primi studi mostrano come la cooperazione tra livelli di governo è stato un fattore essenziale per una politica efficace della gestione della crisi pandemica (Agnew, 2021).
Nel caso italiano, l’attivismo delle Regioni, che a volte è sfociato in protagonismo dei Presidenti delle Regioni in una sorta di versione regionale del populismo (Casaglia e Coletti, 2021; Coletti et al., 2020, 2021) è giustificato sia da fattori istituzionali, sia da fattori economico-produttivi. Per quanto concerne i primi, le Regioni hanno da circa un ventennio acquisito un grado di autonomia rilevante accanto allo stato centrale; per quanto riguarda i secondi, le marcate differenze tra i sistemi produttivi regionali, in termini di specializzazione settoriale e dinamiche industriali, giustifica la necessità di approcci bottom-up, che per loro natura generano interventi differenziati e variamente articolati sui territori.
Il presente articolo si è posto come obiettivo quello di operare una prima ‘valutazione’ della capacità di risposta del sistema regionale italiano durante il 2020 nella gestione della crisi pandemica. A fronte dell’analisi quali-quantitativa, peraltro descrittiva, svolta sulle delibere regionali possiamo trarre qualche prima considerazione. Il sistema regionale ha mostrato una certa capacità di mobilitare le risorse provenienti sia dai bilanci regionali, sia attraverso una rimodulazione dei fondi strutturali non ancora impegnati. Al contempo, è emerso anche un grado di differenziazione significativo, indice questo di una capacità di adattamento ai contesti locali che è da leggersi, evidentemente, come caratteristica desiderabile di un sistema regionale. Le Regioni hanno mostrato una certa capacità di adattamento dei loro interventi sia nel tempo, in funzione delle differenti esigenze sorte in periodi diversi della crisi pandemica; sia nello spazio, articolando gli interventi di sostegno economico in funzione delle caratteristiche dei sistemi produttivi regionali.
I risultati qui esposti sono da considerarsi come un primo stimolo di incoraggiamento verso analisi più approfondite in grado di studiare il sistema regionale in modo scientifico e rigoroso. Rimangono da considerare, attraverso analisi più approfondite e non limitate ad un approccio descrittivo, alcuni elementi essenziali per il buon funzionamento del regionalismo, come il livello di efficienza di tali interventi e il grado di complementarietà versus ridondanza rispetto agli interventi del governo centrale. Infine, l’applicazione di un impianto valutativo di tipo controfattuale aiuterebbe a valutare in modo più rigoroso il funzionamento del sistema regionale italiano durante la crisi pandemica.
Note:
[1] Si veda qui per una disamina di vari casi: https://uacesterrpol.wordpress.com/category/covid19-series/
Bibliografia
- Agnew, J. (2021), Anti-Federalist Federalism: American “Populism” And The Spatial Contradictions Of Us Government In The Time Of Covid-19, Geographical Review, 4(111), pp. 510-527.
- Aiello, F. (2020), Covid-19 in Italia: la pressione sulle strutture sanitarie, Regional Economy, Volume 4, Q1.
- Bailey, D., Clark, J., Colombelli, A., Corradini, C., De Propris, L., Derudder, B., Fratesi, U., Fritsch, M., Harrison, J., Hatfield, M., Kemeny, T., Kogler, D. F., Lagendijk, A., Lawton, P., Ortega-Argilés, R., Iglesias Otero C., Usai, S. (2020). Regions in a time of pandemic, Regional Studies, 54(9), pp. 1163-1174.
- Bull M. J. (2020) Italy’s ‘darkest hour’: how coronavirus became a very political problem. The Conversation, March 9, 2020, https://theconversation.com/italys-darkest-hour-how-coronavirus-became-a-very-political-problem-133178
- Casaglia A. e Coletti, R. (2021), Territorializing threats in nationalist populist narratives: an Italian perspective on the migration and Covid-19 crises, Space and Polity, Online first, DOI: 10.1080/13562576.2021.1991783.
- Coletti, R. (2020), Nazione e nazionalismo ai tempi del Coronavirus, SpazioCult, April 5, 2020, https://spaziocult.it/nazione-e-nazionalismo-ai-tempi-del-coronavirus/.
- Coletti, R. e Oddone, N. (2021). “COVID-19 and borders within regional integration processes: a multi-level governance analysis in the EU and Mercosur”, in Esposito Nieto T. (ed), União Europeia: Visões do Sul, Editora Idesp: Foz do Iguazu, pp. 35-56.
- Filippetti A. e Tuzi F. (2020). La finanza regionale e il lento percorso verso l’autonomia. Italian Papers on Federalism, Rivista giuridica on-line – ISSiRFA – CNR, 1/2020.
- Keating M. e Wilson A. (2010), Reforming Italy: Institutional Change and the Federal Option, Edinburgh Europa Paper Series.
- Marino, D. (2021), Governance della Sanità in Italia e in Calabria dopo la Riforma del Titolo V. Regional Economy, Volume 5, Q2, 2021.
- Palermo, F. e Wilson A. (2013), The Dynamics of Decentralization in Italy: Towards a Federal Solution? European Diversity and Autonomy Papers EDAP 04/2013.