La Politica Agricola Comune rappresenta la politica più longeva dell’Unione europea e fu istituita nel 1962 quando l’allora Comunità Economica Europea era composta dai sei paesi fondatori: Italia, Francia, Germania e i tre paesi del Benelux (Belgio, Paesi Bassi e Lussemburgo). La sua architettura si fonda principalmente su due pilastri: il primo, finanziato attraverso il Fondo europeo agricolo di garanzia (FEAGA), ha la duplice funzione di sostenere direttamente il reddito degli agricoltori e di adottare delle misure di mercato per fronteggiare la volatilità che caratterizza il mercato dei prodotti agricoli. Il secondo pilastro, invece, sostiene la redditività economica delle zone rurali ed è supportato dal Fondo Europeo Agricolo per lo Sviluppo Rurale (FEASR).
Entrambi i fondi sono finanziati attraverso il bilancio pluriennale dell’Unione europea di cui la PAC, tra primo e secondo pilastro, rappresenta la principale voce, cioè oltre il 37% della dotazione settennale 2014-2020. Il quadro finanziario pluriennale relativo a tale settennio, infatti, ha stabilito un bilancio totale per la PAC che ammonta a 291,27 miliardi di euro per i pagamenti diretti (che rappresentano il 71.3% del totale dei fondi della PAC), 99,58 miliardi di euro per lo sviluppo rurale (24,4%) e 17,45 miliardi di euro per le misure di mercato (4,3% del totale). Per il periodo 2014-2020, pertanto, l’investimento dal bilancio Ue per l’agricoltura ammonta ad oltre 408 miliardi di euro.
Nel corso del tempo, tuttavia, il peso relativo della spesa agricola nel bilancio dell’Unione europea ha subito una graduale contrazione. Se ad inizio degli anni ’80 la PAC occupava oltre il 66% del bilancio pluriennale, per il periodo fino al 2030 il peso relativo della politica agricola comune sul bilancio dell’Ue sarà intorno al 31%.
Nel presente capitolo saranno presentati gli obiettivi politici del secondo pilastro della PAC, con una particolare enfasi sugli strumenti di progettazione degli interventi di tipo partecipativo, i livelli di attuazione dei Programmi di Sviluppo Rurale italiani da almeno due prospettive, nonché gli spazi finanziari attuali e futuri della PAC alla luce del bilancio settennale europeo 2021-2027 e del dispositivo europeo per la ripresa Next Generation EU.
Obiettivi e azioni della politica di sviluppo rurale
Tra gli obiettivi generali per la politica di sviluppo rurale stabiliti dalla Commissione europea, rientrano la promozione della competitività dell’agricoltura, il conseguimento di uno sviluppo territoriale equilibrato delle economie rurali e la gestione sostenibile delle risorse naturali. Tali priorità politiche sono perciò declinate in specifici sei ambiti di intervento noti come “Focus Area” a cui le autorità di gestione delle risorse (a livello nazionale o regionale) assegnano una dotazione finanziaria e degli obiettivi specifici (target) da raggiungere. Le sei priorità sono le seguenti:
- promuovere il trasferimento di conoscenze e l’innovazione nei settori agricolo e forestale e nelle zone rurali;
- potenziare la competitività dell’agricoltura in tutte le sue forme e la redditività delle aziende agricole;
- incentivare l’organizzazione della filiera agroalimentare e la gestione dei rischi nel settore agricolo;
- preservare, ripristinare e valorizzare gli ecosistemi dipendenti dall’agricoltura e dalle foreste;
- incoraggiare l’uso efficiente delle risorse e il passaggio a un’economia a basse emissioni di carbonio e resiliente al clima nel settore agroalimentare e forestale;
- promuovere l’inclusione sociale, la riduzione della povertà e lo sviluppo economico nelle zone rurali.
La politica di sviluppo rurale è configurata come “secondo pilastro” della PAC a partire dalla riforma «Agenda 2000» e lo strumento finanziario che la sostiene (il FEASR), per il periodo di programmazione 2014-2020, rientra tra i Fondi Strutturali e di Investimento Europei (SIE). Insieme ai fondi che finanziano la politica di coesione, tra cui il Fondo Sociale Europeo, il Fondo di Coesione e il Fondo Europeo per lo Sviluppo Regionale, pertanto, la politica di sviluppo rurale è soggetta ad un framework di regole comuni a tutti i fondi SIE (Regolamento UE 1303/2013) e ad ulteriori due regolamenti “dedicati”, ovvero il Regolamento sul finanziamento, sulla gestione e sul monitoraggio della politica agricola comune (Regolamento UE 1306/2013) e il Regolamento sul sostegno allo sviluppo rurale da parte del FESR (Regolamento UE 1305/2013).
La principale caratteristica di tali strumenti finanziari riguarda le modalità di programmazione e attuazione, che sono effettuate in un’ottica di governance multilivello, cioè gestite a livello locale dagli Stati e dalle Regioni sulla base di un accordo di partenariato siglato con la Commissione europea. I fondi del primo pilastro della PAC, diversamente, sono gestiti dagli Stati membri.
Stati membri e regioni europee, per l’accesso ai fondi del FEASR, devono predisporre un programma di sviluppo rurale pluriennale e contribuire alla realizzazione della Strategia dell’Unione europea per una crescita sostenibile ed inclusiva. A tal fine, ciascuno dei fondi strutturali e di investimento europeo sostiene undici obiettivi tematici, in cui sono declinati i programmi di sviluppo, cioè:
- rafforzare la ricerca, lo sviluppo tecnologico e l’innovazione;
- migliorare l’accesso alle TIC, nonché l’impiego e la qualità delle medesime;
- promuovere la competitività delle PMI del settore agricolo;
- sostenere la transizione verso un’economia a basse emissioni di carbonio in tutti i settori;
- promuovere l’adattamento al cambiamento climatico, la prevenzione e la gestione dei rischi;
- preservare e tutelare l’ambiente e promuovere l’uso efficiente delle risorse;
- promuovere sistemi di trasporto sostenibili ed eliminare le strozzature nelle principali infrastrutture di rete;
- promuovere un’occupazione sostenibile e di qualità e sostenere la mobilità dei lavoratori;
- promuovere l’inclusione sociale e combattere la povertà e ogni discriminazione;
- investire nell’istruzione, nella formazione e nella formazione professionale per le competenze e l’apprendimento permanente;
- rafforzare la capacità istituzionale delle autorità pubbliche e delle parti interessate e un’amministrazione pubblica efficiente.
Tra le altre condizionalità fissate dai regolamenti europei, emergono due aspetti cruciali per le politiche di finanziamento green all’interno dei Programmi di Sviluppo Rurale e alla co-progettazione degli interventi, contenuti nell’articolo 59 del Regolamento del FEASR (1305/2013). Il primo riguarda la destinazione di almeno il 30% dei finanziamenti di ciascun PSR al supporto di misure rilevanti per l’ambiente e i cambiamenti climatici, in gran parte convogliate attraverso sovvenzioni e pagamenti annuali agli agricoltori che scelgono pratiche più rispettose dell’ambiente. Il secondo aspetto consiste nella destinazione di almeno il 5% dei finanziamenti dei PSR ad azioni di sviluppo locale di tipo partecipativo, con il coinvolgimento diretto degli attori locali.
La progettazione di tipo partecipativo: quali risultati?
Il supporto del FEASR allo sviluppo locale di tipo partecipativo è attuato secondo una metodologia denominata LEADER (Liaison Entre Actions de Développement de l’Économie Rurale), con una logica bottom-up. Le strategie di sviluppo locale di tipo partecipativo, in particolare, sono elaborate ed attuate dai Gruppi di Azione Locale (GAL), cioè da un gruppo di rappresentanti degli interessi economici e sociali del territorio di riferimento, e sono concepite sulla base della vocazione del territorio (place-based policy) anche al fine di incentivare la creazione di sinergie. I GAL, all’interno del secondo pilastro della PAC, svolgono pertanto un ruolo molto importante, tra cui la predisposizione degli inviti a presentare proposte progettuali, la valutazione delle domande di sostegno, la selezione delle operazioni e conseguente verifica dell’implementazione.
Nella letteratura scientifica sulla politica agricola comune sono presenti diversi studi sulla valutazione dell’efficacia o dell’impatto dei GAL in diverse regioni o Stati membri europei, i cui risultati non sono sempre concordi. Nonostante l’incoraggiamento a sviluppare approcci integrati dal basso, ad esempio, Konečnýet al. (2020) per la Repubblica Ceca e Tirado Ballesteros e Hernández, (2019) per la Spagna, hanno dimostrato che il potenziale dell’iniziativa dei GAL è stato ridotto a causa del prevalere di approcci diametralmente opposti, cioè dall’alto verso il basso (top-down). Diversamente, Biczkowski (2020) ha riscontrato che il coinvolgimento dei GAL in Polonia ha avuto un impatto positivo sul numero di iniziative di sviluppo partecipativo che ha portato anche ad un miglior assorbimento dei fondi europei, soprattutto nelle aree in cui gli investimenti sono legati ai bisogni reali. Olar e Jitea (2021), inoltre, hanno identificato alcune determinanti delle performance dei GAL in Romania, tra cui l’esperienza dei componenti, la numerosità del gruppo e il grado di coinvolgimento della comunità locale. Navarro et al., (2016), diversamente, restituiscono un effetto parzialmente positivo del ruolo dei GAL in Andalusia (Spagna) e in Galles (Regno Unito). In particolare, gli autori mostrano che l’effetto – seppur positivo – dei GAL sulla numerosità dei progetti finanziati, è stato fortemente limitato dall’influenza delle autorità regionali e locali nella gestione, che ha scoraggiato la partecipazione dei player con minor potere contrattuale, in completa contraddizione con i canoni della metodologia LEADER.
Gli spazi finanziari della politica di sviluppo rurale
Per il periodo 2014-2020 gli spazi finanziari del Fondo Europeo Agricolo di Sviluppo Rurale della politica agricola comune ammontano a circa 158,95 miliardi di euro per i 28 Stati membri (incluso in Regno Unito). Di questi, 105,12 miliardi di euro solo allocati tramite il bilancio pluriennale dell’Ue mentre i restanti 53,83 miliardi derivano dal contributo degli Stati membri a titolo di cofinanziamento.
A livello aggregato, il principale beneficiario delle risorse del FEASR allocate tramite le risorse del budget Ue è la Francia (13,13 miliardi). Tra gli altri paesi maggiormente beneficiari, inoltre, emergono Germania (10,57 miliardi), Italia (10,44), Polonia (8,7), Spagna (8,3) e Romania (8,1). Se si considera anche la quota di risorse che finanzia i programmi di sviluppo regionale proveniente dai rispettivi bilanci degli Stati, tuttavia, l’Italia risulta il paese con la maggiore dotazione di risorse (20,91 miliardi di euro), seguita da Francia (18,24), Germania (15,79) e Polonia (13,62).
La figura 1 mostra la distribuzione geografica dei fondi che finanziano i Programmi di Sviluppo Rurali delle regioni italiane. La regione con la maggiore intensità di risorse nell’ambito del secondo pilastro della PAC è la Sicilia (2,18 miliardi di euro), seguita da Campania (1,81 miliardi) e Puglia (1,61). Tra le altre regioni con almeno 1 miliardo di euro a titolo di supporto settennale per la politica rurale, inoltre, rientrano Sardegna (1,29 miliardi), Emilia-Romagna (1,17 miliardi), Veneto (1,17), Lombardia (1,14), Calabria (1,09) e Piemonte (1,08). Oltre quelli regionali, tuttavia, l’Italia gestisce a livello nazionale due programmi (il Programma di Sviluppo Rurale Nazionale e la Rete Rurale Nazionale) finanziati complessivamente per 2,2 miliardi di euro.
Figura 1. Allocazione FEASR a livello regionale. Elaborazione dell’autore
A livello italiano, il 42% delle risorse dei PSR (8,8 miliardi di euro circa) è destinato alla competitività delle imprese, il 19% (4 miliardi) è allocato per la protezione ambientale e per l’efficientamento delle risorse, mentre il circa il 17% (3,5 miliardi di euro) finanzia le azioni all’interno dell’Obiettivo tematico “Adattamenti al cambiamento climatico e prevenzione dei rischi” (figura 2). Una quota relativamente bassa delle risorse, di contro, è destinata alla ricerca e all’innovazione (3,5% circa, ovvero 727 milioni di euro), alle misure a favore dell’occupazione (1,38%), e agli interventi di formazione professionale (0,94%).
Figura 2. Allocazione FEASR a livello regionale per Obiettivo Tematico. Elaborazione dell’autore
Lo stato di attuazione dei PSR delle regioni italiane: il caso dei prodotti identitari
Lo stato di avanzamento dei programmi di sviluppo rurale è osservabile da almeno due prospettive: dal tasso di assorbimento dei fondi, da un lato, e dal raggiungimento degli obiettivi (target) specifici fissati in sede di programmazione, dall’altro. L’avanzamento finanziario è calcolato come rapporto tra la spesa effettuata e l’ammontare di fondi disponibili in ciascun PSR. In base ai dati estratti dalla banca dati della Commissione Europea (CohesionData, riferiti al 2020), il tasso di assorbimento dei fondi FEASR in Italia è del 58%, in quanto a fronte di una dotazione finanziaria di 20,91 miliardi di euro sono stati spesi poco più di 12 miliardi di euro. Tra i programmi con un tasso di attuazione migliore rispetto alla media emergono il PSR di Bolzano (78%, con 282 milioni di euro certificati a fronte di una dotazione di 361 milioni), il PSR del Veneto (69% di 1,17 miliardi disponibili), quello dell’Emilia-Romagna (66% di 1,17 miliardi di euro disponibili) e quello della Calabria, il sesto in ordine decrescente in termini di attuazione (65% di 1,1 miliardi circa). Il Programma Nazionale di Sviluppo Rurale, inoltre, ha un tasso di assorbimento del 60%, speso 1,26 miliardi di euro a fronte di una dotazione complessiva di 2,08 miliardi. All’opposto, tra i programmi che registrano le peggiori performance in termini di spesa sono il PSR di Puglia (41%, con solo 669 milioni certificati a fronte di 1,6 miliardi), insieme a quelli delle Marche (42%), di Abruzzo (47%) e della Basilicata (52%). Le autorità di gestione, tuttavia, hanno la possibilità di evitare una perdita di risorse impiegandole entro il 31 dicembre 2023. In ogni caso, tutti i programmi sono soggetti ad una regola generale di “disimpegno automatico” che intervenire qualora le risorse impegnate in un determinato anno non siano completamente spese entro i tre anni successivi (regola N+3).
Oltre ai target di spesa, tuttavia, i soggetti attuatori (nazionali e regionali) dei Programmi di Sviluppo Rurale devono raggiungere alcuni obiettivi che hanno fissato in sede di programmazione (ed eventualmente riprogrammato nel corso del tempo). Tra i numerosi indicatori specifici, per le finalità di questa pubblicazione si intende osservare lo stato di avanzamento dei programmi di sviluppo rurale italiani relativamente al numero di aziende agricole supportate per la partecipazione ai regimi di qualità dei prodotti agricoli e alimentari.
L’Italia, infatti, vanta il più elevato numero di prodotti ad indicazione geografica presenti nel registro europeo dei prodotti alimentari tutelati. Le indicazioni geografiche comprendono il marchio DOP (Denominazione di Origine Protetta) che si applica al cibo e al vino, IGP (Indicazione Geografica Protetta) per i prodotti enogastronomici e Indicazione Geografica (IG) per le bevande spiritose e vini aromatizzati. La principale differenza tra DOP e IGP è legata principalmente alla quota di materie prime del prodotto che proviene dalla zona identitaria, o quanta parte di processo di trasformazione avviene in quell’area.
Dai dati estratti il 18 giugno 2021, infatti, emerge che su un totale di 3465 prodotti tutelati in Ue, ben 876 (più del 25%) sono italiani (316 prodotti alimentari, 34 bevande spiritose e 526 vini). Dopo l’Italia, i paesi con il maggior numero di prodotti identitari tutelati sono Francia (745), Spagna (359) e Grecia (275). Le indicazioni geografiche, inoltre, rappresentano una risorsa economica fondamentale per l’Unione europea e rientrano nel sistema dei diritti di proprietà intellettuale a livello dell’Ue. Secondo una recente ricerca dell’Ufficio europeo dei brevetti e dell’EUIPO (2019), le industrie agroalimentari nelle aree con più concentrazione di diritti di indicazione geografica sostengono circa 400 mila posti di lavoro in tutta l’Ue e contribuiscono con oltre 20 miliardi al prodotto interno lordo dell’Unione. La Commissione europea (2020) ha stimato il valore delle vendite annuali di prodotti protetti da marchio identitario in 75,7 miliardi di euro all’anno, di cui un quinto deriva dalle esportazioni di tali prodotti al di fuori dell’Ue.
Anche per consolidare il primato europeo e per continuare a valorizzare i prodotti identitari, l’obiettivo specifico dei PSR italiani per il 2014-2020 è quello di supportare 6752 aziende per la partecipazione ai regimi di qualità europei. Sorprendentemente, tale target risulta al 2020 ampiamente superato, in quanto le imprese attualmente supportate per attivare o continuare processi di registrazione di prodotti di qualità sono state 9125. Si tratta, tuttavia, di un valore aggregato che dipende prevalentemente dalle performance di alcune regioni che hanno ampiamente superato i loro obiettivi. L’Abruzzo, ad esempio, ha supportato 695 aziende agricole a fronte delle 66 indicate come target, mentre il Molise ha sostenuto 164 aziende agricole per la tutela dei prodotti, a fronte di un obiettivo di 50 fissato in fase di programmazione. Tre regioni, tuttavia, hanno contribuito in maniera significativa ad incrementare il supporto agli agricoltori per l’adesione al registro europeo dei prodotti tutelati: il Veneto, che a fronte di un target di 541 imprese agricole ne ha supportato 1500, l’Emilia-Romagna che ne ha sostenuto 1200 a fronte di un target di 515 e il Piemonte, che da un obiettivo di 1100 ha supportato oltre 2270 imprese fino a dicembre 2020. Diversamente i tassi di attuazione dell’indicatore specifico più bassi si rilevano in Puglia (146 imprese su un target di 1000), Lazio (83 a fronte di un target di 495), Toscana (29 su un obiettivo di 75) e Sicilia (160 su un obiettivo di 375).
Il futuro della PAC e le sfide dell’European Green Deal e del Next Generation EU
Grazie ad un regolamento “transitorio” approvato a fine dicembre del 2020, i PSR possono essere prorogati per ulteriori due annualità (2021 e 2022) prima che la riforma complessiva della PAC entrerà in vigore (1° gennaio 2023). Per garantire continuità nel supporto agli agricoltori, pertanto, le istituzioni europee hanno trovato una soluzione temporanea anche per non lasciare in stand-by le risorse destinate alla politica agricola comune dal nuovo Quadro Pluriennale Finanziario (QFP) dell’Ue 2021-2027 e dal nuovo Strumento Europeo per la Ripresa (Next Generation EU, NGEU) per il 2021-2022 (tabella 1).
BILANCIO PAC post 2020 | Ammontare (milioni di €) |
Pagamenti diretti e misure per il mercato agricolo (Primo Pilastro) | 290 534.0 |
Misure di sviluppo rurale nell’ambito del QFP (Secondo Pilastro) | 87 998.30 |
Totale PAC da QFP | 378 532.30 |
+ Ulteriori misure di sviluppo rurale nell’ambito della NGEU | 8070.50 |
PAC TOTALE: QFP 2021-2027 + NGEU 2021-2022 | 386 602.80 |
Tabella 1. Finanziamento della PAC post-2021 (valori in milioni di euro, a prezzi correnti)
In particolare, gli spazi finanziari per la PAC dal bilancio pluriennale dell’Ue ammonteranno a 378,53 miliardi di euro (a prezzi correnti) e che rappresentano il 31% del bilancio pluriennale 2021-2027. Oltre a questi, le misure della politica di sviluppo rurale sono destinatarie di risorse aggiuntive nell’ambito del Next Generation EU per finanziare la ripresa economica e sociale conseguente alla pandemia da COVID-19 di oltre 8 miliardi di euro per il periodo 2021-2022. Pertanto, la dotazione complessiva per la PAC ammonta a 386,6 miliardi di euro.
Stati e regioni, tuttavia, dovranno allocare le risorse tenendo conto dei cambiamenti intercorsi nella legislazione europea. In particolare, il regolamento transitorio prevede dei vincoli più stringenti sull’impiego delle risorse provenienti dal dispositivo europeo per la ripresa. Almeno il 37% delle risorse addizionali allocate in ciascun PSR, infatti, dovrà essere destinato alle attività sostenibili, tra cui l’agricoltura biologica, la mitigazione dei cambiamenti climatici compresa la riduzione di gas ad effetto serra, la conservazione del suolo e la riduzione dei rischi e degli impatti dell’uso di pesticidi e antimicrobici. Inoltre, almeno il 55 % delle risorse aggiuntive che andrà ad alimentare gli attuali PSR, dovrà contribuire alla ripresa economica resiliente sostenibile e digitale, in linea con gli obiettivi climatici ed ambientali, in particolare sostenendo le filiere corte e i mercati locali, promuovendo l’efficienza delle risorse e l’innovazione tecnologica e supportando investimenti per la bioeconomia, l’economia circolare e per le energie rinnovabili. Si tratta, pertanto, di un primo passo verso una nuova generazione di politica agricola che dal 2023 dovrà essere necessariamente funzionale agli obiettivi politici dell’European Green Deal, l’ambizioso progetto politico che caratterizza il mandato della Commissione europea guidata da Ursula von der Leyen, in base al quale l’Europa sarà un continente neutrale dal punto di vista climatico entro il 2050 a partire da una riduzione delle emissioni di gas serra entro il 2030 del 55% rispetto ai livelli del 1990. Queste ambizioni, pertanto, si riflettono capillarmente in tutti gli interventi dell’Ue, tra cui la PAC e la politica di coesione, i programmi per la ricerca d’eccellenza come Horizon Europee e il programma LIFE, che dovranno essere sempre più in linea con le altre strategie europee, tra cui la Strategia per la Biodiversità e la Strategia “dal produttore al consumatore” (Farm to Fork). Tali strumenti, infatti, consentiranno di accelerare la transizione verso un sistema sostenibile che possa garantire la sicurezza e l’accessibilità dei prodotti alimentari, generando ritorni economici equi e allo stesso tempo un impatto neutro sull’ambiente entro il 2050.
Bibliografia
Arabatzis, G., Aggelopoulos, S., e Tsiantikoudis, S. (2010). Rural development and LEADER + in Greece: Evaluation of local action groups. Journal of Food, Agriculture and Environment, 8(1), 302–307. Scopus.
Ballesteros, J. G. T., e Hernández, M. H. (2019). Promoting tourism through the EU LEADER programme: Understanding Local Action Group governance. European Planning Studies, 27(2), 396–414.
Biczkowski, M. (2020). LEADER as a mechanism of neo-endogenous development of rural areas: The case of Poland. Miscellanea Geographica, 24(4), 232–244.
Konečný, O., Šilhan, Z., Chaloupková, M., e Svobodová, H. (2020). Area-based approaches are losing the essence of local targeting: LEADER/CLLD in the Czech Republic. European Planning Studies, 1–18.
Navarro, F. A., Woods, M., e Cejudo, E. (2016). The LEADER Initiative has been a Victim of Its Own Success. The Decline of the Bottom-Up Approach in Rural Development Programmes. The Cases of Wales and Andalusia. Sociologia Ruralis, 56(2), 270–288
Olar, A., e Jitea, M. I. (2021). Enabling factors for better multiplier effects of the leader programme: Lessons from Romania. Sustainability (Switzerland), 13(9).
Smedzik-Ambrozy, K., Guth, M., Stepień, S., e Brelik, A. (2019). The influence of the European union’s common agricultural policy on the socio-economic sustainability of farms (the case of Poland). Sustainability (Switzerland), 11(24).
EUIPO, 2019 IPR-intensive industries and economic performance in the European Union
https://euipo.europa.eu/ohimportal/en/web/observatory/ip-contribution#ip-contribution_1
European Union, 2020, Study on economic value of EU quality schemes, geographical indications (GIs) and traditional specialities guaranteed