Negli ultimi anni, le tematiche della sostenibilità hanno ricevuto una attenzione sempre maggiore sia da parte dell’opinione pubblica che da parte della letteratura scientifica. Tra i vari concetti che la letteratura ha prodotto, quello di “economia circolare” (vedasi Popović & Radivojević 2022; Stahel 2016) si è rivelato particolarmente fertile, grazie alla sua capacità di fornire indicazioni chiare e facilmente comprensibili in termini di comportamenti concreti, così come in termini di policy (per un esempio relativo al sud Italia, vedasi Cristiano et al. 2021).
Introduzione
A partire dal 2017, una letteratura crescente si dedica ad esplorare l’applicazione dei concetti dell’economia circolare al fine vita di quello che viene chiamato “l’ambiente costruito” (Circular Economy of Constructed and Built Environment, CECBE), ovvero l’insieme di infrastrutture ed installazioni che antropizzano in modo durevole l’ambiente e la cui costruzione richiede un ingente utilizzo di risorse naturali e di energia. La Figura 1 mostra graficamente questo trend, in crescita rapida.
A titolo di esempio, ricadono in questa categoria sia il patrimonio immobiliare che le installazioni industriali, incluse quelle situate offshore. Tra queste ultime, una particolare rilevanza assume la dismissione (o “decommissioning”) delle piattaforme estrattive e delle installazioni energetiche da fonti rinnovabili, definito come il processo per cui l’attività mineraria e di produzione energetica viene conclusa, le decisioni di rimozione o mantenimento delle strutture vengono prese, e le azioni vengono concretamente intraprese e portate a termine (per maggiori dettagli vedasi Fowler et al. (2014)).
In questo contesto, il nostro studio si focalizza su un ambiente costruito specifico, le piattaforme offshore oil and gas presenti in Italia, ed una linea potenziale di “decommissioning circolare” precisa, ovvero il recupero delle piattaforme a finalità turistico ricettive. L’originalità del contributo si manifesta in tre caratteristiche. In primo luogo, a nostra conoscenza, mancano ancora studi sistematici sul potenziale di riutilizzo delle infrastrutture offshore dismesse a fini turistico-ricettivi. Inoltre, l’analisi utilizza una base dati originale, risultato di una survey ad-hoc condotta sugli studenti di scienze del turismo, presso l’Università di Palermo e la relativa sede decentrata di Trapani. Infine, esso contribuisce a colmare una lacuna nella letteratura in lingua italiana sul CECBE. In effetti, malgrado il fatto che i ricercatori italiani siano tra i più attivi al mondo in questo segmento scientifico (Çimen 2021), non si riscontra produzione scientifica originale in italiano.
REVISIONE DELLA LETTERATURA
Basandoci sulla più recente ed ampia analisi della letteratura a nostra conoscenza (Çimen 2021), l’economia circolare viene definita da 11 principi, noti anche come le 11 “R”, dall’iniziale comune che essi condividono in lingua inglese. In particolare, tali principi si declinano come segue:
- Recover: incenerire il materiale di scarto per ottenere energia
- Recycle: processare il materiale di scarto per ottenere nuovo materiale
- Reduce: aumentare la produttività tecnica per utilizzare meno risorse
- Refurbish: ripristinare o migliorare un prodotto esistente
- Refuse: rimuovere le funzioni ridondanti
- Remanufacture: utilizzare le parti abbandonate per nuovi prodotti con le stesse funzioni
- Repair: riparare il prodotto per estenderne l’uso
- Replace: utilizzare materiali più sostenibili per sostituire i materiali usati in produzione
- Repurpose: utilizzare componenti in disuso per funzioni differenti dalle precedenti
- Rethink: migliorare l’uso del prodotto
- Reuse: riutilizzare un prodotto abbandonato da un altro utilizzatore
Come appare evidente, le possibilità di riutilizzo delle piattaforme per usi turistico-ricettivi si inserisce perfettamente nel quadro dell’economia circolare, configurando progetti di “Reuse and Repurpose”. Peraltro, come rilevato da Velenturf (2021), il decommissioning “circolare” nel settore costituisce una parte essenziale dei processi di transizione energetica che oggi appare ineludibile e particolarmente rilevante alla luce del progressivo fine vita di numerose installazioni energetiche off-shore, sia per l’esaurimento della risorsa fossile (Anthony et al. 2000; Vuttipittayamongkol et al. 2021) che per l’obsolescenza delle installazioni per energia rinnovabile (Mackie & Velenturf 2021; Spielmann et al. 2021). Nel caso specifico delle piattaforme O&G, le principali esperienze di decommissioning circolare a livello mondiale riguardano il cosiddetto “rigs-to-reef”, ovvero l’affondamento totale o parziale delle piattaforme ormai sigillate dal punto di vista estrattivo al fine di creare dei rilievi sottomarini artificiali. Le esperienze condotte, in particolare negli Stati Uniti (vedasi la recente review di Bull e Love (2019)), hanno messo in evidenza come questi rilievi artificiali permettano la costituzione di un cosiddetto “punto caldo di biodiversità” (Mittermeier et al. 2004), dove la qualità dell’acqua è buona (maggiori cautele possono essere sollevate nel caso di piattaforme attive (Mangano & Sarà 2017)). Nelle acque italiane, questo è confermato dall’esperienza della piattaforma Paguro (Palma et al. 2021; Ponti et al. 2002), affondata a seguito di un incidente nel 1965 ed oggi diventata un hotspot riconosciuto, nonché una attrazione turistica a pieno titolo. Di conseguenza, la letteratura scientifica ha prestato sempre maggiore attenzione alla tematica del CECBE applicato alle installazioni offshore, esplorando anche soluzioni diverse dal rigs-to-reef, più adatte alle realtà specifiche dei fondali e dei territori nei quali le piattaforme sono inserite (Martins et al. 2020; Sommer et al. 2019).
Per quanto riguarda l’ambito specifico del riutilizzo a fini turistico-ricettivi, possiamo citare come esempio l’esperienza del Seaventure Dive Rig, in Malesia dove, dopo rimozione della parte superiore della piattaforma e suo spostamento in una area adatta, si trova uno dei più particolari resorts dedicato alle immersioni.
Peraltro, l’Italia è anche il luogo che ha visto nascere l’Isola delle Rose, piattaforma artificiale costruita ad hoc in Adriatico alla fine degli anni 60, e che ha contribuito alla notorietà del litorale riminese pur non aprendo mai al pubblico, finché le autorità non ne decisero la distruzione per motivi esulanti dalla sostenibilità economica dell’iniziativa.
LA SURVEY
Dato il contesto, il nostro obiettivo è stato di raccogliere e analizzare le opinioni e le impressioni (spesso indicato come “sentiment” dalla letteratura, cf. Wankhade et al.(2022)) degli operatori turistici al fine di verificare prospettive ed ostacoli al riutilizzo delle piattaforme per attività turistiche e ricettive, in particolare nell’Italia centro-meridionale. All’interno di un progetto di ricerca più vasto (PON PlaCE, www.bluegrowth-place.eu), e data la difficoltà di contattare direttamente gli operatori turistici a causa della situazione pandemica, si è proceduto ad una indagine online condotta sugli studenti di scienze del turismo, presso l’Università di Palermo e la relativa sede decentrata di Trapani. Da un lato, trattasi di un pubblico giovane e relativamente colto, il che corrisponde al profilo delle persone con una più elevata sensibilità ambientale ed alle tematiche del riutilizzo (per uno studio sugli studenti italiani vedasi Carducci et al. (2021)), malgrado una comprovata difficoltà a trasformare le attitudini in comportamenti concreti (Casaló & Escario 2018). Dall’altro, essi costituiscono la riserva di professionisti futuri del mondo del turismo. Di conseguenza, le loro percezioni attuali possono essere considerate una proxy rilevante delle percezioni degli attori economici a medio termine. Il questionario è stato proposto a circa 100 studenti, ottenendo un tasso di risposta del 27%.
ELEMENTI DESCRITTIVI
Percezioni generali
Il primo dato che emerge è una familiarità con le piattaforme più elevata di quanto atteso: circa 7 studenti su dieci hanno già visto una piattaforma estrattiva offshore (Tabella 1), essenzialmente sul web o su canali tematici. Tuttavia, sono rari coloro che ne hanno avuto una esperienza visiva diretta.
Il livello di attenzione e di approfondimento del campione appare limitato. In effetti, malgrado fonti estremamente diversificate di informazione, solo un terzo del campione si ritiene adeguatamente al corrente delle tematiche relative alle piattaforme offshore (Tabella 2).
L’ipotesi che sin da subito possiamo avanzare, è che tale relativa passività di fronte alla disponibilità dell’informazione (sono esposto al soggetto ma non approfondisco), costituisca un ostacolo solido alla costruzione dell’accettabilità sociale del riutilizzo delle piattaforme O&G. Peraltro, è interessante mettere in evidenza come, al contrario, il campione mostri interesse e attenzione per le tematiche attinenti alle condizioni ambientali relative all’ambito marino (Tabella 3).
Se, da un lato, questo è in linea con le attese tenuto conto della diffusa sensibilità generazionale a queste tematiche, dall’altro illustra in filigrana come il decommissioning circolare non sia ancora stato integrato come elemento rilevante dello sviluppo sostenibile.
Scendendo ad un livello di dettaglio più approfondito, si è scelto di verificare il livello di informazione quanto agli aspetti ambientali specificamente attinenti alla presenza delle piattaforme estrattive in mare.
Come ricordato in sezione 2, numerosi studi mostrano come la qualità ambientale del mare in prossimità delle piattaforme dismesse sia buona e come le parti immerse di queste facilitino lo sviluppo della biodiversità. Di questi aspetti, il campione non appare consapevole (Tabelle 4 e 5).
Percezioni specifiche alla valorizzazione turistica
Il secondo gruppo di domande si concentra sulle percezioni che riguardano la possibilità di riutilizzo delle piattaforme a fini turistici. Una prima domanda affronta la questione direttamente, mentre un secondo sottogruppo si concentra su alcune opzioni di attività potenzialmente sviluppabili. Benché non si possano escludere biases noti nelle indagini di questa natura (in particolare di tipo “yea saying bias” o “acquiescence bias” (Arndt & Crane 1975; Posten & Steinmetz 2022; Ray 1983), la risposta degli studenti appare possibilista (52%, Tabella 6).
Al fine di mitigare i bias sopra evocati, il campione aveva la possibilità di indicare una condizionalità. Ovviamente, esprimere tale condizionalità richiede uno sforzo cognitivo più elevato, ed il fatto che un quarto del campione si sia espresso in questa direzione ci sembra un segno positivo.
Coloro che hanno scelto questa risposta dovevano obbligatoriamente assegnare un punteggio da 1 a 5 all’importanza della condizione proposta. Queste erano in numero di cinque e non potevano essere espresse altre condizionalità. Poiché ci troviamo su scala qualitativa ordinata, il calcolo della media del punteggio non risulta appropriato. Di conseguenza, abbiamo scelto di calcolare un indice normalizzato in un intervallo da uno a dieci. Gli aspetti di sicurezza, qualità ambientale e di concrete ricadute lavorative appaiono come gli elementi più rilevanti di fronte a questo sotto-campione di “perplessi” (Tabella 7).
Quanto alle attività che si potrebbero sviluppare nelle aree in prossimità delle piattaforme, nessuna opzione riceve un sostegno senza equivoci. Questo sembra avvalorare l’idea che, per quanto le piattaforme possano costituire un potenziale percepito, la consapevolezza non è probabilmente ancora matura per fare emergere visioni e progetti concreti al di là di un ristretto numero di innovatori. Raggruppando coloro che portano una opinione positiva sull’interesse di realizzare alcune attività, il maggior supporto si ottiene per la creazione di servizi ricreativi, mentre la maggiore opposizione si constata per le attività legate alla pesca (Figura 3).
Mantenere o smantellare
Infine, a domanda diretta, l’opinione prevalente è che le piattaforme andrebbero semplicemente smantellate, e che i costi dello smantellamento dovrebbero essere sostenuti (in tutto o in parte) dall’azienda che ha beneficiato dello sfruttamento della risorsa naturale (Tabella 8). Questo corrobora l’idea di una accettabilità sociale del decommissioning circolare ancora da costruire.
L’ANALISI EMPIRICA
Gli elementi descrittivi suggeriscono come le carenze informative del campione abbiano effetti rilevanti sulle percezioni e l’accettabilità del decommissioning circolare. Tuttavia, da altre esperienze studiate in letteratura, è noto come la semplice esposizione all’informazione consenta raramente di modificare una percezione erronea. L’esistenza di bias di conferma nella selezione dell’informazione da parte del pubblico (Nickerson 1998; Tandoc Jr. 2019; Tversky & Kahneman 1974), così come l’apparire di forme di “consumer resistance” (Banikema & Roux 2014) sono spesso evocate come giustificazione per l’esigenza di approcci più ampi di marketing “sociale”, definito come “la progettazione, implementazione e controllo di programmi volti ad influenzare l’accettabilità” sociale di credenze, valori, atteggiamenti e comportamenti (Kotler 2013; Kotler & Levy 1969).
Pertanto, pur consapevoli dei limiti dell’esercizio su campioni così ristretti, si è deciso di verificare l’intuizione descrittiva tramite una, sia pur limitata, analisi inferenziale. La variabile dipendente analizzata è la percezione dell’esistenza di un potenziale di sviluppo turistico legato al decommissioning delle piattaforme, ricodificata su tre livelli: a tutti coloro che esprimono accordo con l’esistenza di tale potenziale è stato attribuito il valore 1; a coloro che hanno espresso delle condizionalità il valore 0,5; zero per gli altri. Le variabili indipendenti sono quelle richiamate da Tabella 2 a Tabella 5, ricodificate in modo binario. Il modello stimato è un probit frazionario su cui, data l’esiguità del campione, sono state poste in essere adeguate tecniche statistiche per la stabilizzazione delle stime. In tale modello, coefficienti positivi (negativi) relativi alle variabili indipendenti indicano un contributo positivo (negativo) alla probabilità che l’evento definito dalla variabile dipendente si verifichi.
Nel nostro caso (Tabella 9), constatiamo come le persone che ritengono buona la qualità ambientale del mare in prossimità delle piattaforme siano significativamente più propense a considerare il decommissioning circolare delle piattaforme come una reale opportunità di sviluppo turistico.
Al contrario, non si riscontrano legami statistici significativi tra la variabile dipendente e il livello di informazione auto-valutato, né con le percezioni in termini di biodiversità. Di conseguenza, questa prima analisi suggerisce che sviluppare l’accettabilità sociale del riutilizzo turistico delle piattaforme debba passare per una migliore consapevolezza delle condizioni del mare, una volta che la funzione estrattiva sia stata interrotta. Tuttavia, abbiamo già visto nella parte descrittiva che meno del 15% del campione possiede tale consapevolezza, malgrado la disponibilità dell’informazione, segno di una importante resistenza delle percezioni negative, almeno per il campione considerato.
CONCLUSIONI
L’analisi di tale base di dati originale, nei limiti della missione esplorativa dello studio, indica che esiste un potenziale di sviluppo di attività turistiche legate al decommissioning circolare delle piattaforme. Al tempo stesso, emergono resistenze radicate, in particolare legate alla percezione delle piattaforme stesse come elemento negativo per le condizioni del mare. Tale percezione contrasta con le evidenze scientifiche prodotte in ambito “rigs-to-reef”, mentre maggiori cautele possono essere sollevate nel caso di piattaforme attive. In altre parole l’informazione sui benefici delle piattaforme per l’ambiente marino esiste, ma essa non viene accolta dal pubblico. Inoltre, l’analisi inferenziale indica che tale percezione della qualità dell’ambiente marino è quella che maggiormente influisce sull’accettabilità del recupero a fini di sviluppo turistico. Pertanto, in ottica di policy, occorrerà andare oltre la semplice azione informativa, e implementare compiute policy di marketing sociale al fine di modificare la distorsione percettiva.
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