Il presente lavoro offre un focus sui modelli di trasferimento tecnologico come strumenti strategici per lo sviluppo dei territori. In particolare, viene esposta un’analisi comparativa tra il modello Italiano e quello della Bielorussia con l’obiettivo di mostrare la differenza tra ruoli e attività svolte dai principali attori coinvolti del processo innovativo, così da evidenziare la distanza tra i due paesi e le potenziali opportunità per incrementare le performance di innovazione e lo sviluppo locale. Scarica il PDF
1. Introduzione
Lo sviluppo dei sistemi innovativi si basava originariamente sul concetto di Tripla Elica e sul coinvolgimento del sistema della ricerca, di quello industriale e del governo pubblico. L’approccio, elaborato da Elias G. Carayannis e David F.J. Campbell (2012) era basato sulla sistematizzazione delle relazioni multilaterali tra i tre attori dell’economia della conoscenza (Università, Governo e Industria). L’evoluzione di tale modello, in America e in Europa, ha generato la Quadrupla Elica: un modello complesso ed organizzato di interazioni che coinvolge gli attori dell’economia della conoscenza, appartenenti ai settori della ricerca, dell’industria, delle istituzioni pubbliche e della società civile. Il modello di frontiera è quello della Quintupla Elica, che mira al potenziamento delle relazioni territoriali tramite una maggiore interazione tra le istituzioni pubbliche, le organizzazioni private, gli istituti di ricerca, le agenzie locali e i cittadini. In diversi paesi dell’America Latina e dell’ex Unione Sovietica domina invece il modello “statalista” in cui lo Stato costituisce la “sfera” dominante in quanto governa e regola i processi di innovazione. Il Global Innovation Index del 2021, ha tuttavia registrato evidenti segni di miglioramento nelle performance di Innovazione della Bielorussia (ex Unione Sovietica). Nello specifico, è passata dalla 46esima posizione alla 37esima nella sezione Knowledge and Technology Outputs e dalla 97esima posizione alla 93esima nella sezione Creative Outputs. In generale, la Bielorussia si classifica ora al 62° posto nel Global Innovation Index 2021, scalando di due posizioni rispetto al 2020 e di 10 posizioni rispetto al 2018. Tenendo conto di tali scenari, il lavoro propone una riflessione sui modelli di trasferimento tecnologico, mettendo a confronto i modelli basati sulla collaborazione tra i diversi stakeholders con i modelli Statalisti, che sono stato-centrici, tipici invece di alcuni paesi emergenti. Inoltre, cerca di identificare possibili percorsi di sviluppo, nel passaggio da modelli più tradizionali a modelli più evoluti.
L’articolo si struttura come segue: il primo paragrafo offre una breve disamina dei modelli di frontiera e del modello Stato-centrico. Il secondo paragrafo propone un confronto tra i sistemi basati sulla quintupla elica e i sistemi statalisti, con la descrizione dei risultati dell’analisi di benchmarking. Il paragrafo propone anche un focus sulle relazioni tra Italia e Bielorussia e sull’adesione da parte della Bielorussia alla EAEU. La discussione, le conclusioni e le principali implicazioni sono riportate nell’ultima sezione.
2. Modelli di trasferimento tecnologico: una analisi della letteratura
Il processo di trasferimento di “tecnologia”, da uno o più soggetti (detentore) verso più soggetti diversi (ricevente), può coinvolgere anche eventuali soggetti di interfaccia deputati a facilitare il processo e a renderlo più efficiente (Passarelli, 2016). Diversi sono gli attori coinvolti: il detentore della tecnologia, cioè chi la crea (donor) e la offre sul mercato, il suo destinatario (recipient), ovvero chi intende acquistarla, e gli eventuali soggetti di interfaccia (broker), il cui compito è quello di facilitare e rendere più efficiente il processo e fungere da canale di trasferimento (bridging actors). La nuova conoscenza scientifica e tecnologica viene continuamente prodotta in varie forme dai donor che appartengono a categorie eterogenee tra loro: operatori della ricerca, laboratori di ricerca pubblici e privati, aziende spin-off da ricerca (da brevetti o da competenza), laboratori di R&S delle grandi imprese. L’efficacia del trasferimento verso i recipient è influenzata dalle caratteristiche degli agenti che sono coinvolti in questo processo (Coccia & Cariola, 2002; Passarelli & Costabile, 2014) ed ha significative implicazioni sullo sviluppo dei territori. Infatti, grazie al trasferimento tecnologico, le realtà accademiche contribuiscono allo sviluppo economico delle imprese e diventano partner in grado di accrescerne la competitività con risvolti positivi sull’economia e la società. Il trasferimento tecnologico viene applicato in modo differente, a seconda che si tratti di un modello stato-centrico o di un modello collaborativo.
Nello specifico, il modello “statalista” pone lo Stato al centro del processo di innovazione; esso assume il ruolo di coordinamento di tutto il processo innovativo, gestisce e alloca le relative risorse economiche e rappresenta il principale beneficiario dei guadagni ottenuti tramite le strategie di exploitation. I diritti sulle innovazioni e sulle tecnologie prodotte in tutto o in parte, con delle risorse statali, vengono detenute dallo Stato, ente amministrativo, regione o dai centri di ricerca nazionali che richiedono lo sviluppo dell’innovazione, mentre all’inventore vengono riservati i diritti morali. Lo Stato che detiene i diritti sui risultati delle ricerche e può trasferirli o cederli gratuitamente a organi, organizzazioni e imprese nazionali, subordinate allo Stato, alle organizzazioni o a persone non governative che hanno utilizzato le proprie risorse per il progetto. Il prezzo può essere deciso dallo stesso ente che detiene i risultati, con l’unico limite di dover tener conto delle risorse investite nel progetto di ricerca per coprire i costi.
Il maggior numero di ricerche scientifiche viene finanziato dallo Stato, il quale delimita i campi di ricerca ai campi proposti dal programma statale o dagli enti statali. Questo comporta regole molto rigide, come ad esempio, la restituzione dei finanziamenti in caso di scarso successo dell’iniziativa. Inoltre, a causa di questi motivi molte imprese private rifiutano i programmi statali, ed i ricercatori che iniziano a lavorare per i progetti statali non hanno gli stimoli necessari per svolgere il proprio lavoro, in quanto essi vengono premiati, per lo sviluppo di una nuova tecnologia con un unico pagamento, una percentuale precisa dello stipendio (Мясникова, 2012).
Il trasferimento tecnologico in ambito internazionale, si ha quando un’impresa straniera decide di portare le proprie tecnologie nel Paese (Данильченко e Бертош, 2012) e di formare il personale del luogo per utilizzarle (Яковлева, 2010).
Nei contesti di open innovation (Chesbrough, 2003), tipici dei paesi più sviluppati, i modelli di co-sviluppo, basati sul concetto della quintupla elica, rappresentano i modelli di trasferimento tecnologico dominanti (Passarelli et al, 2018; 2020). La letteratura in tema di trasferimento tecnologico (Bradley et al., 2013) propone l’adozione di nuove modalità di interazione sia all’interno di una stessa organizzazione sia tra i sistemi della ricerca e delle imprese. Si tratta di modelli multidirezionali basati sulla collaborazione, co-creazione e co-sviluppo nell’ambito di un ecosistema. Si genera in tal modo uno stock di conoscenza condivisa che viene reinvestita e che serve, a sua volta, a generare nuova conoscenza in un modello di “rete della conoscenza”. Essi, infatti, favoriscono un ambiente innovativo basato sulla proattività della società civile e sul ruolo delle tre istituzioni principali. Grazie a tali modelli, si sviluppano varie collaborazioni tra le università e le imprese, che spesso sono realizzati in maniera informale e decentralizzata (Perkmann et al., 2011). Tali modelli richiedono il coinvolgimento di Uffici di Trasferimento Tecnologico o trovano habitat ideale in Agenzie Regionali/Nazionali per l’Innovazione, le quali possono meglio osservare il panorama generale sia della domanda sia dell’offerta di tecnologie in un territorio. Anche nei modelli multidirezionali, si ricorre al supporto di fondi pubblici per l’avvio delle attività, per i servizi erogati dagli intermediari dell’innovazione e per il finanziamento dei progetti di co-sviluppo e co-creazione. L’interazione tra i diversi attori dell’innovazione porta allo sviluppo di nuove reti di comunicazione, a nuove fonti di politiche innovative, a nuovi meccanismi di sviluppo dell’innovazione e alla nascita di Ecosistemi Innovativi che favoriscono lo sviluppo territoriale.
3. Un confronto tra Italia e Bielorussia
Il presente paragrafo propone un’analisi di benchmarking tra i due sistemi di innovazione, ponendo l’attenzione sul confronto tra i due modelli di trasferimento tecnologico: quello stato-centrico e quello basato sul co-sviluppo. La metodologia del benchmarking, definita come «la ricerca delle migliori prassi industriali che portano a prestazioni superiori e processi industriali ottimali» (Camp, 1989), ovvero come «un processo sistematico e continuo per comparare la propria efficienza in termini di produttività, qualità e prassi con quelle imprese e organizzazioni che rappresentano l’eccellenza» (Karlöf e Östblom, 1993) è applicata al seguente lavoro in modo da costruire un caso studio multiplo per analizzare l’implementazione del modello statalista e del modello collaborativo rispettivamente in Bielorussia e in Italia.
Nello specifico, si analizzano i ruoli e le attività svolte, dai vari attori coinvolti (lo Stato, le Università, le Imprese, gli Uffici di trasferimento tecnologico, il Governo e i Cittadini) nel processo innovativo di ciascun modello, per poi confrontare le due modalità di applicazione.
3.1 Il sistema dell’innovazione in Bielorussia
La Bielorussia è membro dell’Unione Economica Eurasiatica che unisce i mercati di cinque paesi (Armenia, Bielorussia, Kazakistan, Kirghizistan, Russia) con una popolazione di oltre 175 milioni e un PIL totale superiore a 1.500 miliardi di dollari. Complessivamente, le attività di R&S in Bielorussa sono svolte da 460 organizzazioni di cui 89 appartenenti al settore pubblico, 296 – al settore commerciale e 74 – all’istruzione superiore. La principale e più grande e organizzazione di ricerca e sviluppo è l’Accademia nazionale delle scienze della Bielorussia (1928), che riunisce sotto il suo ombrello oltre 100 istituti di ricerca, aziende e altre entità di status giuridico variabile. Nel settore dell’istruzione superiore, il ruolo di primo piano spetta all’Università statale bielorussa (1921), la più grande università classica, nonché alla National Technical University (1920), la più grande scuola tecnica superiore.
La struttura del sistema di ricerca e sviluppo bielorusso è fortemente dominata dalle scienze tecniche in cui è impegnato oltre il 60% del numero totale di ricercatori. Costituiscono la base per il settore della costruzione di macchine, il settore più grande e più sviluppato dell’industria nazionale e il principale investitore in R&S. Questa forte specializzazione è una risorsa da sfruttare, a condizione che generi rendimenti crescenti attraverso cluster, spillover e scambio di conoscenze. Numerosi sforzi sono stati intrapresi dal governo per promuovere altre discipline, oltre all’ICT, come ad esempio le scienze della vita e le biotecnologie, sempre più importanti su scala globale, ma finora poco rappresentate in Bielorussia.
Le infrastrutture di supporto all’innovazione stanno crescendo rapidamente: sono presenti 17 tecnoparchi, molti dei quali sono strutture universitarie, 9 centri di trasferimento tecnologico ed è stato istituito il Fondo per l’innovazione bielorusso (1998). Diversi incentivi speciali sono stati forniti all’High Tech Park (2005), che è specializzato in ICT, così come al parco industriale bielorusso-cinese “Great Stone” (2014). L’High Tech Park (HTP) con i suoi oltre 1000 residenti e più di 71 migliaia di dipendenti fornisce oltre il 30% dell’esportazione di servizi bielorussi e guida l’economia nazionale realizzando il 4% del PIL . Grazie all’HTP, la Bielorussia sta diventando un ecosistema attraente per le aziende che operano nel campo della tecnologia dell’informazione e dell’innovazione. L’elenco delle aziende residenti nell’area “HTP”, infatti è già ampio e non include al momento solo attività specializzate nello sviluppo di software, ma anche imprese dedite allo sviluppo e alla produzione di dispositivi ad alta tecnologia e di sistemi di controllo di veicoli aerei senza equipaggio, oppure all’erogazione di prodotti di formazione nel campo dell’IT. L’ingresso nel complesso è semplice e favorisce ulteriormente i residenti che sono totalmente esenti dalle tassazioni societarie. Anche il parco industriale Great Stone offre numerose opportunità di investimento per le imprese straniere. Infatti, negli ultimi anni si è assistito a una decisa crescita economica, con il PIL che è aumentato di quasi il 4% nel 2017 e nel 2018.
3.2 Il modello Stato-centrico in Bielorussia
I principali programmi per l’innovazione e il trasferimento tecnologico adottati fino a oggi in Bielorussia sono tre: il programma del 2007-2010 (Fonte: www.belisa.org.by), adottato con il decreto № 136 del Presidente della Repubblica Bielorussa, il cui obiettivo era la creazione di una economia innovativa e competitiva sui mercati esteri, lo sviluppo di un’economia nazionale stabile e l’aumento del tenore di vita della popolazione bielorussa. Nella creazione dell’infrastruttura innovativa rientravano la creazione dei parchi tecnologici, degli uffici di trasferimento tecnologico e di una rete informativa che permettesse di sviluppare tecnologie. Per la prima volta, nella giurisdizione nazionale fu enunciato il termine “trasferimento tecnologico” all’interno del “Regolamento sulla procedura per la creazione dei soggetti e infrastrutture innovative” (Бертош, 2012).
Il secondo programma, relativo agli anni 2011-2015, richiamava le linee guida del precedente, ma con una maggiore valorizzazione e attenzione al ruolo delle università ed in particolare ai laureati. Tuttavia, all’interno del documento si richiedeva solo di incrementare il numero dei laureati e del personale necessario nei campi della metallurgia, tecnologie informatiche e chimico.
Non venne confermato un cambio di rotta con il terzo programma, del 2016-2020, il quale conteneva gli stessi obiettivi, senza passi avanti nel processo innovativo del paese e nello sviluppo dell’infrastruttura innovativa. Nel modello applicato in Bielorussia, si attribuisce grande importanza allo sviluppo delle infrastrutture innovative in cui avviene la produzione delle tecnologie, ma lo Stato non ha solo il ruolo di coordinatore tra i diversi attori del processo, ma assume il ruolo centrale in tutto il sistema innovativo. Infatti, anche dopo la dissoluzione dell’Unione Sovietica, lo Stato ha continuato a mantenere gran parte della produzione dei beni e servizi e a controllare l’operato delle università. Infatti, se ad esempio le università vogliono costituire una start-up/spin-off, devono prima rivolgersi al comitato nazionale delle scienze e tecnologie per l’approvazione, innescando in tal modo, lunghe procedure burocratiche (Яковлева, 2010; Вильтовский et al., 2010; Мясникова, 2012; Васюченок, 2016).
Il ruolo principale delle Università in Bielorussia è la didattica frontale e le attività di ricerca di base vertono su tematiche proposte dai programmi innovativi diretti dallo Stato. Alle università viene assegnato un ruolo marginale nel trasferimento tecnologico, esternalizzando le attività a specialisti esterni con la possibilità di cedere in locazione i propri laboratori a soggetti terzi. Se l’istituzione universitaria intende cooperare con un’impresa non statale, deve rivolgersi al comitato statale delle scienze e tecnologie e chiedere l’autorizzazione. Se il soggetto che vuole partecipare a un progetto comune è straniero, la relazione si sviluppa attraverso il Ministero degli esteri.
Le università sono dotate di uffici di trasferimento tecnologico, tuttavia, tali strutture sono spesso percepite dai ricercatori come ulteriori “carrozzoni” burocratici, che non forniscono alcun valore aggiunto alle attività. Inoltre, lo Stato, attraverso i programmi innovativi, decide quali tecnologie sviluppare nei vari settori, ottenendone automaticamente la titolarità a fronte del finanziamento ricevuto. Le imprese non hanno l’accesso alle tecnologie statali che risultano estremamente costose e pertanto acquisiscono tecnologie già sviluppate all’estero, motivando l’azione con l’assenza di mercato interno delle tecnologie.
La società e i cittadini non assumono ancora un ruolo rilevante nel processo di trasferimento tecnologico. La Figura 1 rappresenta in sintesi il modello di trasferimento tecnologico che si sta applicando in Bielorussia. Si può osservare che il settore privato mantiene una relazione distaccata dall’elica principale e che appare troppo debole e piccolo per diventare un partner alla pari del settore statale.
3.3 Il sistema dell’innovazione in Italia
In Italia sono presenti 96 Atenei (di cui 11 sono telematiche) distribuiti in tutte le regioni. Operano oltre 20 istituti di ricerca pubblici e la loro attività riguarda tanti campi, dalla statistica alla medicina, dalla storia alla letteratura, dalla psicologia alla fisica. Oltre a quelli pubblici, operano anche istituti di ricerca privati, i quali hanno un fine no profit o sono aziende private e la loro attività si basa su diversi ambiti, dalla ricerca di base a quella applicata. La loro crescita è un fenomeno relativamente recente: negli ultimi anni sono sorte numerose organizzazioni non a scopo di lucro o imprese che investono sulla ricerca per convertirne i risultati in prodotti e servizi. In Italia sono presenti anche Parchi scientifici e tecnologici, agenzie di sviluppo territoriale, incubatori di imprese. I parchi scientifici e le loro società di gestione sono uno strumento di crescita economica e territoriale e lavorano per avviare percorsi di sviluppo, di accelerazione e per cercare di dare un posizionamento sul mercato a imprese, PMI innovative e start-up. Contribuiscono anche all’accelerazione dei processi di trasferimento tecnologico sul mercato, ottimizzando tempi e risorse, favorendo la crescita e l’attrattività anche per imprese straniere.
I Parchi sono infatti inseriti all’interno della catena del valore, a metà strada tra ricerca scientifica ed esigenze del mercato, presidiando una fase delicata nel passaggio che porta alla trasformazione dal risultato della ricerca al prodotto finale o al processo industriale. Gli incubatori certificati in Italia sono una delle opportunità offerte alle start-up per avere un supporto di esperti nell’avvio dell’attività, partendo dallo sviluppo dell’idea innovativa fino ad arrivare alla definizione di quale sarà il modello di business da applicare, come scrivere un business plan efficace, inoltre un incubatore è anche un luogo fisico dove poter incontrare finanziatori e partner commerciali. I requisiti per ottenere lo status di incubatore certificato sono stati fissati dal Decreto Crescita 2.0 nel 2012 insieme ai requisiti per le start-up innovative, ma il Decreto del 22 dicembre 2016 del Ministero dello Sviluppo economico ha introdotto alcune modifiche. In Italia gli incubatori certificati sono 35, con una alta concentrazione in Lombardia che ne ospita 10, mentre non sono presenti incubatori certificati in Sicilia, Calabria, Basilicata, Puglia, Molise, Abruzzo, Umbria e Valle d’Aosta.
3.4 Il modello del co-sviluppo in Italia
In Italia, il modello dominante è quello basato sulla Quintupla Elica dove i vari attori del processo innovativo, cooperano. L’Unione Europea (UE), già nella programmazione 2014-2020, ha implementato un nuovo approccio all’innovazione e del trasferimento tecnologico, basato sulla strategia di specializzazione intelligente (di seguito S3). La S3 promuove l’attivazione di strategie d’innovazione – flessibili e dinamiche, funzionali ad un approccio multistakeholder e place-based dello sviluppo locale. Le caratteristiche principali di questo approccio sono le seguenti: l’individuazione e la valorizzazione degli asset competitivi dei territori; la definizione di un numero limitato di priorità su cui intervenire (principio di concentrazione); la co-partecipazione dell’innovazione, con il coinvolgimento degli stakeholders presenti nel territorio; l’apprendimento continuo basato sui processi di valutazione ex- ante e ex-post della strategia.
A livello applicativo, la Commissione Europea, nella guida per l’elaborazione delle Research and Innovation Strategies for Smart Specialisations, fa esplicito riferimento al modello d’innovazione della “quadrupla e quintupla elica”, che si basano sull’apertura, alla società civile, nei processi di innovazione (Lew et al., 2018; Vallance et al., 2020; Passarelli et al., 2019).
Nel sistema Italiano, il governo pubblico ha un ruolo paritario rispetto agli altri attori del sistema innovativo, regolamentando le relazioni tra i vari attori del processo innovativo e offrendo supporto finanziario per lo sviluppo di tecnologie e innovazioni (ad esempio tramite i finanziamenti pubblici).
Le università assumono un ruolo primario in quanto rappresentano il principale centro di produzione della ricerca sotto forma di tre principali missioni: l’attività didattica, la ricerca e il trasferimento tecnologico. Il trasferimento tecnologico o terza missione viene codificato negli statuti universitari e nei regolamenti, in modo da dotarle di uffici di trasferimento tecnologico e di incubatori per la creazione degli spin-off e start-up.
Le imprese cooperano con delle università sin dalle prime fasi del processo innovativo (proof of concept) per la realizzazione di brevetti, prototipi o prodotti già pronti per il mercato finale. Gli Uffici di trasferimento tecnologico sono attivi nelle attività di protezione della proprietà industriale e nelle strategie di exploitation (cessioni, licenze, spin off) e cercano di migliorare la cooperazione tra imprese e università.
Seguendo gli indirizzi dell’Unione Europea, infatti, l’Italia sta sviluppando un modello innovativo dove il ruolo dei cittadini assume rilevanza. Lo sviluppo di centri di proof of concept e dei “Living Lab”, rappresentano un esempio concreto di applicazione di tali modelli, in cui l’innovazione viene svolta negli ambienti aperti, approfittando di situazioni comuni nella vita reale e i cittadini, le imprese e le università collaborano attivamente per creare e sviluppare nuovi servizi/prodotti.
Tabella 1: Tabella di benchmarking
ITALIA | BIELORUSSIA | ||
Fattori | Ruolo e attività | Ruolo e attività | |
Attori | |||
Stato | Ruolo paritario rispetto agli altri attori del sistema innovativo. Regolamenta le relazioni tra i vari attori del processo innovativo e offre supporto finanziario per lo sviluppo di tecnologie e innovazione (ad esempio tramite i finanziamenti pubblici) | Ruolo dominante sugli altri attori. Produce le leggi che regolano le relazioni tra i vari attori e le istituzioni coinvolti nel processo innovativo. Svolge un forte controllo su tutto il processo innovativo. Questo controllo si estende alle università e ai centri di ricerca, alle infrastrutture innovative e alla gran parte della produzione. | |
Università | Ruolo centrale nel sistema innovativo come il principale produttore delle conoscenze. Svolge tre missioni: didattica, ricerca e trasferimento tecnologico. | Ha un ruolo marginale nel sistema innovativo. Svolge prevalentemente attività di didattica e ricerca di base ma nei settori tecnologici definiti dallo Stato. | |
Imprese | Cooperano con le università nella produzione delle nuove tecnologie. Trasformano le tecnologie in prodotti e lavorano in stretta collaborazione con le università, sin dalle prime fasi del processo innovativo. | Le imprese statali sono attive e collaborano con lo stato per lo sviluppo di nuove tecnologie, le imprese private difficilmente riescono ad accedere a tecnologie di frontiera. | |
UTT (Uffici di Trasferimento Tecnologico) | Sono attivi nelle attività di protezione della proprietà industriale e nelle strategie di exploitation (cessioni, licenze, spin off) e cercano di migliorare la cooperazione tra imprese e università. | Sono spesso percepiti dai ricercatori come un’ulteriore struttura burocratica, che non fornisce alcun valore aggiunto | |
Cittadini | Partecipano attivamente al processo innovativo e alla produzione delle conoscenze (ad esempio nei Living Lab). Svolgono un ruolo propositivo e in alcuni casi di testing nei processi di innovazione | I cittadini non hanno alcun ruolo nel processo innovativo. |
4. Performance di innovazione in Italia e in Bielorussia: Input e output
Con riferimento ai dati riportati dal Global Innovation Index 2021, che cattura le prestazioni dell’ecosistema dell’innovazione di 132 economie e registra le tendenze globali dell’innovazione, emerge che l’Europa è ancora la seconda regione più innovativa al mondo. Ospita un gran numero di economie innovative: 16 economie europee sono leader dell’innovazione (ovvero tra le prime 25). Circa 10 paesi salgono la classifica quest’anno: Francia (11°), Islanda (17°), Austria (18°), Estonia (21°), Ungheria (34°), Bulgaria (35°), Slovacchia (37°), Lituania (39°), la Federazione Russa (45°) e anche la Bielorussia (62°). L’Innovation Index nel 2021, per la Bielorussia assume un valore di 32.86 (valore minino è stato assunto nel 2018 a 29.4), mentre l’Italia presenta un valore di 45.60, a fronte di una media europea di 47.26.
In Bielorussia, in numero di Numero di personale addetto alla R&S ammonta a circa 27.735 unità. Il numero di ricercatori è di circa 17.863, e il numero di organizzazioni che implementano R&S è di 460. La quota di imprese innovative sul totale delle imprese industriali è del 25,5%.
In Italia in numero di Personale Addetto Alla R&S ammonta a circa 355.853,9 unità, di cui: 39.972,5 nelle Istituzioni pubbliche, 7.049,6 nelle Istituzioni private non profit, 225.055,7 nelle imprese e 83.776,1 nelle Università. Il grafico che segue, riporta i dati a livello regionale:
Con riferimento alle spese di R&S (Grafico 2, dati fino al 2018), si evidenzia una forte disparità tra l’Italia e la Bielorussia, anche con riferimento alle singole regioni italiane (Grafico 3).
L’ultimo rapporto ISTAT (settembre 2021) evidenzia che in Italia si conferma l’ampio divario tra il Nord e il resto del Paese. La spesa in R&S resta fortemente concentrata sul territorio, oltre il 60% è al Nord. I tre quarti della spesa totale (circa 20 miliardi di euro) sono effettuati da sei regioni: Lombardia (20,2%), Lazio (14,2%), Emilia-Romagna (12,9%), Piemonte (11,9%), Veneto (8,7%) e Toscana (7,5%) mentre l’intero Mezzogiorno (Sud e Isole) contribuisce con una quota pari al 14,5%. A eccezione di Valle d’Aosta, Molise e Provincia di Bolzano, tutte le regioni registrano un aumento rispetto al 2018, in particolare, Abruzzo (+15,0%), Liguria (+10,4%), Lazio (+8,1%) e Toscana (+7,1%). Sopra l’aumento medio nazionale si collocano anche alcune regioni del Mezzogiorno, quali la Sardegna (+5,9%), la Calabria (+5,6%) e la Puglia (+4,6%). Tra le regioni a maggiore concentrazione di spesa solo Lazio, Toscana e Piemonte mostrano una crescita sostenuta. Abruzzo e Liguria sono in netto recupero mentre il Mezzogiorno (a eccezione del Molise) cresce timidamente. Invariata l’incidenza della spesa nelle Marche e in Valle d’Aosta. Provincia di Bolzano e Molise, infine, registrano una caduta sostanziale.
Un altro indicatore da valutare, nell’ambito delle performance di Innovazione riguarda i brevetti. Nel corso del 2020 si è registrato in Italia, un significativo incremento delle domande di brevetto nazionale depositate presso l’UIBM che conferma il trend in crescita già rilevato negli anni precedenti. Per la prima volta le domande di brevetto per invenzione industriale toccano e superano di poco la cifra di 11.000 domande (+ 878 rispetto al totale del 2019), mentre i brevetti richiesti per modello di utilità nel 2020 sono stati 2.396 con un incremento di 480 domande depositate. In crescita anche il numero dei brevetti concessi dalla competente Divisione del Ministero che testimonia anche un aumento della produttività del personale impiegato nel rilascio dei relativi provvedimenti amministrativi, nonostante l’anno 2020 sia stato purtroppo caratterizzato dalla crisi pandemica e quindi dalla necessità di lavorare prevalentemente in modalità di smart working. Il numero dei brevetti concessi per invenzione industriale è cresciuto nel 2020 del 6,3% rispetto al precedente anno (9.161 rispetto a 8.614), mentre il numero dei brevetti concessi per modello di utilità ha registrato addirittura un balzo del 30,3% (2.090 rispetto ai 1.603 concessi nel 2019). Dal confronto tra Italia e Bielorussia, emerge, un’enorme disparità (dati 2020): 11008 domande di brevetto presso l’Ufficio Italiano Brevetti e Marchi a fronte di 394 domande di brevetto verso l’autorità brevettuale della Bielorussia.
Il Governo di Minsk, negli ultimi anni ha lanciato una serie di importanti riforme per il potenziamento del sistema innovativo e per incentivare la proprietà intellettuale. Ad esempio, il 19 aprile 2021, il governo della Bielorussia ha depositato il suo strumento di adesione all’Atto di Ginevra dell’Accordo dell’Aia del 1999, presso il direttore generale del WIPO. La Bielorussia è diventata la 66° parte contraente dell’Atto del 1999 e il 75° membro dell’Unione dell’Aia. L’adesione porta il numero totale di paesi coperti dal sistema dell’Aia a 92.
5. Cooperazione Italia-Bielorussia: Quali prospettive?
La Bielorussia, grazie alla posizione geografica strategica, è un trampolino di lancio per le imprese nel mercato euroasiatico e punta ad attrarre sempre più capitali internazionali attraverso il potenziamento di alcune zone economiche speciali che offrono incentivi e vantaggi fiscali alle aziende. L’Italia è percepita a Minsk come un partner affidabile e il made in Italy è considerato sinonimo di qualità e creatività. Alta tecnologia, impianti, macchinari, agroalimentare, arredamento e abbigliamento rappresentano i settori di punta per le esportazioni italiane nel Paese. La Bielorussia si colloca attualmente tra i Paesi più interessanti dell’Europa Orientale sia in termini di posizione geografica, al centro dell’Europa, che di rapporti commerciali: è ritenuta infatti un trampolino di lancio per la penetrazione nel mercato euroasiatico.
L’Italia è il nono partner commerciale al mondo per la Bielorussia e il sesto tra i Paesi dell’Unione Europea. L’interscambio commerciale tra i due Paesi è in costante aumento e si è attestato a 700 milioni di euro nel 2018, con una positiva dinamica dell’export italiano, che ha registrato un tasso di espansione del 6%. In Bielorussia, l’Italia è percepita come un partner affidabile e gode di un’immagine positiva nella regione euroasiatica; il made in Italy, infatti, è sinonimo di qualità, creatività ed eleganza. I settori di punta per le esportazioni italiane in Bielorussia riguarderanno l’alta tecnologia, gli impianti, i macchinari, l’agroalimentare, l’arredamento e l’abbigliamento. Il tessuto imprenditoriale italiano presente sul territorio bielorusso è in prevalenza costituito da PMI, e negli ultimi anni il numero di imprese è raddoppiato, superando quota 200.
In aggiunta, l’Italia e la Bielorussia cooperano anche a livello umanitario, grazie ai programmi di riabilitazione sanitaria dei bambini di Chernobyl. Interessanti sono anche le potenzialità del settore turistico, con l’Italia fra le mete più ambite per il turismo bielorusso in uscita.
Il sistema di supporto all’imprenditoria italiana in Bielorussia si è negli ultimi anni progressivamente strutturato grazie al particolare dinamismo della comunità imprenditoriale residente. Nel 2006 è stata fondata l’Associazione Cooperazione e Sviluppo Italia-Belarus espressione della necessità di creare una struttura di raccordo commerciale tra Italia e Bielorussia. Tra i tanti impegni e iniziative vi è sicuramente quello di favorire l’internazionalizzazione delle imprese. A partire dal 2016 la Camera di Commercio Italia Bielorussia offre il primo incubatore di imprese italiane a Minsk. A novembre 2017 è stata costituita Confindustria Belarus, associazione senza scopo di lucro nata per aggregare, in un’ottica di sistema, le imprese italiane e le principali associazioni di categoria da tempo attive nel Paese, come la Camera di Commercio Italiana per la Bielorussia, che ne è socio fondatore onorario. La Camera offre i necessari servizi operativi e di assistenza alle imprese in loco tramite il suo Centro di Promozione per l’Economia Italiana in Bielorussia ora collegato a Confindustria. È presente inoltre a Minsk un Desk innovazione dell’ICE che lavora in sinergia con il servizio economico-commerciale dell’Ambasciata d’Italia a Minsk . Nel 2019 viene costituito il Centro per la Promozione e la Informazione della Economia Italiana. braccio operativo della Confindustria BLR e della Camera di Commercio Italia Bielorussia in Belarus (https://www.cciby.com/servizi).
I rapporti tra le due nazioni si stanno intensificando e la Bielorussia guarda all’Italia come un partner strategico in termini di innovazione e trasferimento tecnologico.
6. La partecipazione della Bielorussia all’Unione Economica Euroasiatica (EAEU)
Un altro elemento di particolare importanza riguarda la relazione della Bielorussia con l’Unione Economica Euroasiatica (EAEU), un’organizzazione internazionale di integrazione economica regionale dotata di una propria personalità giuridica (successore della Comunità economica eurasiatica) ed istituita con la firma del trattato sull’Unione economica eurasiatica il 29 maggio 2014 dai leader di Bielorussia, Kazakistan e Russia. Il trattato è entrato in vigore il 1° gennaio 2015. Il giorno successivo, il 2 gennaio 2015, l’Armenia è entrata ufficialmente a far parte dell’UEE. Il Kirghizistan è diventato membro a pieno titolo a metà maggio. Si tratta di un potenziale bacino di circa 180 milioni di consumatori e del terzo mercato mondiale con un PIL di 4.500 miliardi di dollari, destinato a porsi come nuovo polo di sviluppo economico per i Paesi europei nella commercializzazione di prodotti e nella realizzazione di progetti di investimento. I membri della EAEU avranno così l’opportunità di godere dei vantaggi di prezzi bassi per molte merci, nonché di ridurre i costi associati al trasporto di merci; sviluppare dinamicamente i mercati aumentando la concorrenza; aumentare la produttività del lavoro; aumentare il volume dell’economia a causa dell’aumento della domanda di manufatti; assicurare l’occupazione dei cittadini.
La ripresa economica EAEU nei primi mesi 2021, primeggiata dall’aumento del 9% della produzione manifatturiera bielorussa, seguita da quella kazaki al 7,5% e infine da quella russa all’1%. Nell’ultimo anno, la più grande crescita della produzione industriale tra i Paesi dell’Unione Economica Eurasiatica, nel periodo gennaio-agosto 2021, rispetto allo stesso periodo del 2020, è stata osservata in Bielorussia. Un aumento della produzione industriale nel periodo gennaio-agosto 2021 è stato osservato in Bielorussia dell’8,6%, in Russia del 4,5%, in Kazakistan del 2,4% e in Armenia dell’1%. La previsione per il 2021-22 è di una crescita del Pil complessivo del 3-3,3%, che arriverà al 13% entro il 2030, attestandosi su una media annua di oltre 4,5%.
Diverse sono le prospettive di sviluppo dell’EAEU. Ad aprile 2021, il Consiglio della Commissione economica eurasiatica ha adottato un piano per l’attuazione della Strategia 2025, che prevede lo sviluppo di un sistema unificato di transito delle merci all’interno dell’Unione, l’introduzione dei principi della “green economy” negli Stati dell’Unione, la creazione di un portale unico di informazione per la sfera dell’istruzione dell’Unione e e progetti di cooperazione in ambito sanitario.
7. Conclusioni e implicazioni
Il lavoro ha proposto una riflessione sui modelli di trasferimento tecnologico, mettendo a confronto i modelli di frontiera con i modelli Statalisti, tipici invece di alcuni paesi emergenti.
In queste breve analisi sono state messe a confronto due realtà diametralmente opposte: da un lato l’Italia, con un modello a quintupla elica, basato sulla centralità di tutti gli attori del processo innovativo dall’altro la Bielorussia che pone al centro di tutte le fasi del processo innovativo lo Stato. Quest’ultimo si basa su un modello di trasferimento tecnologico ancora molto ancorato a procedure amministrative, che, a causa del ruolo molto presente dello Stato, vincolano il processo di produzione innovativa alla domanda governativa anche in riferimento alla ricerca di base, limitando in tal modo la creatività dei produttori delle conoscenze. Si tratta di un sistema che produce pochissimi brevetti e in cui lo Stato si presenta più come uno “Stato monopolista delle innovazioni” (Belitski et al., 2019). Nel contesto di tale economia post-socialista, in un sistema che prima era altamente centralizzato e in cui non era necessario attuare meccanismi di gestione e di commercializzazione dell’Intellectual Property (IP), gli Uffici di Trasferimento Tecnologico (UTT) sono ancora notevolmente svantaggiati a causa dell’elevata burocrazia accademica, della mancanza di incentivi economici per lo staff a commercializzare le invenzioni, della complessità delle negoziazioni e delle clausole contrattuali dell’IP, della carenza di finanziamenti e dell’assenza di libertà nella gestione della proprietà industriale. Gli UTT sono spesso percepiti dai ricercatori come un’ulteriore struttura burocratica, che non fornisce un valore aggiunto.
Tuttavia, l’analisi delle politiche pubbliche sull’innovazione ed il trasferimento tecnologico evidenziano che qualcosa sta cambiando e c’è un forte potenziale innovativo che pian piano sta emergendo e si sta strutturando. Il passaggio da un sistema Stato-centrico ad uno basato sul co-sviluppo deve rivedere necessariamente ruoli e attività di tutti gli attori dell’ecosistema. I ricercatori devono avere un ruolo attivo nei processi di creazione e di invenzione, insieme alle imprese e a tutti gli attori dell’innovazione. Bisogna puntare sull’implementazione di progetti in partenariato tra il pubblico e i privati, nei settori della logistica e dei trasporti, cosi come nelle biotecnologie e nella prospettiva della sostenibilità. In Bielorussia processo di evoluzione del tradizionale modello di trasferimento tecnologico è già in atto, con evidenti segnali di sviluppo sull’economia nazione. Stanno sorgendo diverse infrastrutture di trasferimento tecnologico e sono in atto evidenti processi di “contaminazione” tra attori eterogenei e complementari. Dunque, il co-sviluppo in Bielorussia non è poi così tanto lontano!
E in Italia? Il Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) al momento sembra essere per l’Italia la panacea per tutti i mali; tuttavia, senza una strategia di attuazione dei modelli di trasferimento tecnologico si rischia di rimanere immobili, continuando a costruire ancora cattedrali nel deserto, dando poco valore alle competenze e alle soft skills.
E se si provasse semplicemente a valorizzare tutto il patrimonio di conoscenze presenti sul territorio? E se si puntasse sulla formazione e sulla competenza? E se si provasse a cooperare tra sistemi regionali? Forse cosi gli Ecosistemi locali Italiani potrebbero diventare veramente Innovativi e assumere un ruolo di “anchor system” per i paesi in via di sviluppo.
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