Tra le funzioni fondamentali di cui sono titolari i comuni italiani vi è la progettazione e gestione del sistema locale dei servizi sociali, nonché l’erogazione delle relative prestazioni ai residenti[1]. Di fatto i comuni sono le istituzioni più prossime ai cittadini ed è per questo che la funzione sociale è affidata a loro, per raggiungere la vita quotidiana delle persone attraverso un’erogazione dei servizi sociali il più possibile vicina alla popolazione.
Le aree di utenza di tali servizi sono le famiglie, i minori, persone con disabilità, individui con dipendenze o con problemi di salute mentale, gli anziani, gli immigrati e gli adulti che vivono in condizioni di povertà e disagio, privi di una dimora (Istat, 2021.a).
La tipologia dei servizi sociali offerta è volta ad eliminare o mitigare la condizione di disagio, attraverso misure di sostegno economico e di supporto nei vari ambiti della vita dell’individuo, ma anche prevenire il disagio, cercando di intervenire prima che un individuo si trovi in una situazione di difficoltà. È il ruolo, ad esempio, degli sportelli di ascolto o di mediazione sociale e delle azioni di sensibilizzazione.
Il presente articolo intende evidenziare le differenze territoriali della spesa sociale dei comuni, in particolare tra Nord e Mezzogiorno. Tali gap, anche alla luce delle lezioni apprese dalla pandemia da Covid-19, sottolineano l’esigenza di un welfare che sia sempre più di prossimità, in grado cioè di cucire una risposta su misura rispetto ai bisogni di ogni comunità e con la capacità di collaborare con i diversi livelli istituzionali (Federsanità, 2021).
La riduzione del divario di cittadinanza in termini di accesso ai servizi sociali è anche una priorità trasversale del PNRR che cita esplicitamente tra le riforme da realizzare «la definizione del livello essenziale delle prestazioni per alcuni dei principali servizi alla persona» (Presidenza del Consiglio dei Ministri, 2021), al fine di garantire una omogenea fruibilità dei servizi sociali sull’intero territorio nazionale. Scarica il pdf
Il trend della spesa dei comuni per i servizi sociali
Secondo gli ultimi dati Istat disponibili, nel 2019 la spesa dei comuni per i servizi sociali raggiunge i 7,52 miliardi di euro, pari allo 0,42% del PIL, proseguendo un trend di crescita iniziato nel 2016 (Figura 1). Rispetto al 2013, quando la spesa complessiva era pari a 6,86 miliardi di euro, il dato ha subito una variazione positiva pari al 9,6%.
La spesa dei comuni per i servizi sociali tra tutte le spese correnti è la terza in ordine di grandezza (14%) dopo quelle per il funzionamento della macchina amministrativa e quelle per il territorio e l’ambiente.
Nell’ultimo anno la spesa dei comuni per i servizi sociali per abitante è pari a 126 euro (era di 114 euro pro capite nel 2013) con differenze molto ampie a livello di ripartizione geografica (Figura 2): nel Mezzogiorno è pari a 80 euro, poco meno della metà del dato registrato al Nord (154 euro).
I divari a livello territoriali appaiono strutturali, con un Nord sempre al di sopra del resto del Paese, un Centro che insegue ed un Mezzogiorno perennemente in affanno, con valori sempre inferiori agli 80 euro pro capite, ad eccezione proprio dell’ultimo anno.
In particolare, scendendo a livello regionale, si riscontrano dati davvero eterogenei: dai 24 euro pro capite della Calabria ai 399 euro per abitante del Trentino-Alto Adige (Figura 3).
Tutte le regioni del Mezzogiorno si trovano a fondo classifica con dati medi pari o inferiori agli 80 euro pro capite di spesa dei comuni per servizi sociali, l’unica eccezione è rappresentata dalla Sardegna che, con 256 euro di uscite per cittadino, è terza a livello nazionale.
Nel 2019 il 39% della spesa dei comuni per i servizi sociali è utilizzata per interventi e servizi, il 34% viene assorbita dalle strutture, mentre la restante parte (27%) è costituita dai trasferimenti in denaro (Figura 4).
Tale composizione percentuale è piuttosto stabile negli anni, nonostante le tre voci di spesa siano tutte tendenzialmente in crescita (Figura 5): le uniche lievi diminuzioni si rilevano infatti per i trasferimenti in denaro, nel passaggio dal 2014 al 2015 (da 1,85 miliardi di euro a 1,83), per le strutture dal 2013 al 2014 (da 2,45 miliardi a 2,39) e dal 2018 al 2019 (da 2,61 a 2,55 miliardi) ed infine per gli interventi e servizi dal 2014 al 2015 (da 2,68 miliardi a 2,65).
Nel periodo analizzato, ossia il 2013-2019, le spese dei comuni per i servizi sociali hanno un andamento differente anche in base all’area di utenza alla quale sono indirizzati.
Come prima anticipato, a livello complessivo la variazione percentuale della spesa è pari al 9,6%, ma varia da un minimo del -27,7% nel caso delle dipendenze da alcol e droga, fino ad un massimo di circa il +65% per immigrati, Rom, Sinti e Caminanti (Tabella 1). Si rileva un preoccupante decremento della spesa per anziani pari al -5,5% nel periodo di tempo esaminato, un dato in controtendenza con il progressivo invecchiamento della popolazione in Italia.
Le variazioni percentuali relative alle dipendenze e agli immigrati sono di grande entità ma di fatto si riferiscono ad aree di utenza che non rappresentano i principali target di intervento delle spese dei comuni. Nel 2019, infatti, le risorse sono destinate prevalentemente ai minori e alle famiglie con figli (38%), alle persone con disabilità (28%) e agli anziani (17%), ossia ai residenti che abbiano compiuto almeno 65 anni di età (Figura 6).
Questa evidenza appare poco differenziata a livello territoriale (Tabella 2): in particolare il Nord registra percentuali quasi sovrapponibili alla media nazionale, il Centro si discosta maggiormente rispetto alla media italiana nell’area famiglie/minori (41,5% della spesa contro il 38%) e il Mezzogiorno registra nell’area disabili la percentuale più alta rispetto alle altre ripartizioni geografiche (32,8% contro circa il 26% del Nord e del Centro).
La Figura 7 sulla spesa dei comuni per i servizi sociali in termini pro capite, per area di utenza e ripartizione geografica, mostra situazioni diverse lungo la Penisola: per famiglie e minori, ad esempio, il Nord e il Centro si attestano in media a poco meno di 60 euro di spesa per abitante, contro i 29 euro registrati nel Mezzogiorno. Differenze importanti, anche se leggermente più smussate, si rilevano per l’area disabili: al Nord la spesa è di 41 euro, al Centro di 36 euro e al Sud e nelle Isole di 26 euro pro capite. La spesa per gli anziani raggiunge nel 2019 i 28 euro per residente al Nord, 23 euro al Centro e 11 euro nel Mezzogiorno.
Tali differenze, tuttavia, sono niente rispetto a quelle che si possono evidenziare attraverso un’analisi regionale (Figura 8). Spicca su tutti l’impegno della Valle d’Aosta sul fronte anziani (156 euro pro capite), il Trentino-Alto Adige con 148 euro per gli anziani, 127 euro per famiglie e minori e 84 euro per i disabili. Di rilievo anche il dato della Sardegna e del Friuli-Venezia Giulia per i disabili (125 e 85 euro per abitante rispettivamente).
Infine, incrociando i dati delle tipologie di spesa (interventi/strutture/trasferimenti in denaro) per area di utenza emerge come (Figura 9) oltre la metà della spesa per famiglie e minori e immigrati è dedicata alle strutture (53% e 51% rispettivamente); situazione diversa per disabili, dipendenze, anziani e adulti con disagi economici e/o senza dimora per i quali circa la metà delle risorse è destinata a interventi e servizi.
Conclusioni
La spesa per il welfare locale è in continua crescita e si indirizza prevalentemente a favore di minori e famiglie con figli. Nonostante gli incrementi di risorse, risultano strutturali i divari territoriali della spesa sociale comunale, con il Mezzogiorno che spende a livello pro capite quasi la metà degli importi del Nord. Una simile situazione si traduce in un diverso godimento dei diritti di cittadinanza, per cui probabilmente non basterà una Missione del PNRR dedicata all’inclusione e alla coesione, né le risorse dei Fondi Strutturali e di Investimento Europei 2021-2027 espressamente dedicate al “sociale”. Infine, appare preoccupante la riduzione delle spese per anziani, un dato che sembra non accompagnare l’evoluzione demografica del Paese e le sue nuove necessità (Istat, 2021.b).
Bibliografia
- Federsanità (2021), “Sanità e territorio-I servizi socio-sanitari dei comuni italiani”.
- Ifel (2021), “La finanza comunale in sintesi-Rapporto 2021”.
- Istat (2021.a), “La spesa dei comuni per i servizi sociali-2018”.
- Istat (2021.b), “Previsioni della popolazione residente e delle famiglie”.
- Marinuzzi G., Tortorella W., “La spesa dei comuni per i servizi sociali: dinamiche, aree di utenza ed enti gestori”, in “Comuni d’Italia” 12/2021, Maggioli Editore, pp. 31-41.
- Presidenza del Consiglio dei Ministri (2021), “Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza dell’Italia”.
[1] Art.14, comma 27 del D.L. n.78/2010 e successive modifiche ed integrazioni.
(*) Le opinioni espresse hanno carattere personale e non impegnano in alcun modo la responsabilità dell’Istituto di appartenenza.