….è come se la meridiana della Matrice segnasse un’ora del 13 luglio 1789,
domani passerà sulla meridiana l’ombra della Rivoluzione francese,
poi Napoleone il Risorgimento la rivoluzione russa la Resistenza,
chissà quando la meridiana segnerà l’ora di oggi,
quella che è per tanti altri uomini nel mondo l’ora giusta.
(Leonardo Sciascia, Le Parrocchie di Regalpetra”, Bari, Laterza, 1956)
Nel corso del mese di giugno la Banca d’Italia presenta ogni anno delle analisi sull’andamento dell’economia nelle diverse regioni italiane. Da queste analisi emergono fra le regioni del Nord e quelle del Sud dell’Italia differenze strutturali di una intensità che non sembra avere corrispondenze in nessun altro paese del mondo. Le principali di queste differenze possono essere illustrate, per esempio, confrontando le analisi dedicate dalla Banca d’Italia alla Calabria e all’Emilia Romagna, i cui risultati sono stati pubblicati il 13 giugno 2017.
Come premessa a questo confronto è utile riportare il giudizio espresso dall’OECD nel rapporto 2017 sulla dinamica dell’occupazione nei paese aderenti. Lo studio dell’OECD ha individuato il principale elemento di debolezza dell’economia italiana nel basso tasso di occupazione, che ha registrato in Italia nel 2016 un valore fra i più bassi del mondo: il 57,2% in Italia, a fronte di un valore quasi dieci punti più elevato (67.0%) per la media dei paesi dell’OECD. Fra i 45 paesi considerati nel rapporto dell’OECD, soltanto 3 paesi (Grecia, India e Sud Africa) registrano tassi di occupazione delle persone in età da lavoro più bassi dell’Italia.
Il tasso di occupazione é un indicatore estremamente importante della performance di un paese dal punto di vista sia economico sia politico-sociale. Dal punto di vista politico-sociale il lavoro é importantissimo perché rappresenta per gran parte delle persone un’esigenza di vita, fondamentale per la realizzazione personale.[1] Dal punto di vista economico, un elevato tasso di occupazione è importante perché il lavoro é la fonte principale del benessere di un paese, e le imposte sui redditi da lavoro rappresentano la fonte di finanziamento più rilevante della spesa pubblica[2].
Nel sottolineare la pessima performance dell’Italia dal punto di vista del tasso di occupazione, spesso si trascura il fatto che la performance media dell’Italia é la risultante di performances estremamente diverse fra le regioni del Nord e quelle del Sud dell’Italia. Per esempio, l’analisi della Banca d’Italia sull’Economia dell’Emilia Romagna nel 2016 (pagina 65) evidenzia che nel quarto trimestre 2016 in Emilia Romagna, per ogni 100 persone in età da lavoro (fra 15 e 64 anni) ne erano occupate 69,2. Confrontando questo valore con quelli pubblicati nell’ultimo rapporto dell’OECD sull’occupazione, esso risulta superiore di quello medio dei paesi OCSE nel 2016 (67,0), e in particolare, significativamente più elevato di quello del Belgio (62,2) e della Francia (64,6), e sostanzialmente uguale a quello degli Stati Uniti (69,4). Ben diversa é la situazione della Calabria: dall’analisi della Banca d’Italia sull’economia della Calabria nel 2016 (pagina 52) risulta che nel quarto trimestre 2016, per ogni 100 persone in età da lavoro ne erano occupate in Calabria soltanto 40,4, un numero pari a soltanto il 58% di quello dell’Emilia Romagna! Dal punto di vista dinamico, le stime della Banca d’Italia evidenziano fra il quarto trimestre del 2015 e il quarto trimestre del 2016 un aumento significativo del tasso di occupazione in Emilia Romagna dal 67,3 al 69,2 per cento, ma addirittura una leggera diminuzione per la Calabria, dal 40,5 al 40,4 per cento.
La causa fondamentale della forte anomalia della Calabria dal punto di vista occupazionale emerge dall’analisi delle stime del valore aggiunto settoriale riportate dalla Banca d’Italia a pagina 53 per l’Emilia Romagna e a pagina 43 per la Calabria. Da queste stime risulta un rapporto fra valore aggiunto prodotto in Emilia Romagna e valore aggiunto prodotto in Calabria pari a 3,5 per le costruzioni, 3,7 per i servizi, ma addirittura 29,4 per l’industria manifatturiera! Se si considera che dal punto di vista della popolazione il rapporto fra Emilia Romagna e Calabria é 2,25, questi valori indicano una differenza significativa fra Emilia Romagna e Calabria anche in settori a mercato prevalentemente locale come le costruzioni e i servizi, ma una differenza addirittura stratosferica nelle produzioni senza vincoli territoriali di localizzazione come le attività manifatturiere. D’altronde, la debole performance produttiva della Calabria anche nelle costruzioni e nei servizi deriva in misura significativa soprattutto dalla forte debolezza nelle attività manifatturiere, poiché il reddito prodotto in queste attività é una determinante importante della domanda, e quindi della produzione, di beni a mercato prevalentemente locale.
[1] “The penalties of unemployment not only include issues of income loss, but also far-reaching effects on self-confidence, work motivation, basic competence, social integration and the appreciation and use of individual freedom.” (A. Sen, “The Penalties of Unemployment”, Banca d’Italia, Servizio studi, Temi di discussione, 1997, n. 307, pagina 26).
[2] Dal punto di vista della finanza pubblica, la forte debolezza occupazionale, e quindi produttiva, delle regioni del Sud dell’Italia si riflette in forti disavanzi primari delle amministrazioni pubbliche. Secondo le stime della Banca d’Italia (Economia della Regioni Italiane, dicembre 2016, pagina 82) nel 2014 il Mezzogiorno ha registrato un disavanzo pubblico primario pari al 15,5% del PIL del Mezzogiorno, mentre il Centro-Nord ha registrato un avanzo primario pari al 7,6% del PIL del Centro-Nord. Ciò, fra l’altro, ha contribuito a ridurre in misura significativa la differenza fra Sud e Nord dell’Italia dal punto di vista del tasso di occupazione. In effetti, l’unico settore produttivo in cui il tasso di occupazione è sostanzialmente uguale fra regioni del Sud e del Nord dell’Italia é quello dei servizi pubblici.