Sulla base di quasi diecimila dati sui salari, si analizzano i divari regionali nel periodo 1862-78. Le retribuzioni medie nel Mezzogiorno erano analoghe a quelle del Centro-Nord, mentre nel Sud peninsulare più basse. Le differenze nei prezzi, compensavano quelle nei salari. Tra Nord e Sud non c’erano differenze nel potere d’acquisto.
Quant’era ampio il divario economico tra Nord e Sud alla data dell’Unità d’Italia? Per rispondere a questa domanda sono stati considerati numerosi indicatori sociali ed economici; stranamente, però, sono stati trascurati i salari che, invece, rappresentano un’importante e attendibile misura del tenore di vita.
In una recente ricerca abbiamo raccolto dati sui salari nel settore edile negli anni 1862-78. I nostri dati, tratti da fonti dell’epoca, riguardano tutte le categorie di lavoratori edili delle 69 province italiane per un totale di 9.700 salari. Sebbene all’epoca i lavoratori edili costituissero il quattro per cento della forza lavoro, le loro retribuzioni possono essere considerate rappresentative di quelle degli altri lavoratori di ciascuna regione. Le categorie dei lavoratori non qualificati nell’edilizia, quali quelle dei manovali e terraioli, avevano un salario uguale a quello dei braccianti in agricoltura e, quindi, i dati da noi analizzati possono essere considerati assai più significativi.
Tra il 1862 e il 1878, il salario medio del settore edile (ottenuto considerando tutte le categorie di occupati) del Centro-Nord era analogo a quello Mezzogiorno. La differenza, pari ad appena quattro punti percentuali nell’intero periodo, si annullava in alcuni anni (Figura 1). Nelle sei regioni del Sud peninsulare il salario era più basso del 14 per cento rispetto a quello del Centro-Nord. Questa differenza era in larga parte dovuta alle minori retribuzioni dei lavoratori meno qualificati, in particolare delle donne e dei ragazzi che lavoravano come terraioli o come aiutanti.
I salari presentavano variazioni regionali e provinciali significative. In Liguria, per esempio, il salario medio era nettamente maggiore di quello delle altre regioni del Nord. Un muratore ligure guadagnava, in un’ora di lavoro, il 25 per cento in più di uno lombardo. Nelle Marche, la retribuzione media era, invece, inferiore a quella delle regioni del Sud. In Calabria, un muratore era pagato il 5 per cento in meno della media nazionale, mentre un manovale il 20 per cento in meno. Particolarmente elevate le retribuzioni nelle due Isole. In Sicilia il salario di un muratore era del 13 per cento più alto della media italiana. Ancora più alto in Sardegna.
Finora abbiamo guardato alle differenze nelle retribuzioni. Ma il tenore di vita degli individui è dato dal potere d’acquisto dei salari che, ovviamente, dipende dai prezzi dei beni.
Per calcolare il potere d’acquisto (il “salario reale”) abbiamo considerato i prezzi di un paniere di spesa composto da cinque beni: pane, mais, carne, olio e vino. Un paniere composto da cinque beni alimentari oggi non sarebbe rappresentativo delle abitudini di consumo degli individui. Ma lo era in passato, quando circa i tre quarti della spesa familiare erano destinati all’alimentazione. Secondo i nostri calcoli, i prezzi medi nelle regioni meridionali erano inferiori di circa il 15 per cento rispetto al Centro-Nord. Una stima coerente con quelle che riguardano periodi successivi. Negli anni tra le due guerre mondiali, i prezzi nel Mezzogiorno risultavano, infatti, di un 15 per cento più bassi di quelli del Centro-Nord.
Nel periodo 1862-78, con il suo salario giornaliero un lavoratore edile italiano poteva acquistare 2,9 panieri di beni. Nel Mezzogiorno, dove i prezzi erano più bassi, si potevano acquistare 3,2 panieri. Come mostra la Tabella 1, i salari reali nel Sud peninsulare erano analoghi a quelli del Centro-Nord, mentre nel Mezzogiorno erano maggiori di circa il 15 per cento, grazie alle più elevate retribuzioni in Sardegna e Sicilia.
Le differenze nei salari reali corrispondono a quelle nel reddito per abitante? Non necessariamente. In Sardegna e in molte province della Sicilia, i salari nominali e reali erano maggiori di quelli medi lombardi. Ciò non significa, però, che le prime due regioni fossero più sviluppate della Lombardia. In un’epoca come quella considerata, in cui non esistevano contratti collettivi nazionali, i salari erano influenzati dalle condizioni locali del mercato del lavoro. Una maggiore disponibilità di lavoratori si associava a salari più bassi. All’epoca, la partecipazione femminile al mercato del lavoro era una delle principali cause delle differenze nei tassi di attività regionali. In Sardegna e in Sicilia, per esempio, la quota di donne occupate era inferiore che in altre regioni e ciò spingeva verso l’alto i salari medi. L’offerta di lavoro nel suo complesso risultava inferiore a quella di altre regioni. Il contrario accadeva in quelle regioni in cui l’occupazione femminile era più elevata. Nel complesso, però, i salari reali non mostravano differenze tra Nord e Sud.
Per approfondimenti
Daniele, P. Malanima, Regional Wages and the North-South Disparity After the Unification, Rivista di Storia Economica, 2, 2017, pp. 117-158, cui si rimanda per approfondimenti.