Autonomia fiscale vs Autonomia intellettuale. Il Contratto di programma sottoscritto dalla Lega e dal Movimento 5 stelle impegna il Governo ad attuare i pre-accordi sull’autonomia fiscale di Emilia Romagna, Veneto e Lombardia. Ancora si sa poco su come saranno implementati i pre-accordi ma il presupposto è che da un lato abbiamo una parte del Paese (il Centro-Nord) che, in virtù della sua maggiore capacità contributiva, versa più di quello che riceve in termini di servizi e dall’altro un’altra parte (il Mezzogiorno) che riceve più servizi rispetto alle tasse effettivamente versate. Ammettiamo pure che l’ingiustizia sia vera e non solo presunta (e ci sono fondati motivi per ritenere che non lo sia)[2], la “contabilità del dare e dell’avere” tra territori riguarda solo i flussi di finanza pubblica? No, vanno considerate almeno altre tre questioni che generano flussi di risorse in direzione opposta (dal Mezzogiorno al Centro-Nord): i) il Mezzogiorno è ancora un importante mercato di sbocco della manifattura settentrionale; ii) il risparmio raccolto al Sud (da gruppi bancari i cui headquarters sono localizzati quasi esclusivamente al Centro-Nord) finanzia prevalentemente investimenti produttivi al Nord; iii) la migrazione dei lavoratori ha assunto dimensioni drammatiche, soprattutto perché interessa sempre maggiormente laureati e studenti universitari. Con riferimento alla questione migratoria, questo breve saggio vuole fornire ulteriore evidenza su alcuni aspetti relativi ai costi della migrazione intellettuale (cosiddetta fuga dei cervelli) ed il relativo processo di desertificazione di capitale umano che, silenziosamente, è in atto nel Mezzogiorno d’Italia a partire dai primi anni 2000.
Un modo diverso di misurare la migrazione intellettuale. La Figura 1 che segue schematizza la struttura dei flussi migratori intellettuali in Italia in base al momento della scelta di spostarsi e alla “qualità” del migrante (Vecchione, 2017). Possiamo dividere i flussi migratori intellettuali in Ante lauream e Post lauream. I primi sono a loro volta divisi tra i flussi relativi agli studenti immatricolati in un corso di laurea triennale o a ciclo unico e i flussi degli studenti iscritti al primo anno di un corso di laurea magistrale. Dai dati MIUR dell’Anagrafe studenti per l’anno accademico 2016-2017, risulta un flusso Ante lauream di 43.172 studenti meridionali verso gli Atenei settentrionali (25.198 Triennale e CU + 17.254 Magistrali). I flussi Post lauream riguardano i laureati, i pendolari a medio e lungo raggio, e i dottori di ricerca. I primi, secondo i dati ISTAT 2015, ammonterebbero a circa 23.000 persone e sono quelli che hanno spostato la propria residenza anagrafica da una regione meridionale ad una settentrionale; i pendolari a medio e lungo raggio laureati, secondo una stima SVIMEZ, ammonterebbero per il 2016 a circa 38.000 persone; infine ci sono i dottori di ricerca che secondo dati ISTAT[3] ammonterebbero a circa 500 persone all’anno. Il flusso Post lauream ammonterebbe a circa 61.000 persone. Complessivamente dunque il flusso migratorio da Sud a Nord sarebbe di circa 104.000 persone, nel solo 2016. Questo dato è particolarmente significativo se confrontato con il numero di studenti che gli atenei del Sud hanno laureato (Triennale, CU e Magistrale) nello stesso anno: circa 90.000 persone[4]. Tenendo presente che il confronto tra variabili di flusso e variabili di stock è da considerarsi con cautela, non si può evitare di sottolineare la dimensione drammatica del fenomeno, con conseguenze che nel prossimo futuro sono destinate a riverberarsi pesantemente sui processi di sviluppo economico del Mezzogiorno.
I Costi della Migrazione intellettuale
E riguardo ai costi? Quanto costa la migrazione intellettuale per il Mezzogiorno? La Tabella 1 che segue riporta uno schema che sintetizza i diversi canali dai quali è possibile derivare i potenziali costi o benefici per la regione di origine del migrante. Discorso simmetrico può essere fatto per la regione di destinazione.
Alcuni recenti studi hanno condotto delle stime dei costi per alcuni dei canali sopra elencati. Ad esempio, per quanto riguarda il canale 1, Nifo, Scalera e Vecchione (2018) hanno riscontrato come i flussi migratori intellettuali impattano negativamente sui processi di accumulazione di capitale umano nel periodo 2000-2015. Contrariamente a quanto riportato nella letteratura internazionale sulla migrazione intellettuale, nel caso del Mezzogiorno ai crescenti tassi migratori sembrano corrispondere minori tassi di investimento in capitale umano. Per il canale 2, SVIMEZ (2018) ha stimato in circa 3 miliardi l’anno la perdita derivante dai mancati consumi privati e pubblici conseguenti alla migrazione intellettuale. In merito al canale 5, Vecchione (2017) ha stimato in circa 2 miliardi l’anno la perdita secca in termini di spesa pubblica regionale investita in istruzione e non recuperata a causa della migrazione. Stando a queste stime che catturano, a parere di chi scrive, solo piccola parte del costo complessivo, la migrazione intellettuale costerebbe al Mezzogiorno circa 5 miliardi all’anno.
Parola chiave: attrarre, non trattenere. Anche se ci troviamo di fronte ad un fenomeno strutturale e forse per certi versi irreversibile, non possiamo non pensare a possibili rimedi per invertire il processo in atto. È necessario prevedere a tale scopo un lavoro coordinato tra i diversi attori coinvolti nelle policy. Innanzitutto le Università meridionali, hanno il primario dovere di creare programmi formativi attrattivi, internazionali e ben spendibili sul mercato del lavoro nazionale e internazionale, offrire adeguati servizi agli studenti per innalzare la qualità complessiva dell’esperienza formativa: residenze universitarie, uffici placement, relazioni internazionali, alumni. Poi le Regioni meridionali: ad esse è richiesto un sostegno continuativo a tutti i programmi di qualità che le Università sapranno implementare, sia attraverso finanziamenti diretti per le strutture, sia offrendo borse di studio agli studenti (locali, nazionali ed internazionali) che vorranno cogliere le opportunità offerte dagli Atenei. Per quanto riguarda MIUR e governo, di fronte ad un problema che ha assunto dimensioni abnormi e può gravemente compromettere il futuro del Mezzogiorno, è importante una piena ed effettiva presa di coscienza delle problematiche in gioco. Andrebbe valutata la possibilità di introdurre misure speciali per quelle aree del Paese che presentano flussi migratori qualificati particolarmente negativi (ce ne sono anche al Centro-Nord), con l’obiettivo di controbilanciare quei flussi con azioni in grado di attrarre studenti, ricercatori e imprese ad alta tecnologia, in grado di assorbire neolaureati. In concreto, si potrebbe opportunamente istituire un fondo ad hoc (supplementare rispetto al Fondo di Finanziamento Ordinario dell’Università) per incrementare l’attrattività degli atenei meridionali e l’occupabilità nel Mezzogiorno dei laureati. E’ in gioco il futuro del Mezzogiorno e dell’intero Paese.
*Questo contributo è un estratto della relazione presentata lunedì 25 giugno presso la biblioteca del Senato della Repubblica per la presentazione del numero monografico della Rivista Economica del Mezzogiorno della SVIMEZ sul tema “L’Università nel Mezzogiorno”.
Bibliografia
Gaeta, G. L. (2015). Was it worth it? An empirical analysis of over-education among PhD recipients in Italy. International Journal of Social Economics, 42(3), 222-238.
Giannola, A., Petraglia, C. e Scalera, D., (2017). Residui fiscali, bilancio pubblico e politiche regionali. Economia Pubblica, 2, 33-57.
Nifo, A., Scalera, D. e Vecchione, G. (2018). Interregional skilled migration and investment in tertiary education. The Italian case, in pubblicazione.
SVIMEZ, (2018). Una valutazione degli effetti economici di breve periodo dell’emigrazione universitaria dal Sud al Centro-Nord. Nota di ricerca del 25 giugno 2018.
Vecchione, G. (2017). Migrazioni intellettuali ed effetti economici sul Mezzogiorno d’Italia. Rivista Economia del Mezzogiorno, SVIMEZ 3-2017, Il Mulino, Bologna.
[2] Per un approfondimento sui residui fiscali e gli altri aspetti si rimanda a Giannola, Petraglia e Scalera (2017) e al recente contributo di Petraglia apparso su Etica ed Economia: https://www.eticaeconomia.it/residui-fiscali-regionali-istruzioni-per-luso/
[3] I dati sono relativi all’indagine ISTAT sull’inserimento professionale dei dottori di ricerca condotta nell’anno 2014 sui dottori di ricerca del 2008 e del 2010. La stima è condotta considerando i dottori di ricerca che hanno conseguito il titolo in un Ateneo del Mezzogiorno ma che hanno dichiarato di vivere in una regione del Centro-Nord a distanza di 4-6 anni dal conseguimento del titolo. Si rimanda a Gaeta (2015) per un approfondimento, eventuali errori nella stima sono da attribuire unicamente a chi scrive.
[4] Sono nello stesso anno circa 120.000 i laureati meridionali con la residenza anagrafica in una regione meridionale.