Il presente contributo espone i principali risultati emersi da una ricerca finalizzata alla predisposizione di strategie e azioni finalizzate alla valorizzazione sostenibile di borghi rurali di elevato valore storico, culturale e ambientale. Il focus della ricerca è il territorio calabrese del Reventino-Savuto. Le conoscenze acquisite hanno consentito di individuare specifiche azioni prioritarie da attivare nell’ambito di una strategia di sviluppo locale fondata sulla cooperazione tra attori pubblici e privati e un’efficace comunicazione rivolta sia all’esterno che all’interno del territorio. Scarica il PDF
1. Introduzione
L’Italia, come altri Paesi del Mediterraneo, è connotata da un’elevata storicità, frutto di una densa stratificazione formatasi nel corso dei secoli. Complessità e varietà ne caratterizzano il territorio, riflettendosi nei paesaggi che lo compongono, ogni volta diversi nell’intreccio tra natura e storia. Nonostante i processi di espansione insediativa che hanno coinvolto le periferie urbane e gli assi di comunicazione, tale intreccio si è preservato in molti territori rurali, presenti lungo la penisola, che hanno conservato la propria identità intesa come “coscienza dei luoghi” (Becattini, 2015).
Anche in Calabria i processi di urbanizzazione più recenti hanno interessato le maggiori città in pianura e in collina e gli insediamenti lungo il mare, mentre il resto del territorio, prevalentemente montuoso, è caratterizzato da reti di borghi, le cui condizioni di conservazione dipendono dal grado di sviluppo del contesto socioeconomico in cui si collocano: quelli posti nelle aree più marginali, talora in condizioni di abbandono, hanno maggiormente conservato i loro caratteri identitari.
Questo scritto delinea il collegamento tra ruralità e sviluppo locale sulla base dei risultati emersi da una ricerca su una costellazione di borghi presenti nell’area del Reventino-Savuto, un caso di particolare interesse tra i territori rurali della penisola calabra.
2. La metodologia della ricerca
La tematica dei territori rurali è l’oggetto di una ricerca multidisciplinare, nata nel 2009 nell’Università Iuav di Venezia, dal titolo “Architetture e paesaggi rurali” (Grandinetti, 2011), che ha sviluppato una riflessione sulla ruralità e sulle strategie per valorizzarla, attraverso esperienze in territori specifici: prima in Veneto e in Friuli, poi dal 2016 in Calabria.
La ricerca ha promosso la conoscenza, la conservazione e la valorizzazione del patrimonio rurale di interesse storico[1] assumendo l’architettura nella sua dimensione interscalare, dalla scala architettonica nella sua materialità costruttiva alla scala del luogo nel paesaggio fino alla scala insediativa. A tal fine, essa ha sviluppato una progettazione di tipo integrato, immettendo l’architettura in una visione di contesto e assumendo i beni culturali come una risorsa per lo sviluppo locale.
Nelle esperienze condotte si è aperto così un nuovo fronte di sperimentazione, che ha messo in rapporto le politiche agricole, turistiche, sociali, culturali e della comunicazione con le opportunità economiche di investimento di un territorio, per giungere alla messa a punto di una strategia di cooperazione per lo sviluppo locale, partecipato e sostenibile. Questa strategia è finalizzata alla conservazione del patrimonio rurale e al suo inserimento in un ciclo virtuoso di fruizione da parte della comunità locale e dei suoi ospiti, partendo da ciò che già offre il territorio: in sostanza l’utilizzazione degli strumenti dell’architettura in funzione di un “percorso di marketing territoriale”.[2]
3. Il caso di studio: il territorio del Reventino-Savuto
Tra i territori rurali della penisola calabra, un caso di particolare interesse è l’area del Reventino-Savuto: un anfiteatro naturale che si affaccia sul mar Tirreno, costituito dall’intorno del fiume Savuto e dalle pendici del monte Reventino. Questo territorio, se analizzato secondo i tradizionali indicatori di sviluppo socioeconomico, risulta sensibilmente più arretrato rispetto alle aree di sviluppo urbano. A riprova, molti dei borghi presenti si trovano in condizioni di semiabbandono. Questa arretratezza, tuttavia, è la condizione che ha consentito il persistere di alcuni valori tradizionali, come il senso di appartenenza, la solidarietà, una ricchezza e varietà di beni ambientali, culturali e agroalimentari.
Nel Reventino-Savuto, coinvolgendo una decina di Comuni, sono stati analizzati i borghi più significativi presenti nell’area e il loro contesto, per proporne il recupero (Figura 1). Dalla ricerca è emersa la presenza di una costellazione di borghi, ciascuno “unico” nel rapporto tra i caratteri distintivi del borgo come architettura collettiva e testimonianza storica di cultura materiale, il paesaggio in gran parte conservato che lo circonda, le produzioni agricole e i prodotti alimentari che lo caratterizzano, la vitalità della comunità che lo anima. Tra i borghi analizzati solo alcuni hanno conosciuto uno sviluppo di tipo prevalentemente turistico, come Amantea e Martirano. Ma la maggior parte di essi è semiabbandonata, anche se vi permane una piccola comunità di residenti, a presidio del borgo stesso.
Tra questi, un caso emblematico del rapporto tra natura e storia è quello di Cleto, posto su un rilievo roccioso plasmato in funzione dell’insediamento, intagliando i percorsi, incastrando nella roccia gli edifici, edificando le murature con il pietrame da essa ricavato (Figura 2). Il Comune di Cleto ha una popolazione residente di 1.218 abitanti (2020), in lenta diminuzione, ma – nonostante un saldo naturale negativo e quindi un progressivo invecchiamento – ancora mediamente giovane. È caratterizzato da un’economia rurale, incentrata su alcune produzioni agroalimentari: l’olio, il vino, il miele, gli ortaggi, i formaggi. Sono circa 200 le aziende agricole, in larga prevalenza di piccola dimensione e a conduzione familiare. Sono presenti alcune attività commerciali al minuto e imprese artigiane, ma nessuna struttura turistico-ricettiva fatta eccezione di un bed & breakfast.
L’attività prevalente, la coltivazione dell’ulivo e la produzione dell’olio, è parte integrante della storia del borgo, come dimostra la presenza di numerosi antichi frantoi, tuttora conservati, e di cisterne per la raccolta dell’olio scavate nella roccia. E il paesaggio è la condizione di esistenza dell’identità del borgo, che appare come una sorta di rocca immersa tra gli ulivi.
4. Una strategia per la rinascita dei borghi
Attraverso la ricerca è stato possibile costruire un metodo di lavoro, basato sulla conoscenza del borgo per coglierne l’identità: un campo di sperimentazione innovativo, in quanto gli studi finora prodotti hanno fatto riferimento quasi esclusivamente ai centri storici urbani. Ma il risultato più importante del progetto condotto nell’area del Reventino-Savuto, ottenuto anche attraverso l’interazione tra il gruppo di ricerca e gli attori locali [3], consiste nell’aver messo a punto una strategia di sviluppo locale, per la rigenerazione dei borghi semiabbandonati, come attrattori turistico-culturali e come centri ricettivi, a fini turistici ma anche abitativi, in quanto la ricostituzione di una comunità di residenti nel borgo, connessa alle opportunità lavorative che si creeranno con il suo recupero, nasce – oltre che dalla sua vocazione originaria – dalla necessità di evitare le distorsioni che provocherebbe un’utilizzazione turistica esclusiva e inappropriata rispetto alla riproduzione della risorsa primaria: l’identità comunitaria.
Tra le azioni prioritarie da attivare, quelle più rilevanti da segnalare sono: il coinvolgimento di attività imprenditoriali disponibili a insediarsi nel borgo (a Cleto, ad esempio, la produzione e commercializzazione dell’olio d’oliva); la costruzione progressiva di un circuito di fruizione turistica integrata del borgo e del suo intorno, che coinvolga i luoghi e le architetture più significative, e le attività di interesse; l’individuazione di linee-guida per il restauro e riuso delle unità edilizie storiche, con il recupero dei modi tradizionali d’intervento e l’utilizzazione di maestranze locali.
Questa strategia di sviluppo locale è stata immaginata è stata immaginata come un “percorso di marketing territoriale”, con l’obiettivo di sviluppare – prima ancora della comunicazione esterna – quella interna, tra gli attori della strategia, coinvolgendo anche quelli privati (aziende agricole, agriturismi, associazioni locali, ecc.), per individuare soluzioni condivise, in risposta alle problematiche che via via si incontrano lungo il percorso. Dal confronto con le amministrazioni comunali è emersa inoltre la necessità di costruire una strategia di cooperazione, estesa all’intero territorio del Reventino-Savuto, che – esaltando la specificità di ciascun borgo – prefiguri una rete a valenza turistica di borghi visitabili e ne valorizzi tipicità e vocazioni. Ciò al fine di promuovere lo sviluppo di un turismo rurale slow: un turismo sostenibile, esperienziale, attento ai valori paesaggistici, storico-culturali e gastronomici.
Un altro risultato raggiunto è che il lavoro conoscitivo e progettuale che si sta producendo può costituire un’esperienza che contribuisce a rendere realistico l’imperativo di far uscire la Calabria dalla logica dell’assistenzialismo improduttivo, secondo la quale nulla si può fare senza ingenti investimenti pubblici, che non necessariamente vengono realizzati e – quando lo sono – spesso generano scarsi effetti positivi sulle società ed economie locali. Si tratta di andare invece nella direzione della consapevolezza delle proprie risorse e del loro impiego in un’ottica di sviluppo appropriato e sostenibile, fondamentale in regioni ove lo sviluppo ha seguito modelli importati, conseguendo risultati fallimentari. La rinascita dei borghi in Calabria può costituire quindi un’opportunità, per la Regione e per le comunità che li abitano, in grado di coniugare cultura, produzione agricola, turismo e qualità della vita.
Nonostante le potenzialità evidenziate dalla ricerca, ciò che è emerso dal lavoro finora svolto è la difficoltà, da parte delle amministrazioni comunali, di sviluppare una più fattiva collaborazione mettendosi in rete. A ciò si aggiunge una cronica incapacità delle politiche regionali di utilizzare gli ingenti investimenti disponibili (Aiello e Foglia, 2018). È per questi motivi che, nell’ambito della ricerca, si è avanzata la proposta[4] di attivare subito una rete a valenza turistica, senza finanziamenti pubblici, partendo dalle eccellenze già disponibili (siti di interesse naturalistico e storico, strutture museali, attività agroalimentari, ricettive e di ristoro di qualità). Ciò che emerge infatti è che i paesi del Reventino-Savuto hanno reagito con grande coraggio alla pandemia, innanzitutto riorganizzando e migliorando le proprie attività e al contempo rafforzando il senso di comunità. In breve, hanno dimostrato una maggiore resilienza rispetto alle comunità urbane. C’è un fiorire di iniziative in questo territorio rurale, a cui corrisponde una grande vivacità, produttiva, sociale e culturale: una voglia di rinascita che fa ben sperare.
5. Una nuova idea di ruralità
I territori rurali in Calabria sono diversi tra loro per storia, grado di sviluppo, composizione sociale, assetto insediativo, paesaggio. Li accomuna però la persistenza di un insieme di valori identificabili come “ruralità”: il forte senso di appartenenza delle comunità di paese; la consapevolezza che la sopravvivenza della propria identità dipenda dalla riproducibilità delle risorse naturali, che ne caratterizzano il territorio; un intenso rapporto con le tradizioni (riti religiosi, relazioni sociali, feste locali, pratiche artigianali), vissuto anche dai giovani non come un retaggio del passato, bensì come una risorsa per il presente e per il futuro.
La ruralità, quindi, non è solo un valore antico, ma può costituire una straordinaria risorsa per il futuro: come carattere identitario per le persone ma anche per attività imprenditoriali esistenti e di nuova formazione (Müller, Korsgaard, 2018); come fattore di attrazione, di sviluppo e innovazione; come condizione di base per una nuova idea di sostenibilità locale. La sfida su cui si misurano queste comunità è quella di ripartire dalla ruralità, operando per la valorizzazione del proprio territorio, senza deteriorare il sistema di risorse che lo identificano, soprattutto di quelle uniche e più vulnerabili come il patrimonio culturale, il paesaggio agrario, l’ambiente fisico-naturale, ma piuttosto potenziandole e migliorandole come condizione del proprio sviluppo. Trasformando così la loro marginalità in una nuova centralità.
La crisi di sostenibilità con cui l’economia globale è costretta sempre più a fare i conti, oltre ad aprire una nuova frontiera di innovazione per le imprese industriali, ha alimentato un secondo fenomeno, di non minore importanza, che coinvolge attività che fino a ieri apparivano marginali, sotto il profilo economico ma anche culturale, e che oggi tendono invece ad assumere un’imprevista centralità: dall’agricoltura conservativa e biologica all’agriturismo di qualità, dai prodotti tipici locali all’artigianato tradizionale, dagli edifici di pregio storico-culturale ai parchi naturali e ai circuiti ecoturistici. E potremmo continuare.
Tali attività e risorse possono coesistere e interagire in molti contesti territoriali, eterogenei ma idealmente legati dalla cultura della sostenibilità, dove si impiegano e si producono conoscenze, si sviluppano intelligenza progettuale e micro-innovazioni, si ricerca insieme la “conservazione” come organizzazione della memoria e la fruizione di ciò che si vuole conservare.
Affrontare la tematica dei territori rurali in una logica di sviluppo autocentrato (fondato su variabili controllate all’interno del territorio (D’Amico, Sturiale, 2002) significa avviare un ambito di ricerca, teorico e operativo, in parte ancora da esplorare e progettualmente da inventare: un ambito che sta uscendo solo ora dalla marginalità per assumere un rilievo strategico, come emerge dall’interesse che sta suscitando non solo nel mondo scientifico nazionale e internazionale, ma anche nelle comunità regionali e locali. Vi è infatti una nuova attenzione per i territori rurali, emblematicamente rappresentata a livello comunitario dalla “promessa” della Presidente von der Leyen “We will cherish and preserve our rural areas and invest in their future” (European Commission, 2021) e in Italia dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza[5].
Bibliografia
- Aiello F., Foglia F. (2018), I ritardi della strategia nazionale per le aree interne, Regional Economy, 2, 2
- Aime M., Papotti D. (2012), L’altro e l’altrove. Antropologia, geografia e turismo, Torino, Einaudi.
- Becattini G. (2015), La coscienza dei luoghi, Roma, Donzelli.
- D’Amico M., Sturiale L. (2002), Sviluppo e differenziazione territoriale delle aree rurali in Sicilia: analisi e prospettive, in Basile E., Romano D. (a cura di), Sviluppo rurale. Società, territorio, impresa, Milano, Franco Angeli, pp. 190-206.
- European Commission (2021), A long-term vision for the EU’s rural areas. Towards stronger, connected, resilient and prosperous rural areas by 2040, Brussels.
- Grandinetti P. (2011), Una ricerca sull’architettura rurale, IUAV Giornale dell’Università, No. 88, p. 3.
- Müller S., Korsgaard S. (2018), Resources and bridging: the role of spatial context in rural entrepreneurship, Entrepreneurship & Regional Development, 30(1-2), pp. 224-255.
Note
[1] La ricerca si è sviluppata attraverso varie attività, tra cui assegni e borse di ricerca, tesi di laurea, laboratori didattici integrati, contratti di ricerca con enti locali, mostre e seminari con le comunità locali.
[2] Un tale percorso è fondato sulla valorizzazione dell’identità come risorsa immateriale, al fine di renderla attrattiva, e sulla comunicazione, esterna ma anche interna, tra gli attori della strategia: in primis le comunità locali come custodi di tale identità. Il termine “percorso” individua qui un progetto che si sviluppa nel tempo e nel tempo si arricchisce di contenuti. L’idea chiave di un progetto di marketing territoriale come quello pensato per il Reventino-Savuto consiste nel concepire il territorio come risorsa complessa da conservare e valorizzare – cioè da valorizzare in modo sostenibile – in cui emergenze naturali e stratificazioni della storia si fondono con la sensibilità e le tradizioni di una comunità. In tal modo il territorio acquisisce nel tempo personalità e identità, che rappresentano le due dimensioni fondative dell’immaginario turistico, i motivi sostanziali in base ai quali un potenziale turista sceglie un certo luogo (Aime, Papotti, 2012).
[3] Nell’ambito della ricerca sono stati organizzati numerosi incontri con le amministrazioni e le comunità locali. Tra gli altri si ricordano: il ciclo di mostre-seminario “Iuav in tour nei borghi della Calabria”, che si sono svolte tra il 27 aprile e il 3 maggio 2019 a Grimaldi, Martirano Lombardo, Scigliano, Conflenti e Savuto; il seminario “I borghi della Calabria: una risorsa per lo sviluppo” organizzato on line il 24 luglio 2020, a cui hanno partecipato docenti e studenti Iuav e gli amministratori dei Comuni calabresi coinvolti.
[4] La proposta è stata avanzata in un seminario nel borgo di Savuto il 3 settembre 2021, al quale erano presenti rappresentanti di numerose associazioni locali e imprenditori privati, che hanno presentato le loro esperienze nei più diversi campi. Ha suscitato interesse per la sua qualità la proposta avanzata da una rete di associazioni di Conflenti, gestite da giovani: quella di attivare in proprio, senza alcun aiuto da parte dell’amministrazione comunale, un circuito di fruizione turistica integrata del borgo.
[5] Il recente Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, tra le misure relative al turismo e alla cultura, individua l’investimento 2.1 – “Attrattività dei borghi” – e l’investimento 2.2 – “Tutela e valorizzazione dell’architettura e del paesaggio rurale”.