Covid19: mortalità, tamponi e telemedicina. L’analisi dei dati sulla mortalità del Covid-19 è un interessante ambito di ricerca epidemiologico con interessanti implicazioni in termini delle politiche economiche in ambito sanitario e di welfare. Quest’analisi sembra suggerire un’evidenza empirica che mette ancora in luce la straordinaria potenza della telemedicina e degli strumenti tecnologici nella gestione delle epidemie. Il grafico seguente mostra la mortalità regionale per Covid-19 con dati aggiornarti al 22 Marzo 2020.
Queste differenze molto forti non possono passare inosservate. Escludendo le regioni che presentano pochi casi di contagio e di morti, non si può però non notare la forte differenza di mortalità fra la Lombardia e il Veneto, regioni che condividono una quasi identica struttura demografica ed una comparabile sanità regionale. Non è, quindi, il maggior numero di anziani e la diversa efficienza della sanità che può spiegare il 12,7% di mortalità della Lombardia contro il 3,3% di mortalità del Veneto. La spiegazione è dovuta probabilmente alla diversa gestione dell’epidemia.
Se guardiamo la tabella e il grafico in cui si compara il tasso di mortalità con il numero di tamponi effettuati per contagiato si scopre un’interessante e, per certi versi sorprendente evidenza.
Il Veneto presenta un rapporto di tamponi su contagi di 11, 26 e un tasso di mortalità del 3,3%, dato simile al Lazio con un rapporto di tamponi su contagi di 12,90 e un tasso di mortalità del 3,8% e la Calabria (anche se in questo caso i dati sono pochi) che ha un tasso di mortalità del 2,9% a fronte del miglior rapporto fra tamponi e contagi di 13,43. E da notare che la regione Calabria è anche, dopo Molise e Basilicata, la regione con il minor numero di contagi (273), pur avendo avuto il primo caso positivo già dal 4 marzo. Lombardia ed Emilia, invece, presentano rispettivamente un rapporto di tamponi su contagi di 2.59 e 3,71 e un tasso di mortalità del 12,7% e del 10,8%.
L’interpretazione di questa evidenza empirica ci porta a due ipotesi non alternative. La prima ipotesi è che la maggiore mortalità sia causata dal fatto che a causa dei minori controlli emergono solo i casi più gravi e che, quindi, dal computo dei contagiati, che costituisce il denominatore del tasso di mortalità, manchino molte unità. I contagi effettivi sarebbero, quindi, di molto superiori a quelli rilevati. Questa non sarebbe in ogni caso una buona notizia, perché significa che molti asintomatici o pauco-sintomatici non sanno di esserlo e continuano ad infettare. E, probabilmente, una parte di spiegazione del fenomeno questa circostanza la può dare. Ma la seconda interpretazione del dato, che può essere complementare alla precedente, è anche che il basso numero di tamponi produce un ritardo nel tempo medio di individuazione e di eventuale ospedalizzazione del paziente e questo ritardo può anche essere una causa della maggiore mortalità, perché impedisce cure tempestive che potrebbero migliorare la prognosi, soprattutto per i pazienti con più co-morbilità.
Mentre il primo aspetto è legato a variabili epidemiologiche sulle quali è difficile incidere, il secondo aspetto rappresenterebbe, se fosse confermato, un limite oggettivo del sistema sanitario che ne limita l’efficienza, anche a fronte di uno sforzo eroico ed encomiabile di tutto il sistema ospedaliero che ha gettato il cuore oltre l’ostacolo e ha sostenuto l’impatto di una terribile epidemia di cui si sa ancora ben poco e i cui numeri sono semplicemente spaventosi, superando con coraggio limiti strutturali e difficoltà gestionali. Il monitoraggio dei soggetti pauco-sintomatici e dei soggetti in quarantena è oggi affidato ad un sistema di contatti telefonici, generalmente gestito dai medici di base, che di per sé, non è molto efficiente e che diventa assolutamente insufficiente quando il numero di positivi e di soggetti in quarantena diventa elevato. Se si avesse un sistema di tele-monitoraggio medico, anche banalmente limitato alla temperatura, pressione, battito cardiaco e ossigeno del sangue – termometri digitali, misuratori della pressione, sistemi di monitoraggio della glicemia, misuratori dell’ossigeno nel sangue e sistemi di monitoraggio della frequenza cardiaca sono apparecchi non invasivi ormai noti e usati in forma domiciliare – il medico in remoto potrebbe costruirsi un quadro clinico dell’evoluzione della malattia molto più chiaro, soprattutto se associato ad una cartella sanitaria individuale con la quale correlare i dati sulle co-morbilità pregresse con l’evoluzione del quadro clinico. Si potrebbe intervenire, ospedalizzare ed eventualmente intubare i soggetti molto prima che si arrivi alla soglia critica di rischio. Per alleggerire il carico sui medici si potrebbero far gestire i soggetti meno problematici da un’intelligenza artificiale che, opportunamente addestrata, sia in grado di inviare degli alert quando riscontra situazioni di pericolo permettendo l’intervento dei sanitari.
Un’ultima considerazione va fatta sull’andamento dell’epidemia in Calabria. Gli ultimi dati sembrano indicare che la crescita dei contagi stia via via diminuendo. Ieri (ndr 23, Marzo 2020) ci sono stati 19 contagi in tutta la Calabria e solo 3 in provincia di Reggio Calabria che è la provincia con un numero maggiore di Contagi (94). Ad oggi (ndr, 24 Marzo 2020) le persone risultate positive al Coronavirus sono 319 (+27 rispetto a ieri), quelle negative sono 3227. Territorialmente, i casi positivi sono così distribuiti:
- Catanzaro: 9 in reparto; 12 in rianimazione; 43 in isolamento domiciliare
- Cosenza: 35 in reparto; 3 in rianimazione; 39 in isolamento domiciliare; 5 deceduti
- Reggio Calabria: 24 in reparto; 5 in rianimazione; 59 in isolamento domiciliare; 5 guariti; 4 deceduti
- Vibo Valentia: 2 in reparto; 1 in rianimazione; 15 in isolamento domiciliare
- Crotone: 18 in reparto; 39 in isolamento domiciliare; 1 deceduto
Al netto dello sviluppo di nuovi focolai di contagio nel giro di una due settimane al massimo in base ai dati attuali i nuovi contagi potrebbero avvicinarsi allo zero.
La figura 3 spiega bene lo stato dell’arte.
Come si vede i dati sembrerebbero abbandonare il percorso esponenziale e prendere il percorso logistico con livello di plateau intorno ai 450-500 casi (questa considerazione che potrebbe essere smentita dai dati dei prossimi giorni vale ovviamente se non sorgono nuovi focolai infettivi, anche se le misure di chiusura ci autorizzano ad un sostanziale ottimismo) (per approfondimenti su questo punto si veda il seguente saggio)
Va detto che la gestione di questa epidemia da parte della sanità calabrese è stato fino ad ora encomiabile. La Calabria, come già evidenziato ha in rapporto di tamponi per contagiato più alto d’Italia, ad oggi sono stati fatti 4073 tamponi a fronte dei 3150 di Trento che però ha 1023 contagiati. Sono 6782 i tamponi fatti nelle Marche con quasi 2535 contagiati e 73242 quelli della Lombardia a fronte di 28681 contagiati. Il numero di tamponi fatto è, in termini relativi, superiore anche a quelli fatti in Veneto. Questo ha permesso di eliminare il sommerso degli asintomatici, che rimangono un canale di veicolazione del contagio importante, che in Lombardia oggi è stato stimato in almeno 1800 unità ed ha permesso di individuare precocemente gli infettati, interrompere subito le catene di contagio e dare cure immediate ai malati. Un modello che si avvicina a quello coreano per ciò che riguarda il numero di tamponi per contagiato. Occorre ancora di più continuare su questa strada, estendendo il numero dei tamponi, anche perché se è vero che si intravede finalmente la fine del tunnel, la strada è ancora lunga, accidentata e piena di insidie e non solo non bisogna abbassare la guardia, ma bisogna rafforzare i fattori che fino ad oggi hanno permesso una gestione ottimale della crisi. Quello che era considerato uno dei peggiori sistemi sanitari della penisola, ha dato, almeno fino ad oggi, un esempio di efficienza e di efficacia, affrontando questa crisi spaventosa nel miglior modo possibile.
La lezione che la Calabria deve trarre da questa crisi è che la sanità non deve essere semplicemente pensata come un settore in cui effettuare tagli e cercare risparmi, occorre investire, ma investire soprattutto in tecnologia. Il fascicolo sanitario digitale e la telemedicina sono innovazioni semplici, ma che migliorano la vita del paziente, l’efficienza del sistema sanitario e riducono anche i costi della sanità già nel medio periodo. Se a questo aggiungiamo anche delle risorse di intelligenza artificiale nella gestione della prevenzione, della diagnosi e della cura, campo in cui le nostre università sono all’avanguardia, avremo probabilmente una sanità che sarà in grado di competere a testa alta con le migliori sanità del mondo.