L’emergenza sanitaria determinata dalla diffusione del CoronaVirus (Covid19) ci spinge a riflettere su molti aspetti che caratterizzano il modo e la capacità di reazione dell’Italia e dei cittadini italiani di fronte ad eventi imprevisti. L’obiettivo di questa nota è di contribuire ad interpretare alcuni aspetti del rischio di contagio da Covid19. In particolare, l’interesse è di riflettere sull’esistenza di qualche legame tra il capitale sociale delle regioni di origine e le partenze dalla Lombardia osservate tra il sette e l’otto marzo 2020.
Dagli elementi materiali agli elementi immateriali del dualismo. Come è noto, l’Italia rappresenta un paese “troppo lungo” (Ruffolo, 2009) che da molto tempo si contraddistingue da un dualismo economico e sociale che ha suscitato per diverse ragioni l’attenzione di studiosi italiani e stranieri, essendo una sorta di laboratorio naturale per le scienze sociali interessate all’argomento (Ercolano, 2012). Mentre a partire dal secondo dopoguerra il dibattito economico si è incentrato sugli elementi materiali del dualismo, a partire dagli anni 60 sono nati numerosi contributi che hanno dato centralità agli elementi immateriali che possono contribuire a spiegare le differenze qualitative e quantitative nei sentieri di crescita che hanno caratterizzato i diversi territori della penisola. Tra questi, pur con numerose e autorevoli critiche (Arrow 1999 e Solow 1999), assume un ruolo centrale il contributo di Putnam (1993) che a partire dallo studio di Banfield (1958) individua nelle diverse dotazioni di capitale sociale la spiegazione dei divari esistenti tra le regioni italiane. In estrema sintesi, per capitale sociale si possono intendere sia alcuni fattori culturali come la predisposizione a cooperare con gli altri e le virtù civiche (Putnam, 1993), sia alcuni elementi quali la fiducia (Fukuyama, 1996), sia le dotazioni sociali di un individuo (Bordieu, 1980; Coleman, 1994). Utilizzando la lente del capitale sociale, il ritardo del Sud viene individuato non più nelle scelte di politica economica (industrializzazione, reindustrializzazione, modernizzazione dell’agricoltura, mercato del lavoro, governo dei flussi migratori, sviluppo del mercato interno, ecc.) quanto nella mancanza di una fiducia collettiva.[1]
Di particolare interesse risulta l’identificazione, a partire dal contributo di Putnam (1993), di due diverse declinazioni di capitale sociale, definite come bridging social capital e bonding social capital. Per bridging social capital si intende quel capitale relazionale fondato sulla fiducia tra gruppi sociali eterogenei non legati da vincoli parentali. Al contrario, il bonding social capital rappresenta quel capitale fondato su un sistema relazionale il cui nucleo centrale è rappresentato dalla famiglia e dai legami parentali.[2]
I tentativi di misurazione del Bridging e Bonding Social Capital. Seppur con notevoli criticità sul piano metodologico e definitorio, la maggior parte della letteratura di riferimento sembra concordare su una netta distinzione in Italia nelle dotazioni di capitale sociale di tipo brindgind e bonding. A titolo esemplificativo, in figura 1 elaboriamo i dati dello studio condotto da Crescenzi, Gagliardi e Percoco (2011): sembrerebbe evidente l’esistenza di una graduale divergenza da Nord a Sud nelle dotazioni di bridging e bonding social capital. In particolare, osserviamo un nord caratterizzato da una buona dotazione di capitale sociale bridging e da una bassa dotazione di capitale bonding. Al contrario, il Sud conferma la centralità della famiglia, con una dotazione molto alta di capitale sociale bonding e una scarsa dotazione di capitale bridging.
Emergenza sanitaria, reazioni individuali e capitale sociale. La situazione di emergenza che stiamo vivendo in questi giorni, nella sua natura esogena, stimola qualche interrogativo (domiciliare, ça va sans dire) e permette qualche cauta riflessione sulla natura di determinati comportamenti individuali. Si pensi, per esempio, alle reazioni scaturite nei tanti cittadini meridionali residenti nelle regioni inizialmente colpite dall’emergenza sanitaria. Le notizie relative all’eventuale chiusura di dette regioni (“zone rosse”) hanno sicuramente generato panico (parzialmente comprensibile) associato a comportamenti lontani dal buon senso civico. Si pensi alle scene dei treni presi d’assalto da parte di cittadini meridionali, studenti e lavoratori, residenti o domiciliati nelle regioni settentrionali e, in particolare, in Lombardia, intenti a rientrare frettolosamente verso le regioni di origine, per lo più meridionali. Tali comportamenti, presentano elementi di irrazionalità sia sul piano individuale che sul piano collettivo.
Infatti, viaggiare stipati in condizioni molto lontane dalle prescrizioni sanitarie non contribuisce sicuramente alla riduzione del possibile contagio. Inoltre, questi spostamenti verso le regioni di origine possono rappresentare un catalizzatore per la diffusione dell’emergenza sanitaria in territori che fortunatamente registrano un’incidenza minore della diffusione del virus. Pur consapevoli della difficoltà nello gestire eventi straordinari come quello che stiamo vivendo, nel quale gli elementi della paura regolamentano larga parte delle azioni di molti cittadini, proveremo a fare un esercizio interpretativo chiedendoci quanto una diversa dotazione di capitale sociale delle regioni di provenienza possa contribuire a spiegare i comportamenti degli individui.
L’idea di fondo è che, qualora una qualche forma di capitale sociale possa esistere, i cittadini cresciuti in regioni caratterizzate da capitale sociale di tipo bonding, a fronte di uno shock esogeno, continuino a vedere nei legami parentali e nella famiglia l’unica istituzione capace di garantire loro una qualche forma di protezione. Il paradosso evidente consiste, tuttavia, nel fatto che queste azioni individuali rappresentano un possibile danno non solo per il singolo cittadino, ma anche nei confronti della stessa istituzione familiare a cui si richiede protezione, nonché nei confronti della collettività in senso più ampio. Anche in questo caso, dunque, si conferma l’effetto negativo di questa declinazione di capitale sociale.
Siamo consapevoli delle criticità che questa argomentazione porta con sé, ma come anticipato, qua si presenta un esercizio empirico del fenomeno in esame. Una prima dirimente criticità è rappresentata dall’esistenza stessa di una qualche forma di capitale sociale messa in discussione da importanti economisti (Solow, 1999, Arrow 1999). Tuttavia, pur accettando l’idea che cittadini provenienti da diverse regioni presentino una dotazione di capitale sociale quantitativamente e qualitativamente differente, resterebbe da dimostrare che siano stati soprattutto i cittadini meridionali a rientrare in fretta e furia verso le regioni di origine.
La fuga dalla Lombardia. Questa nota presenta una valutazione, parziale e descrittiva, sull’esistenza di qualche evidenza empirica tra il capitale sociale e le partenze dalla Lombardia osservate tra il sette e l’otto marzo 2020. L’idea di base è di capire se i cittadini caratterizzati da capitale sociale di tipo bonding presentino una maggiore propensione a rientrare verso la propria regione di origine.
In mancanza di dati specifici sui biglietti acquistati, proveremo ad utilizzare come proxy dati relativi alle ricerche fatte su Google nel periodo considerato.[3] La figura 2 riporta i dati estratti da Google trends relativamente alle ricerche “Treno Firenze” e “Treno Napoli” nella sola Lombardia. La scelta dei due termini di ricerca dipende dalla necessità di individuare gruppi di cittadini che potenzialmente vorrebbero muoversi dalla Lombardia verso regioni non identificate come “zona rossa”. Inoltre, Napoli e Firenze sono anche i capoluoghi di Campania e Toscana che, seguendo la letteratura, rappresentano regioni sufficientemente diverse sul piano della dotazione qualitativa e quantitativa di capitale sociale. Osservando la figura 2, risulta di interesse l’andamento molto simile che queste due ricerche mostrano fino alle ore 21:00 del giorno 7 marzo. Ricordiamo che le prime notizie sul DPCM che istituiva la zona rossa in Lombardia e in 14 diverse provincie, sono iniziate a trapelare la sera del 7 marzo. Da quel momento in poi si osserva un sostanziale incremento della distanza tra i due termini di ricerca, con un aumento medio significativo delle ricerche “Treno Napoli” (che raggiunge il picco di quasi 100 risultati della ricerca alle ore 9 dell’8 marzo 2020).
Dati i limiti di questa analisi, abbiamo provato ad effettuare una prima correzione delle ricerche su Google Trends, tentando di tener conto della diversa presenza di campani e toscani in Lombardia. A tale fine, si considera il numero degli studenti iscritti presso le Università in Lombardia provenienti da Campania e Toscana. Questa ponderazione non altera la posizione relativa delle due serie storiche. Queste ultime mostrano un andamento “simile” fino alla sera del 7 marzo. L’incremento delle ricerche del termine “Treno Napoli” si osserva a partire dalla sera del 7 e le due ricerche mantengono un costante divario a partire dalla mattina dell’8 marzo 2020.
Dal capitale sociale agli assetti volontari e coattivi. I dati riportati rappresentano un tentativo di corroborare la tesi di un legame tra l’appartenenza a regioni caratterizzate da una maggiore incidenza di capitale sociale di tipo bonding e la “corsa” ai treni osservata in Lombardia tra il 7 e l’8 marzo 2020.
Sebbene i dati mostrino qualche evidenza a sostegno della tesi, eventi di questo genere riportano alla luce il dibattito sull’efficacia degli assetti volontari e degli assetti coattivi.
Gli assetti volontari possono rappresentare il risultato di una certa struttura sociale nella quale ogni individuo è orientato ad ottenere il massimo di ofelimità propria senza compromettere quella degli altri (Cosciani 1991). Di conseguenza la massimizzazione individuale conduce ad una massimizzazione del benessere della collettività. Tuttavia, in talune condizioni, quali quelle determinate dal rischio di contagio del CoronaVirus, la distribuzione delle informazioni e la capacità di analizzarle in maniera razionale e completa minano alla base le fondamenta degli assetti volontari. In questa prospettiva – tenuto conto che l’attività finanziaria dello Stato nel settore della Sanità si manifesta come “una forma tecnica con cui l’assetto coercitivo può realizzarsi” (Cosciani, 1991, p. 15) – continua a mantenere la sua centralità il ruolo dell’azione del soggetto pubblico nella definizione di assetti tutori, il cui obiettivo è costringere alcuni soggetti a sostituire determinate scelte “spontanee” con altre più aderenti ai veri interessi del tutelato.
Note
[1] I fattori materiali che precedentemente rappresentavano gli input dell’analisi del dualismo italiano, diventano adesso la manifestazione delle differenze nel sistema dei valori presenti in Italia tra Nord e Sud (Ercolano, 2012).
[2] Riprendendo la teoria della forza dei legami deboli inizialmente proposta da Granovetter (1973), la letteratura sul capitale sociale ha cercato di dimostrare che i legami basati su fiducia in gruppi eterogenei, non vincolati da legami parentali, aumenta la fiducia nelle istituzioni, lo scambio di informazioni e attraverso questa funzione di ponte tra gruppi sociali altrimenti disconnessi, contribuisce a ridurre i costi di transazione (Hauser et al., 2007).
[3] E’ doveroso precisare che siamo perfettamente consapevoli dei diversi limiti metodologici che derivano dall’utilizzo di questa tipologia di dati. Quello che proponiamo non vuole essere altro che un primo esercizio per iniziare a capire meglio il senso delle immagini che abbiamo potuto osservare nei giorni scorsi.
Bibliografia
Arrow, K. (1999). Observations on Social Capital. In Social Capital: A Multifaceted Perspective, eds. Partha Dasgupta and Ismail Serageldin, 3-5. Washington, D.C.: The World Bank.
Banfield, E.C. (1958). The Moral Basis of a Backward Society, Glencoe Ill, Chicago: Free Press.
Bourdieu P. (1980). Le capital social. Notes provisoire, in «Actes de la recherche en sciences sociales», n. 31.
Coleman, J. S. (1994). Social capital, human capital, and investment in youth. In A. C. Petersen & J. T. Mortimer (Eds.), Youth unemployment and society (p. 34–50). Cambridge University Press.
Cosciani, C. (1991). Scienza delle finanze. UTET Università.
Crescenzi, R., Gagliardi, L., & Percoco, M. (2013).
Ercolano, S. (2012). Italian Dualism in Foreign Scholars’ Analyses. Rivista economica del Mezzogiorno, (3), 411-444.
Granovetter M. (1973). The strength of weak ties. American Journal of Sociology.73; 78:1360–1380
Hauser, C., Tappeiner, G., & Walde, J. (2007). The learning region: the impact of social capital and weak ties on innovation. Regional studies, 41(1), 75-88.
Putnam R.D. (1993). The Prosperous Community: Social Capital and Pub-lic Life. American Prospect, 13. Vol. 4. Available online: http://www. prospect. org/print/vol/13.
Putnam R.D., Leonardi R., Nanetti R.Y. (1993). Making Democracy Work. Civic Traditions in Modern Italy, Princeton University Press.
Ruffolo G. (2009). Un Paese troppo lungo. L’unità nazionale in pericolo, Torino, Einaudi.
Solow, R. M. (1999). Notes on Social Capital and Economic Performance. In P. Dasgupta & I. Serageldin (eds) Social Capital: A Multifaceted Perspective, 6-9. Washington, D.C.: The World Bank.