In questo lavoro si analizza l’effetto di avere proprietari o manager di lingua tedesca sul commercio internazionale delle imprese altoatesine, lungo i margini sia estensivi sia intensivi, considerando dapprima le esportazioni e poi le importazioni.
Introduzione
La domanda estera ha fornito un importante contributo alla crescita del prodotto della provincia di Bolzano negli anni caratterizzati dalla doppia recessione. La principale destinazione delle esportazioni altoatesine è la Germania verso cui si concentra circa un terzo del totale regionale (quasi la metà di quello verso l’Unione europea). Sono partner commerciali molto rilevanti pure gli altri paesi di lingua tedesca (Austria e Svizzera) che, insieme con la Germania, formano il gruppo dei paesi “AGS”[1]: complessivamente l’export verso questi tre paesi rappresenta poco meno della metà del totale provinciale (circa un quinto nel Paese).[2] La provincia di Bolzano svolge inoltre un importante ruolo di “ponte” tra l’economia italiana e i paesi di lingua tedesca, dai quali importa merci destinate al resto del Paese (cfr. Banca d’Italia, 2018). La quota delle importazioni dai paesi AGS raggiunge il 65% circa (poco oltre il 20% in Italia).
La proiezione verso i mercati esteri di lingua tedesca può dipendere in parte dalla composizione della popolazione altoatesina per gruppo linguistico: circa il 70% appartiene al gruppo linguistico tedesco, un quarto a quello italiano, la restante parte al gruppo ladino. In questo lavoro analizzo il ruolo della comunanza linguistica tra le persone alla guida (proprietari e manager) delle imprese della provincia di Bolzano e i paesi di destinazione dell’export e di origine dell’import, nel promuovere la propensione a intrattenere rapporti commerciali e ad accrescere i rispettivi flussi di commercio internazionale.
Questo paper si inquadra nel contesto degli studi sull’effetto della cultura sugli outcome economici (Guiso, Sapienza e Zingales, 2006), inserendosi in particolare nell’ampia letteratura sull’effetto della comunanza linguistica sul commercio internazionale (Anderson e Van Wincoop, 2004, Melitz, 2008). La comunanza linguistica può essere intesa in termini di lingua ufficiale tra due paesi, oppure di lingua parlata, lingua nativa, possibilità di traduzioni ecc. Melitz, 2008 ha posto a confronto l’effetto di avere una lingua comune rispetto alla possibilità di fruire di una traduzione nell’agevolare il commercio bilaterale, trovando come l’effetto della prima sia ampiamente maggiore di quello, pur importante, della seconda. Sulla base di una meta-analisi condotta su oltre 80 articoli tratti da riviste scientifiche, Egger e Lassmann, 2012 trovano che la comunanza linguistica aumenta di oltre il 40% il commercio bilaterale. In uno studio su dati svizzeri, Egger e Lassmann, 2015 conducono un esercizio di RDD spaziale e trovano che una lingua nativa comune aumenta i margini estensivi delle importazioni da regioni estere limitrofe in misura più marcata rispetto a quelli intensivi; l’effetto per la lingua tedesca risulta maggiore di quello relativo alla lingua francese.
In un recente lavoro, Bugamelli, Linarello e Serafini, 2019 hanno scomposto la dinamica delle esportazioni italiane lungo i margini intensivi ed estensivi, ulteriormente distinguendo tra le componenti relative all’impresa, al prodotto e al mercato di destinazione; le loro analisi indicano che la crescita delle esportazioni tra il 2000 e il 2015 è stata prevalentemente trainata dai margini intensivi (maggiori quantità di prodotti già esportati in paesi già raggiunti; soprattutto tra le imprese medio-grandi e più produttive) e, in misura più contenuta, dall’entrata netta sul mercato (tra le aziende di dimensioni medie). Nella seconda parte del lavoro, hanno analizzato quali caratteristiche dell’impresa determinano l’accesso netto ai mercati esteri e si focalizzano in particolare sull’esperienza acquisita dalle imprese (distinguendo tra generale e market-specific, che include la comunanza linguistica tra i paesi cui l’azienda ha progressivamente fatto accesso).
Il tema della prossimità culturale tra la provincia di Bolzano e i paesi di lingua tedesca è già stato oggetto di analisi in due recenti lavori. Accetturo, Cascarano, Degasperi e Modena, 2019 hanno analizzato l’impatto della prossimità culturale tra l’Alto Adige e i paesi AGS sui flussi turistici e hanno mostrato come la quota di turisti provenienti da tali paesi si correli positivamente con la quota della popolazione locale del gruppo linguistico tedesco (si veda anche Banca d’Italia, 2018). Accetturo, Barboni, Cascarano e Garcia-Appendini, 2021 hanno studiato il ruolo della prossimità culturale nella formazione di relazioni banca-impresa e trovano che è più probabile che le imprese richiedano prestiti a banche culturalmente vicine. L’effetto è più forte per le imprese più opache e meno performanti, suggerendo che l’appartenenza culturale possa facilitare la trasmissione di soft information.
La struttura del paper è la seguente. Nella sezione 2 descrivo le basi di dati utilizzate per l’analisi e presento alcune statistiche descrittive. Nella sezione 3 introduco i modelli di stima e presento i principali risultati dell’analisi. Nella sezione 4 esploro poi alcuni possibili meccanismi di trasmissione che possono contribuire a spiegare le evidenze trovate e la sezione 5 conclude.
È importante notare, tuttavia, che le stime presentate in questo lavoro non possono essere interpretate in maniera causale, siccome il processo di allocazione di manager e proprietari di lingua tedesca tra le aziende altoatesine non può essere considerato come esogeno. A titolo d’esempio, è infatti ragionevole ipotizzare che imprese maggiormente interessate a commerciare con l’estero selezionino manager con un profilo internazionale e che aziende fortemente interessate ai mercati di lingua tedesca si orientino verso manager con la stessa lingua madre; allo stesso modo, imprese che possono essere inserite nelle catene internazionali del valore con partner commerciali tedeschi possano essere acquisite da investitori di lingua tedesca che ne possono agevolare l’apertura verso i mercati AGS.
Dati
Sulla base di dati di fonte InfoCamere, è stato possibile calcolare per circa 18.000 imprese altoatesine[3] un indicatore che segnala se i proprietari o i manager di ciascuna impresa registrata in provincia di Bolzano siano di lingua tedesca oppure no; tale indicatore, già usato in Accetturo, Barboni, Cascarano e Garcia-Appendini, 2021, è basato su un algoritmo di classificazione dei testi e mira a identificare se il nome dei proprietari o manager sia tedesco. In particolare, per gli anni compresi tra il 2004 e il 2015 sono stati analizzati i nomi e cognomi dei proprietari e dei manager delle imprese altoatesine presenti negli archivi di InfoCamere. Sulla base di un algoritmo di classificazione dei testi sono stati classificati come di lingua italiana, tedesca, straniera o sconosciuta. La composizione per lingua presenta una variazione temporale assai modesta e si è quindi preferito calcolare un indicatore time-invariant per ciascuna impresa. Si è così ottenuta una variabile binaria 1_(tedesco_i ) che assume valore 1 se in azienda vi è, in almeno un anno, un manager o proprietario di lingua tedesca, o valore 0 se non vi è mai nell’impresa alcun manager o proprietario classificato come di lingua tedesca. L’informazione sui manager è disponibile per poco oltre la metà delle imprese, la quota raggiunge il 70% per i proprietari; per solo poco più di un quarto del campione la routine fornisce informazioni sia per i manager sia per i proprietari; per limitare la perdita di imprese dal campione di analisi si è scelto di non distinguere tra manager e proprietari (“guida” nel seguito). Sulla base di tale indicatore, circa 13.000 imprese del campione sono classificate come di lingua tedesca;[4] le restanti (prevalentemente di lingua italiana) sono classificate come di lingua diversa dal tedesco.
L’analisi dei flussi di commercio estero si basa su microdati forniti dall’Istat[5] a livello di impresa/paese/anno,[6] distinguendo tra esportazioni e importazioni. Per arricchire le analisi, per ciascuna impresa del campione l’Istat ha fornito inoltre informazioni su: codice di attività economica prevalente, fatturato e valore aggiunto, numero di addetti, età e forma giuridica. Circa 3.300 delle 18.000 imprese iniziali presentano valori mancanti di fatturato e valore aggiunto.[7] Scartate queste ultime dall’analisi, il campione disponibile consta di circa 14.500 imprese/anno.
I dati sono stati forniti dall’Istat per il periodo compreso tra il 2013 e il 2018; tuttavia, a causa di una discontinuità nella soglia Intrastat di esenzione dalla segnalazione dei dati di commercio estero intra-EU,[8] l’analisi si concentra sul periodo 2013-2016 per cui sono disponibili dati omogenei.
Statistiche descrittive
Tra il 2013 e il 2016, il numero delle imprese esportatrici è di poco superiore a 2.000 mentre quello degli importatori è più elevato e prossimo a 5.300 (tabb. 1-2). Nella media del periodo 2013-2016, il fatturato medio delle imprese è prossimo a 2,5 milioni di euro, il numero medio di addetti è di 12 e l’età media delle aziende di analisi è di poco superiore a 20 anni; circa i tre quarti delle imprese sono classificate come di lingua tedesca (tab. 3). Il numero medio di destinazioni raggiunte dalle esportazioni delle imprese è di poco inferiore a 1 (ma con un’ampia deviazione standard, pari a 3,8). La quota delle imprese esportatrici è prossima al 20%; l’ampia maggioranza degli esportatori vende anche ai paesi AGS, circa i due terzi alla sola Germania. Il valore medio delle esportazioni è di 2,1 milioni di euro, di cui quasi la metà verso i paesi AGS, principalmente verso la Germania. Sul lato delle importazioni, il numero medio di paesi di origine dei flussi è di poco superiore all’unità (1,2), con una minore dispersione rispetto a quanto riscontrato per le esportazioni. La quota degli importatori è superiore al 40%; la quasi totalità di loro importa dai paesi di lingua tedesca, oltre quattro imprese su cinque dalla Germania.
Le imprese con una guida di lingua tedesca presentano differenze rilevanti rispetto alle altre aziende (tab. 4). Si caratterizzano infatti per un fatturato e un numero di addetti superiore per circa il 50% e una maggiore anzianità. A dimensioni più elevate (e produttività del lavoro sostanzialmente in linea) corrispondono un maggior numero di paesi di destinazione/origine dei flussi di commercio estero e una maggiore propensione a esportare e importare, principalmente verso/da i paesi di lingua tedesca.[9] Il valore delle esportazioni e importazioni delle imprese con una guida di lingua tedesca è quasi doppio rispetto a quello relativo al resto del campione per quanto riguarda le controparti AGS, mentre la differenza è sostanzialmente nulla (lievemente negativa nel caso dell’export) per quanto riguarda il valore da/verso il complesso delle destinazioni/origini.
Analisi dei dati
L’analisi dei margini estensivi si basa sul seguente modello lineare di probabilità:
in cui la variabile dipendente 1(X_ijt>0) è una variabile binaria che indica se l’impresa i esporta verso il (o importa dal) paese j nell’anno t, 1tedesco_i è una variabile binaria che indica se la proprietà/il management dell’impresa sia di lingua tedesca, 1AGS_j è una variabile binaria che indica se il paese di controparte sia uno dei paesi AGS (Germania, Austria e Svizzera), ln(add_(it-1)) e ln(prod_(it-1)) sono controlli per la capacità dell’impresa di commerciare con un nuovo mercato e rappresentano il numero degli addetti e la produttività dell’impresa i al tempo t-1, X_it rappresenta un insieme di controlli a livello di impresa e anno (età, settore di appartenenza e forma societaria), sono effetti fissi a livello di paese e anno[10] e ϵ_ijt è il termine di errore. Gli errori sono stati clusterizzati a livello di impresa e paese. Stimo anche una versione del modello in cui includo un set di effetti fissi a livello di impresa e anno (η_it ) al posto dei controlli a livello di impresa e anno. La stima è condotta su un campione “filled-in” nel quale il valore dei flussi tra imprese e paesi che non commerciano è posto pari a zero (non ci sono, pertanto, valori mancanti). Nella sezione 7.2 dell’Appendice verifico che le stime siano robuste al fatto che il modello lineare di probabilità può predire stime al di fuori dell’intervallo unitario.[11]
Considero poi l’effetto di avere in azienda una guida di lingua tedesca sul numero dei paesi con cui l’impresa commercia:
dove ln(numpaesi_it ) è il logaritmo naturale del numero dei paesi con cui l’impresa i commercia al tempo t, distinguendo tra esportazioni e importazioni, e le altre variabili sono analoghe a quelle utilizzate nell’equazione 1. Nella sezione 7.3 dell’Appendice replico l’analisi utilizzando l’arcoseno iperbolico anziché il logaritmo come trasformazione della variabile dipendente, per tenere conto del fatto che la trasformazione logaritmica ignora, per costruzione, i valori nulli (in questo caso, i paesi non raggiunti).
Analizzo infine i margini intensivi (i valori dei flussi commerciali) con la seguente equazione:
in cui esprimo la variabile dipendente ln(X_ijt) come logaritmo naturale del valore delle esportazioni/importazioni di ciascuna impresa i nell’anno t verso il/dal paese j. Stimo anche una versione del modello in cui includo un set di effetti fissi a livello di impresa e anno (η_it ) al posto dei controlli a livello di impresa e anno. Come per il numero delle destinazioni, nella sezione 7.3 dell’Appendice replico l’analisi utilizzando l’arcoseno iperbolico.
Esportazioni.- Sul lato delle esportazioni, le stime dell’equazione 1 mostrano che, a parità di caratteristiche osservabili a livello di impresa (dimensione, produttività, età, settore di attività economica e forma giuridica) e di quelle a livello di paese colte dagli effetti fissi di paese-anno, la presenza in azienda di una guida di lingua tedesca aumenta di 5,3 punti percentuali (p.p.) la probabilità di esportare verso i paesi AGS; la stima puntuale dell’effetto rimane invariata anche includendo gli effetti fissi a livello di impresa-anno (tab. 5).[12] Circa i tre quarti delle esportazioni in valore si riferiscono alle imprese manifatturiere e un quarto a quelle commerciali; l’effetto di avere una guida di lingua tedesca risulta più rilevante per ciascuno di questi settori rispetto all’effetto medio: 10,7 p.p. per le imprese manifatturiere e 8,6 p.p. per quelle dei servizi commerciali (fig. 1a). Le stime dell’equazione 2 indicano inoltre che la presenza di una guida di lingua tedesca non ha un effetto sul numero delle destinazioni raggiunte dalle esportazioni delle imprese del campione (tab. 6).
Figura 1: Effetto di una guida di lingua tedesca sul commercio delle imprese altoatesine con Austria, Germania e Svizzera (AGS).
Tra le imprese esportatrici, quelle con una guida di lingua tedesca presentano livelli medi di vendite estere verso i mercati AGS più elevati per oltre il 50%13[13] (tab. 7); l’effetto risulta più marcato tra le imprese manifatturiere (70% circa) e nullo tra quelle dei servizi commerciali (fig. 1b). Includendo effetti fissi a livello di impresa-anno, l’effetto stimato raggiunge il 90% circa.
Importazioni. – Per quanto riguarda le importazioni, le stime indicano che la presenza di una guida di lingua tedesca ha un effetto molto ampio sulla probabilità delle imprese di importare dai paesi AGS (16,5 p.p.; tab. 8);[14] la stima rimane invariata anche inserendo un set di effetti fissi a livello di impresa-anno. Tra i settori più rilevanti l’effetto è particolarmente marcato sia nella manifattura sia nei servizi commerciali (circa 20 p.p. in entrambi i settori; fig. 1a). Le imprese con una guida di lingua tedesca tendono inoltre a importare da un maggior numero di paesi; l’effetto non riguarda però il numero dei paesi di lingua tedesca da cui le imprese importano[15] (tab. 9).
Considerando i margini estensivi dell’import, il valore delle importazioni da Germania, Austria e Svizzera è superiore di oltre il 70% nelle imprese con una guida di lingua tedesca, rispetto al resto del campione (tab. 10);[16] l’effetto è leggermente superiore tra le imprese manifatturiere e (diversamente da quanto osservato per le esportazioni) quelle dei servizi commerciali (fig. 1b. Come già riscontrato per l’export, la stima è ancora più elevata (86%) se si includono effetti fissi a livello di impresa-anno.
Discussione sui meccanismi
In questa sezione esploro alcune possibili spiegazioni alla base delle evidenze presentate nella sezione precedente. Le imprese con una guida di lingua tedesca potrebbero offrire ai mercati di lingua tedesca (o analogamente importare dagli stessi) prodotti più complessi, che richiedono investimenti specifici; la comunanza linguistica permetterebbe di ridurre le asimmetrie informative che, nel caso di prodotti complessi e contratti sofisticati, possono rappresentare un ostacolo molto rilevante all’avvio e alla conduzione di relazioni commerciali. Per comparti manifatturieri molto disaggregati,[17] è possibile analizzare una misura di specificità definita come la quota dei prodotti di ogni settore che non sono venduti su mercati organizzati e che possono richiedere contratti più sofisticati. Le stime riportate nella figura 2 indicano che le aziende manifatturiere con un indice di complessità più elevato[18] presentano una maggior propensione sia a esportare verso i paesi AGS (oltre 3 p.p.) sia a importare dagli stessi (circa 2,5 p.p.), rispetto alle imprese operanti in settori con indici di complessità inferiori; tra le aziende con prodotti più sofisticati si evidenzia inoltre un effetto più significativo della media sul valore delle importazioni da Germania, Austria e Svizzera (quasi 15 p.p.) a fronte di una differenza sostanzialmente nulla per quanto riguarda il valore delle esportazioni. Ciò suggerisce che questo meccanismo possa avere favorito l’accesso delle imprese manifatturiere con una guida di lingua tedesca ai mercati AGS, per quanto riguarda sia le esportazioni sia le importazioni, e possa aver contribuito a incrementare i livelli delle importazioni da quei paesi.
Figura 2: Effetto di una guida di lingua tedesca sul commercio con i paesi AGS.
Le imprese con una guida di lingua tedesca potrebbero essere inoltre più frequentemente inserite in gruppi localizzati nei paesi AGS, risultando maggiormente interessate da flussi di commercio infragruppo con questi paesi. Sulla base dei dati contenuti negli archivi Orbis/Bureau van Dijk, per poco oltre la metà del campione è possibile identificare il Global Ultimate Owner (GUO) – ovvero l’entità che detiene il controllo dell’impresa a livello globale – e per quasi i due terzi di queste imprese è possibile inoltre conoscere il paese in cui è localizzato il GUO.[19] Tra le imprese con una guida di lingua tedesca, la quota con un GUO localizzato all’estero è pari al 7,2%, valore inferiore al dato medio riferito alle altre imprese del campione (7,9%); tuttavia, tra le prime è più che doppia la quota con un GUO localizzato in Germania (2,9% a fronte di 1,5%) e nel complesso dei paesi AGS (5,4% vs. 2,5%). La più elevata quota di imprese a proprietà localizzata in paesi di lingua tedesca, ma non nel resto del mondo, potrebbe contribuire a spiegare parte dell’evidenza presentata nella sezione 3, che indica una maggior attività commerciale delle imprese con una guida di lingua tedesca con i paesi AGS.
Conclusioni
In questo lavoro analizzo l’effetto di avere proprietari o manager di lingua tedesca sul commercio internazionale delle imprese altoatesine; considerando sia le loro esportazioni sia le importazioni, ne analizzo l’effetto lungo i margini estensivi ed intensivi.
Le stime suggeriscono che, se nel complesso le imprese con proprietari o manager di lingua tedesca non presentano una maggior propensione a esportare né esportazioni più elevate rispetto al resto del campione, la presenza di una guida di lingua tedesca si associa a un aumento di oltre 5 p.p. della probabilità di esportare verso Germania, Austria e Svizzera e a un incremento di circa il 50% del valore delle vendite verso quelle destinazioni. Tra i settori maggiormente rappresentati tra gli esportatori (manifattura e commercio), l’effetto di avere una guida di lingua tedesca sulla probabilità di esportare verso i paesi AGS è pressoché doppio per entrambi i comparti; l’impatto sul valore delle esportazioni risulta invece più marcato per le imprese manifatturiere e nullo per quelle dei sevizi commerciali.
Sul lato delle importazioni la presenza in azienda di una guida di lingua tedesca ha un effetto positivo sulla propensione a importare dai paesi AGS (16,5 p.p.) risultando nullo per il resto del mondo; la stima è leggermente più elevata per le imprese manifatturiere e dei servizi (20 p.p. circa). Le imprese con una guida di lingua tedesca tendono inoltre a importare da un maggior numero di paesi (seppure non tra quelli AGS). Il valore delle importazioni delle imprese con una guida di lingua tedesca dai paesi AGS è sensibilmente più elevato (70% circa); l’effetto è leggermente maggiore per quelle manifatturiere e del commercio.
Complessivamente, le stime presentate in questo lavoro indicano che la presenza di una guida di lingua tedesca ha un effetto molto rilevante sulla partecipazione delle imprese altoatesine al commercio estero e sui loro livelli di import ed export. In uno scenario ipotetico in cui tali figure fossero sostituite da omologhi che non condividessero la matrice culturale dei paesi AGS (ovvero, se fossero di madrelingua italiana o, comunque, non tedesca), i risultati di un semplice esercizio (descritto nella sezione 7.4 dell’Appendice) indicano che le esportazioni complessive della provincia di Bolzano sarebbero inferiori del 15% circa mentre le importazioni si ridurrebbero del 30% circa. In tale scenario ipotetico, la percentuale di esportazioni e importazioni nei confronti dei paesi AGS si ridurrebbe di circa 10 p.p. (dal 70% al 60% circa per le prime e dal 50% al 40% per le seconde).
In conclusione, è importante ricordare che le stime presentate in questo lavoro non possono essere interpretate in maniera causale, non potendo considerare come esogeno il processo di allocazione di manager e proprietari di lingua tedesca tra le aziende altoatesine.
Riferimenti bibliografici
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- Accetturo, A., Linarello, A. & Petrella, A. (2017). Legal enforcement and global value chains: micro-evidence from Italian manufacturing firms. Bank of Italy Occasional Paper, (397).
- Aihounton, G. B. & Henningsen, A. (2021). Units of measurement and the inverse hyperbolic sine transformation. The Econometrics Journal, 24(2), 334–351.
- Anderson, J. E. & Van Wincoop, E. (2004). Trade costs. Journal of Economic literature, 42(3), 691–751.
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- Rauch, J. E. (1999). Networks versus markets in international trade. Journal of international Economics, 48(1), 7–35.
Note:
[1] L’acronimo “AGS” è formato dalle iniziali di Austria, Germania e Svizzera.
[2] Dati riferiti al 2019, ultimo anno precedente la pandemia di Covid-19.
[3] Secondo l’Annuario Statistico (2019) dell’Istituto di statistica della Provincia autonoma di Bolzano (ASTAT), il numero totale delle imprese altoatesine è di circa 43.000 unità.
[4] La loro quota sul totale è prossima a quella del gruppo linguistico tedesco sulla popolazione residente in provincia di Bolzano.
[5] I dati anonimizzati sono stati resi disponibili sulla base dell’accordo Banca d’Italia-Istat.
[6] La base dati non contiene dati a livello di prodotto.
[7] Questo è da ascrivere al fatto che l’impresa in questione non è nel campo di osservazione delle statistiche strutturali sulle imprese (SBS) e quindi i relativi dati non sono disponibili.
[8] Dal 2017 le imprese esportatrici e importatrici sono diminuite nella base dati in quanto Istat ha applicato da quell’anno la nuova soglia Intrastat di esenzione delle dichiarazioni (attiva dal 2018). Tale discontinuità impatta sensibilmente sulla numerosità delle imprese ma ha un impatto marginale sul valore complessivo dei flussi poiché le imprese che esportano o importano maggiormente sono presenti in ogni anno.
[9] Le variabili binarie presentate nella tabella 4 sono definite a livello di impresa-anno, a differenza delle tavole commentate nella sezione 3 in cui gli indicatori di partecipazione al commercio estero sono definiti a livello di impresa-paese-anno.
[10] Come nel paper di Bugamelli, Linarello e Serafini, 2019 mi focalizzo sulle caratteristiche d’impresa che influenzano la capacità di commerciare con l’estero e controllo per le caratteristiche dei paesi di destinazione con gli effetti fissi . Questi effetti fissi sono inseriti in luogo dei controlli di dimensione economica e distanza geografica tradizionalmente adottati nei modelli gravitazionali. Non considero infatti la distanza tra la provincia di Bolzano e i paesi di destinazione perché tale dato avrebbe poco senso data la maggiore attrattività del mercato tedesco (più grande ma non confinante) rispetto a quelli svizzero e austriaco (più piccoli e confinanti); se si volesse considerare tale dato per questa analisi, potrebbe essere utile considerare la distanza calcolata a diversi punti (sulla base dell’effettiva posizione, sconosciuta, delle imprese partner) anziché rispetto a quello più vicino (di confine). Non considero neppure la contiguità tra i mercati dato l’interesse su tre paesi di cui, il principale, non confina con l’Italia (e quindi con l’Alto Adige).
[11] Come evidenziato da Horrace e Oaxaca, 2006, la probabilità di ottenere stime inconsistenti cresce all’aumentare delle probabilità predette al di fuori dall’intervallo unitario [0,1].
[12] In base alle stime del modello (4) della tabella 5, i valori predetti della probabilità di esportare hanno valori compresi tra -0.03 e 0.33, con media pari a 0.01. I valori predetti sono negativi per quasi la metà delle osservazioni, segnalando un possibile problema di avere stime inconsistenti. Non ci sono invece valori maggiori di 1. Come evidenziato da Horrace e Oaxaca, 2006, la probabilità di ottenere stime inconsistenti cresce all’aumentare delle probabilità predette al di fuori dall’intervallo unitario [0,1]. Nella sezione 7.2 dell’Appendice mostro che le stime sono robuste al problema evidenziato da Horrace e Oaxaca, 2006. Le stime puntuali sono confermate per i margini estensivi dell’export (passano da 5,3 p.p. a 5,2 p.p.) e risultano conservative per i margini estensivi dell’import (23,4 p.p., da 16,5 p.p.).
[13] Le stime indicano anche un effetto negativo sulle esportazioni verso il resto del mondo. Tuttavia, se da un lato le stime replicate con l’arcoseno iperbolico del valore dell’export (che, come detto, permettono di includere nell’analisi anche i paesi con cui le imprese non commerciano in un dato anno) confermano la presenza di un ampio effetto positivo verso i paesi di lingua tedesca, l’effetto negativo sulle vendite verso gli altri mercati non trova conferma (pur statisticamente significativo, è sostanzialmente nullo; tab. 12).
[14] Come detto per le esportazioni, il modello lineare di probabilità può dare luogo a valori predetti fuori dall’intervallo unitario. Infatti il valore della probabilità predetto sulla base dei parametri stimati nel modello 4 della tabella 8 è negativo per quasi la metà del campione; non ci sono valori maggiori di 1. Il valore predetto è compreso tra -0,12 e 0,53, con una media di 0,01. In Appendice (Sezione 7) presento evidenza che conferma la validità del segno e dell’entità delle stime presentate nel paper che risultano, al più, conservative.
[15] Questo non sorprende, dato il numero modesto di paesi AGS (tre) e l’elevato numero di paesi AGS da cui le imprese importano (la mediana è pari a 2; la media è 1, generalmente riferito alla Germania).
[16] Come per le esportazioni le stime basate sulla trasformazione logaritmica indicano un effetto negativo sul commercio con i paesi di lingua non tedesca. Tuttavia, come per le esportazioni, le stime replicate sull’arcoseno iperbolico delle importazioni – se da un lato confermano l’effetto positivo per quanto riguarda Germania, Austria e Svizzera – non indicano un effetto negativo apprezzabile per gli altri paesi (tab. 13).
[17] Questa parte di analisi fa ricorso ai dati utilizzati nel lavoro di Accetturo, Linarello e Petrella, 2017 in cui la complessità dei prodotti secondo la classificazione di Rauch, 1999 era stata tradotta a livello di settore di attività economica per la sola manifattura.
[18] L’indice può assumere valori compresi tra 0 e 1; la mediana nel campione è superiore a 0,9. In questo esercizio confronto i settori con indice superiore a 0,9 con quelli con indice inferiore a tale soglia.
[19] L’informazione sulla collocazione geografica delle altre imprese appartenenti al gruppo è disponibile per una quota limitata di imprese e pertanto l’analisi non è stata approfondita ulteriormente.