Povertà relativa e risultati scolastici
Come mostra l’ultimo rapporto Invalsi (2021), la pandemia da coronavirus, rendendo necessaria la didattica a distanza, ha avuto un effetto negativo sull’apprendimento degli studenti. Si è verificato un calo generalizzato delle competenze scolastiche, mentre i divari, già molto ampi, tra Nord e Sud sono cresciuti. Nelle regioni meridionali, il 50-60% degli studenti dell’ultimo anno delle scuole superiori non ha raggiunto la soglia minima di competenze in italiano; una quota che sale al 70% nelle prove di matematica. Nelle regioni settentrionali, le quote variano tra il 35-40% per la matematica e raggiungono il 50% in quelle del Centro Italia.
Sebbene aggravati dalla pandemia, i divari tra Nord e Sud sono strutturali. Per esempio, nei test in matematica Ocse-PISA 2018, il risultato medio degli studenti del Nord (515 punti) è stato simile a quello della Svizzera, ai primi posti nella graduatoria internazionale, mentre nel Sud Italia (445 punti) analogo a quello della regione Karagandi, in Kazakistan. Da cosa dipendono questi così ampi divari?
In Italia, come in altre nazioni, i punteggi medi nei test scolastici sono in relazione col livello di sviluppo economico delle regioni. Maggiore il livello di sviluppo, misurato dal reddito pro capite, mediamente più elevati i risultati ottenuti dagli studenti nei test sulle competenze. Come mostro in un recente articolo pubblicato sulla rivista Intelligence (qui il preprint) c’è, però, un’altra variabile che, più del reddito pro capite (che, ricordiamo, è una media) ha un forte legame con i punteggi scolastici regionali: si tratta della povertà relativa.
Questa misura di povertà è detta relativa perché è data dalla percentuale di famiglie il cui reddito è inferiore al 50% di quello mediano. Per tale ragione, oltre a essere una misura di deprivazione, la povertà relativa è anche una misura di disuguaglianza nella distribuzione del reddito.
Come mostra la Figura 1, tra le regioni italiane si osserva una forte relazione tra i livelli di povertà relativa e i risultati degli studenti nei test in matematica (PISA 2012). I punteggi nei test sono, infatti, mediamente più bassi nelle regioni meridionali, in cui l’incidenza della povertà è maggiore. È importante osservare che i punteggi nei test sono calcolati per tener conto dello status socioeconomico e culturale delle famiglie degli studenti. Ciò significa che le differenze Nord-Sud nelle competenze non dipendono solo dal retroterra familiare degli studenti, ma anche da altri fattori.
Questa forte relazione tra povertà relativa e competenze scolastiche si riscontra anche quando si considerano altre rilevazioni, come quella PISA 2018 e quella Invalsi (V classe della scuola secondaria). Inoltre, la relazione si osserva anche tra le regioni della Spagna, dell’Australia e di altre nazioni.
Le cause dei divari
I fattori che influenzano il rendimento scolastico sono numerosi. Le differenze individuali (cioè tra i singoli studenti) sono spiegate sia da fattori genetici, sia ambientali. Tra questi ultimi, la condizione socioeconomica delle famiglie ha un ruolo fondamentale. Com’è intuibile, gli studenti provenienti da famiglie povere e con basso livello d’istruzione ottengono, mediamente, risultati inferiori a quelli dei loro compagni le cui famiglie hanno uno status socioeconomico più elevato. Il rendimento è influenzato, però, non solo dal contesto familiare, ma anche da quello extra-familiare, cioè sociale e culturale, in cui gli studenti, sin dall’infanzia, vivono.
Nelle scuole situate nei quartieri più poveri e svantaggiati, gli studenti ottengono risultati mediamente inferiori a quelli dei loro pari che frequentano le scuole dei quartieri più ricchi. Come è intuibile, la qualità delle scuole è inestricabilmente connessa alla condizione sociale ed economica degli studenti che le frequentano e, di conseguenza, a quella del contesto territoriale in cui si trovano.
Già nel 1966, il sociologo James Coleman, in un noto studio riguardante gli Stati Uniti (il Rapporto Coleman) evidenziò come, per il rendimento scolastico, l’importanza del retroterra familiare degli studenti e delle condizioni socioeconomiche fosse di gran lunga maggiore rispetto alle risorse finanziarie e materiali a disposizione degli istituti scolastici. Sottolineava, invece, l’importanza della qualità degli insegnanti.
Ma torniamo alle differenze regionali nei punteggi nei test scolastici. Alcuni studiosi, tra cui Richard Lynn, sostengono che queste differenze sarebbero, in parte, dovute a fattori genetici. Secondo questa tesi, nel Sud Italia il quoziente d’intelligenza (QI) medio sarebbe inferiore a quello del Nord e ciò contribuirebbe a spiegare i più bassi risultati scolastici. Una tesi non supportata da solide basi scientifiche. È, invece, ragionevole che, analogamente a quanto accade tra scuole situate in aree diverse, le differenze regionali nelle competenze scolastiche riflettano sottostanti diseguaglianze socioeconomiche, di cui la povertà relativa è un indicatore. Una società disuguale tende a produrre esiti disuguali anche nell’istruzione.
Una riflessione conclusiva. Data l’importanza dei fattori sociali ed economici, per ridurre i divari nelle competenze tra individui e territori non basta intervenire sulle risorse scolastiche o sui curricula. È necessario anche ridurre le disuguaglianze sociali che ne sono alla base.
I divari nelle competenze scolastiche non sono solo sintomo di iniquità, di disuguali opportunità. Rappresentano anche un’insidia, perché sono una delle modalità attraverso le quali povertà e disuguaglianza si trasmettono tra le generazioni.