All’interno del rinvigorito dibattito sulle fusioni tra i comuni, un aspetto che cattura molto l’attenzione degli osservatori è di “capire” quanto sia efficace la spesa comunale in termini di servizi offerti ai residenti. Un modo per avere informazioni di sintesi su questa dimensione delle attività comunali è di fare riferimento a due indicatori elaborati dall’istituto Sose. Si tratta della differenza esistente tra la spesa storica e i fabbisogni standard e della differenza tra i servizi effettivi e quelli standard. Sebbene queste due variabili siano utilizzabili per ricavare un indicatore globale di performance della capacità di soddisfare la domanda di servizi, è utile anche proporne una lettura senza procedere ad alcuna aggregazione. In tal caso, la discussione si arricchisce dall’analisi del posizionamento di ciascun comune in uno dei quattro casi ammissibili: (i) spende poco e offre poco (ii) spende poco e offre molto (iii) spende molto e offre molto (iv) spende molto e offre poco. In questo contributo si descrivono i dati dei comuni calabresi e si discute sulla ragionevolezza delle implicazioni derivanti dall’uso di queste informazioni.
Le variabili E’ utile definire, innanzitutto, le variabili elementari utilizzate nella discussione. La prima definizione riguarda il costo storico che è il valore della spesa corrente per ciascun servizio impegnata nell’ultimo bilancio dell’ente. Fino all’approvazione della legge n.42/2009 i trasferimenti statali agli enti locali dipendevano dal costo storico, che in seguito è stato sostituito dal costo standard. I fabbisogni standard rappresentano le reali necessità finanziarie di un ente locale in base alle sue caratteristiche territoriali e agli aspetti socio-demografici della popolazione residente. Si tratta di un indicatore del fabbisogno finanziario necessario affinché le prestazioni di servizi erogate dai comuni siano ad un livello quali-quantitavo accettabile[1]. I servizi dei comuni per i quali è stato calcolato il fabbisogno standard sono i seguenti: ufficio tributi, ufficio tecnico, anagrafe, servizi generali (organi istituzionali e amministrazione), viabilità, trasporto pubblico locale, verde pubblico, gestione dei rifiuti, servizi sociali, asili nido, polizia locale, istruzione pubblica. Da questo insieme di servizi, si calcola anche il livello standard di ogni comune, che è pari alla quantità di servizi mediamente offerta dagli enti con caratteristiche simili in relazione a ciascuna funzione. Per ogni comune, quindi, il livello di servizi effettivamente erogato, può essere superiore o inferiore allo standard.
Come leggere i dati La figura 1 riporta i dati di 399 comuni calabresi[2]. Sull’asse orizzontale è riportato il livello dei servizi, mentre il livello della spesa è sull’asse verticale. Ogni punto della nube rappresenta un comune. L’analisi del grafico evidenza due risultati. Il primo è legato alla pendenza positiva della retta che interpola i dati, il che indica che incrementi del livello dei servizi sono, in media, associati ad incrementi del livello della spesa (se offri di più, spendi di più). Il secondo elemento deriva dalla dispersione dei punti nel piano, che per facilità di consultazione è suddiviso in 4 quadranti. Il I quadrante in alto a destra include i comuni che hanno livelli di servizi superiori allo standard e livelli di spesa maggiori del fabbisogno standard (cosiddetto quadrante “sopra livello”). Nel II quadrante in basso a destra ricadono i comuni con livelli positivi del livello di servizi e valori negativi del livello di spesa. Questi comuni sono denominati “virtuosi”, perché, evidentemente, offrono di più e spendono di meno del livello standard. Il III quadrante in basso a sinistra è per i comuni “sotto livello”, così classificati perché offrono di meno e spendono di meno dello standard. Infine, al IV quadrante in alto a sinistra appartengono i comuni “non virtuosi”, ossia quelli per cui si osservano valori negativi del livello di servizi e valori positivi del livello di spesa.
Dove si posizionano i comuni calabresi La distribuzione dei punti/comuni nel piano mostra come il gruppo a maggiore frequenza sia il III quadrante. Ben 258 comuni(63% del totale) sono classificabili “sotto livello”: in 2/3 dei comuni calabresi l’offerta di servizi e la spesa effettiva sono inferiori alle soglie standard. Poiché i 258 comuni “sotto livello” hanno una dimensione media di circa 39 km2, essi assorbono il 67% del territorio regionale. La popolazione media è di 4937 residenti per ciascun comune “sotto livello” e, pertanto, si ha che il 64% della popolazione calabrese vive in spazi in cui gli enti di maggiore prossimità spendono poco e offrono servizi in misura inferiore agli standard. All’estremo opposto, 21 comuni sono “sopra livello” (I quadrante). Inoltre, in 94 municipalità calabresi, ossia ¼ del totale, si offrono pochi servizi e si spende di più dello standard (il IV quadrante dei comuni cosiddetti non virtuosi). Infine, solo 26 comuni mostrano un potenziale comportamento virtuoso (II quadrante), in quanto offrono più servizi e spendono meno dello standard.
La concentrazione di comuni nel III quadrante sembra essere una specificità della Calabria: in Italia i comuni “sotto livello” sono 2262, equivalenti al 33% dei 6700 comuni del campione Sose. Per i temi che interessano il governo degli enti locali, è interessante verificare anche il posizionamento dei piccoli comuni calabresi. Per brevità espositiva, definiamo piccolo un comune con una popolazione inferiore a 5000 residenti (in rosso nella figura 2). L’evidenza che emerge con estrema chiarezza è che ben 195 dei 324 piccoli comuni calabresi ricadono nel gruppo dei comuni con bassi servizi e bassa spesa (sotto livello). Inoltre, la presenza delle piccole municipalità è maggiore anche negli altri gruppi (da notare come nel gruppo dei 26 comuni virtuosi, 20 siano piccoli).
Sintesi Questo contributo presenta una breve analisi descrittiva del livello di spesa e del livello dei servizi offerti nel 2013 dai comuni calabresi. Le considerazioni di sintesi che ne derivano sono due. In prima istanza è utile dire che in molti casi non è possibile utilizzare queste informazioni per esprimere valutazioni sull’efficienza che si registra dal lato dell’offerta di servizi. Per esempio, offrire di più del necessario a costi minori dello standard può essere utilizzato come un indicatore di buone pratiche amministrative. Tuttavia, non è possibile definire inefficiente il caso in cui la spesa maggiore dello standard è associata a un elevato livello di servizio: se offri di più del minimo spendendo di più, questo non è necessariamente un male. La seconda considerazione è legata all’elevata concentrazione di comuni che offrono servizi inferiori allo standard. Se una delle funzioni strategiche dei comuni è offrire servizi, l’evidenza empirica di questa nota mostra che i cittadini di almeno 352 su 409 comuni (258 “sotto il livello” e 94 “non virtuosi”) beneficiano di servizi al di sotto della norma. E’ un dato allarmante che incide pesantemente sulla qualità della vita dei calabresi.
[1] I fabbisogni standard esprimono il peso specifico di ogni ente locale e per ogni servizio, in termini di fabbisogno finanziario e sono sintetizzati in un coefficiente di riparto. Il valore monetario dei fabbisogni standard si ottiene moltiplicando il coefficiente di riparto per l’ammontare totale della spesa storica.
[2] I dati si riferiscono a 399 comuni perché in 10 casi non si ha il livello della spesa e il livello dei servizi (così come da estrazione dalla sezione Open Data del sito di Opencivitas effettuata in data 7 Aprile 2017). Si tratta dei seguenti 10 comuni Bianchi, Villapiana, Colosimi, Davoli, Diamante, Roccaforte del Greco, Roseto Capo Spulico, San Nicola Arcella, Sant’Alessio in Aspromonte, Simbario