Il presente saggio intende mostrare i risultati ottenuti dall’introduzione del sistema premiale nel Trasporto Pubblico Locale previsto nel caso in cui le regioni italiane raggiungano gli obiettivi di efficientamento e razionalizzazione. L’argomento è di notevole importanza. Infatti, l’efficienza del trasporto pubblico ha un impatto di estremo rilievo in termini sociali e sortisce importanti effetti anche sul piano dello sviluppo e della competitività dell’intera economia nazionale. Il maggiore contributo del lavoro è dovuto all’emergere dell’opportunità di un rinnovo del cosiddetto modello “misto”, in base al quale, a fronte di una quota di sussidio da erogare sulla base del criterio del costo storico e del fabbisogno storico e, dunque, indipendentemente dal raggiungimento di un qualsiasi obiettivo, è prevista una quota aggiuntiva la cui erogabilità è subordinata a parametri di efficienza ed efficacia. Questo consente infatti di avere un maggiore equità. Infine, viene evidenziata la necessità di avviare una ridefinizione del panel degli obiettivi da raggiungere per ottenere l’accesso alla “quota premiale”.
1. Introduzione
Il Trasporto Pubblico Locale (TPL)[1] è stato più volte oggetto di attenzione da parte del legislatore italiano (Della Porta e Gitto, 2013 pp.39-40) che, nell’apprezzabile proposito di contenere la contribuzione pubblica e rendere il settore più efficiente e produttivo (Liberati e Marcucci, 2003), ha proceduto, a partire dagli anni Ottanta, ad una sostanziale riforma organica del settore (Boitani e Cambini, 2002 pp.45-46) con un progressivo trasferimento delle competenze dallo Stato alle regioni (Busti, 2011 pp.25-28; Tuzi, 2016, 2020 pp.9-12).
Nell’intento di assicurare al settore TPL risorse adeguate e congrue in una rinnovata prospettiva di governance dei finanziamenti pubblici si è, invero, inizialmente proceduto all’istituzione di un Fondo nazionale ad hoc[2] ed alla contestuale introduzione di meccanismi di efficientamento con criteri individuati “sulla base della dimensione dei servizi effettuati […] nonché del progressivo conseguimento delle condizioni economiche di bilancio delle aziende”[3] del settore. E, se in un siffatto contesto il principio di sussidiarietà (per il solo decentramento di talune funzioni amministrative) è stato intersecato con il principio di statalizzazione (per la centralizzazione della governance delle risorse), una più completa attuazione del principio di sussidiarietà si è realizzata solo con la c.d. riforma Burlando[4]. Tale riforma, infatti, oltre a tutti i compiti e funzioni in materia di TPL[5], ha devoluto alle regioni ed agli enti locali anche l’autonomia delle risorse finanziarie[6] concernenti le funzioni amministrative con l’onere di costituire un fondo annuale destinato ai trasporti[7] anche se, non ha innovato in toto il settore ma ha consolidato il sistema precedentemente introdotto. Si tratta di un riordino della specifica normativa che, traendo origine dalla grave crisi economico-finanziaria generata dalla differenza tra costi e ricavi, dalle perdite subite dagli operatori del settore TPL nonché dal “progressivo calo delle quote di mercato del trasporto pubblico” (Boitani e Cambini, 2002b p.194), ha inteso procedere all’unificazione delle responsabilità finanziarie ed alla pianificazione dei servizi gestiti dalle regioni e dagli enti locali al fine di rendere più trasparenti e contenuti i costi del servizio offerto (Buzzo Margari e Piacenza, 2004 p.2) e di limitarne l’impatto sulla finanza pubblica. Nel nuovo assetto, in sostanza, le regioni sono state “pienamente responsabilizzate” (Della Porta e Gitto, 2013 p.42) e conseguentemente indotte ad un utilizzo più oculato e diligente di risorse proprie[8].
Tale impianto è stato emendato con la L. 228/2012 che, nel segnare il passo al sistema di governance regionale, da un lato ha restituito al governo centrale la competenza sulla gestione delle contribuzioni con la costituzione di un particolare Fondo per il concorso finanziario dello Stato agli oneri del trasporto pubblico locale, dall’altro ha riservato le funzioni amministrative di organizzazione e pianificazione dei servizi alla specifica pertinenza delle regioni[9]. Si tratta, dunque, di un modello “misto” che ha aperto la strada ad una ristrutturata gerenza statale caratterizzata da un inedito sistema premiale[10] per il quale una parte del Fondo è stato ripartito sulla base della spesa storica ed invariabile di ogni regione (90%), altra parte è stato alle stesse erogato subordinatamente al raggiungimento di specifici obiettivi (10%)[11].
Un siffatto modello, in verità, è stato percepito come un sistema “multante” sia dalle regioni che dagli enti locali. Essi, pertanto, ne hanno sollecitato una sostanziale revisione con l’attenuazione delle penalizzazioni[12] mediante nuovi e più accessibili obiettivi[13].
Va, per altro verso, rimarcato che, se i sussidi[14] pubblici nel settore TPL s’innestano de plano con funzioni di carattere sociale[15] (Van Goeverden et al., 2006 p.6), nemmeno possono essere trascurati gli obiettivi di efficientamento, siccome riconducibili – in via principale – alla riduzione della mobilità privata, dell’inquinamento ambientale e della congestione del traffico urbano (Ponti, 2016 p.5).
Nella sua funzione sociale il finanziamento pubblico è diretto a garantire, agli utenti, un adeguato, efficiente ed uniforme livello di accessibilità ai servizi di trasporto pubblico ed una loro fruibilità multiforme e diversificata. Esso, infatti, realizza obiettivi meramente redistributivi[16] “mediante erogazione di servizi sussidiati in kind” (Ponti, 2016 p.5) nonché attraverso l’istituzione ed il finanziamento di prestazioni che diversamente non si riuscirebbe a rendere disponibili (Marino, 2011 p.56). Né sfugge che, nel consentire di tenere basse le tariffe[17], i contributi statali si identificano come valido “strumento per perseguire l’equità attraverso una redistribuzione del reddito a determinati gruppi della popolazione” (Petruccelli et al., 2020 p.2; Iseki e Taylor, 2001).
Sotto il profilo più squisitamente economico (Marino, 2011 p.56) e/o dell’efficienza (Ponti, 2016 p.5) si osserva, in primis, che, se i contributi statali incarnano lo strumento per “compensare le perdite di benessere generate dal crescente squilibrio tra trasporto pubblico e trasporto privato” (Marino, 2011 p.56), essi generano anche una propensione alla riduzione dei costi agevolando il “riequilibrio del mercato dei trasporti distorto per effetto delle maggiori esternalità prodotte dal trasporto privato” (Petruccelli et al., 2020 p.2). L’erogazione del finanziamento pubblico, inoltre, nell’agevolare la riorganizzazione più ottimale dei servizi induce alla riduzione dei tempi di viaggio, dei consumi energetici e finanche “del costo medio raggiungibile con l’aumento della domanda in presenza di economie di scala” (Petruccelli et al., 2020 p.2).
Non meno importanti i riflessi che i sussidi statali riverberano sulla gestione del settore TPL (Buzzo Margari e Piacenza, 2004 p.2). Essi, infatti, tendono ad assicurare la continuità del servizio degli operatori (Ubbels et al., 2001 p.74) dal momento che “le tariffe adottate […] non possono consentire alle imprese di ottenere il pareggio tra costi e ricavi”[18].
Particolare attenzione va riservato al sistema di sovvenzione del settore TPL (Petruccelli et al., 2020 p.1-2), da un lato connotato dalla provenienza delle risorse[19], dal criterio[20] e dai vincoli[21] di quantificazione del sussidio, dall’altro caratterizzato dall’oggetto, dall’obiettivo e dalle finalità del sussidio[22], nonché dal settore operativo sussidiato[23] e dal beneficiario diretto del sussidio[24]. Con riguardo all’obiettivo del sussidio, diversamente da altri Paesi in cui il sostegno al TPL è per lo più orientato alla domanda, in Italia esso è propeso all’offerta del servizio (Corona, 2013 pp.5-6), cioè alla quantità del servizio erogato[25] che, attualmente, segue il criterio fisso, riferito cioè a dati storici.
Sennonché, proprio con riferimento al meccanismo di quantificazione del sussidio alle regioni, il presente lavoro vuole essere un contributo per individuare il “modello” più idoneo da utilizzare nella ripartizione dei finanziamenti statali riservati al settore TPL, sia nell’ottica dell’efficientamento e della migliore razionalizzazione delle risorse nell’ambito della gestione, sia al fine dell’ottimizzazione dei servizi e della conquista degli obiettivi sociali, economici ed ambientali.
2. Il sistema premiale nel Trasporto Pubblico Locale tra obiettivi di efficientamento e di razionalizzazione
Con l’introduzione del sistema premiale nel settore TPL[26] si è avviata una fase gestionale indirizzata verso l’efficientamento e alla revisione dei relativi gap territoriali per convogliare il settore nel perimetro di una maggiore sostenibilità economico-finanziaria (Spirito, 2013) e ridurne il divario tra le stesse regioni e la realtà dei Paesi europei (Della Porta, 2013 pp.44-46). Si tratta di un sistema di finanziamento pubblico subordinato, sebbene in parte, alla valutazione di un panel di obiettivi economici e di misure di razionalizzazione dei servizi nell’obiettivo di stimolare le regioni e gli enti locali a migliorare la programmazione, ad ottimizzare la gestione[27], a garantire “l’equilibro economico” e “l’appropriatezza” delle scelte operate e, per l’effetto, ad “avere completo accesso al fondo”[28]. Né tali obiettivi possono essere avulsi dalla prospettiva di un’offerta più “idonea” ed “efficiente” che, per soddisfare al meglio la domanda di trasporto pubblico, da un lato auspica un incremento qualitativo e quantitativo dei servizi a domanda elevata e del rapporto tra ricavi da traffico e costi operativi, dall’altro segue l’ineludibile percorso di una progressiva riduzione dei servizi offerti in eccesso e di una ridefinizione dei livelli occupazionali[29].
Nell’anzidetto sistema di finanziamento, il Fondo Nazionale Trasporti appositamente istituito è stato ripartito tra le regioni per il 90% sulla base delle percentuali storiche di riferimento e per il residuo 10% in considerazione della valutazione degli indicati parametri premiali[30], parametri correlati a criteri meramente quantitativi, respingendosi qualsiasi valutazione discrezionale[31]. In particolare, se la realizzazione degli obiettivi produttivi è stata conformata all’incremento annuale del load factor[32] correlato – nel primo triennio di applicazione – alla crescita del 2,5% del numero dei passeggeri trasportati su base regionale[33], che impatta per il 3%[34] sulla quota subordinata delle risorse, il soddisfacimento dell’obiettivo economico è stato relazionato al potenziamento annuale del rapporto tra i ricavi da traffico e costi operativi, calcolato su base regionale, “di almeno lo 0,03 per rapporti di partenza inferiori o uguali allo 0,20 ovvero 0,02 per rapporti di partenza superiori allo 0,20 fino alla concorrenza del rapporto dello 0,35, ovvero attraverso il mantenimento o l’incremento del medesimo rapporto per rapporti superiori”[35]. Si tratta, in sostanza, del conseguimento del progressivo incremento del rapporto tra ricavi e costi che impatta per il 6%[36] sulla quota subordinata delle risorse. Va, a tal proposito, precisato che l’indicatore economico del rapporto ricavi tariffari/costi operativi (con valore di riferimento fissato al 35%) era già stato indicato dal legislatore[37] come misura di riferimento per stimare l’efficacia e l’efficienza degli operatori del settore TPL proprio al fine di spronare le aziende a minimizzare i costi ed incrementare il numero dei passeggeri trasportati influendo sui ricavi operativi (Cassa Depositi e Prestiti, 2013 pp.38-41).
Per ciò che riguarda la ridefinizione di livelli occupazionali più “appropriati” emerge l’assenza di specifiche indicazioni da parte del legislatore che si è limitato ad enunciarne i presupposti generici correlati “al mantenimento o (al)l’incremento dei livelli occupazionali di settore, ovvero […] (al) la riduzione degli stessi attuata con il blocco del turn over […] e/o con processi di mobilità”[38], nell’impatto dell’1%[39] sulla quota subordinata delle risorse.
Particolare attenzione va, infine, riservata alla previsione di idonei strumenti di monitoraggio e di verifica[40] quale obiettivo di indirizzo previsionale-organizzativo verosimilmente diretto agli organi centrali delegati al monitoraggio e al controllo delle performance regionali. L’idoneità di tali strumenti è da correlarsi all’adeguatezza della trasmissione, da parte degli operatori del settore, dei dati utili per la valutazione degli obiettivi all’Osservatorio per il trasporto pubblico locale e alle regioni[41].
Ciò detto, se l’accesso alla quota variabile del Fondo è strettamente legato al raggiungimento di tutti gli obiettivi, qualora essi siano dalla regione raggiunti solo in parte alla stessa “è assegnata parte della quota”[42] del 10% delle risorse subordinate.
Ciascun obiettivo, il relativo criterio di valutazione e il peso sulla quota delle risorse subordinata del Fondo Nazionale Trasporti – in vigore negli anni dal 2013 al 2016 – vengono riepilogati nella tabella 1) che segue.
Dalla tabella 1) emerge che, dei quattro obiettivi, solo tre [cfr. colonna A), lett. a e c), b), d] influiscono sulla quota subordinata del Fondo, mentre l’ultimo obiettivo [lett. e] enuncia solo l’attività di ricezione dei dati da parte del preposto Osservatorio.
3. I primi risultati del sistema premiale
La tempestiva applicazione del sistema premiale a modello misto è stato ostacolato da sospensioni e rinvii verosimilmente attribuibili alle interposte resistenze regionali e settoriali. Infatti, nonostante la disciplina sul sistema premiale sia entrata in vigore nel 2013 se ne riscontra concreta attuazione solo nel biennio 2015-2016 giacché, se per l’anno di emanazione della normativa gli obiettivi sono stati ritenuti assolti mediante l’adozione (da parte delle regioni) di un generico piano di riprogrammazione dei servizi[43], per il 2014 sono stati considerati raggiunti ope legis nella contestuale previsione di una ripartizione del Fondo tra le regioni “basata sull’intesa raggiunta in Conferenza Unificata del 5 agosto 2014” (Camera deputati, 2022a).
Per converso, nel primo anno di applicazione del regime premiale (2015), le regioni (a statuto ordinario) che hanno raggiunto tutti gli obiettivi con il conseguente accesso all’integrale quota subordinata delle risorse del Fondo sono stati nove, le restanti sei regioni hanno raggiunto, infatti, solo parzialmente gli obiettivi subendo una contrazione della quota delle risorse erogata a loro favore.
I risultati della verifica per ciascuna regione vengono riepilogati nella tabella 2) che segue.
Dalla tabella si evince che le regioni “virtuose” sono prevalentemente localizzate nel nord Italia (Emilia Romagna, Liguria, Lombardia, Piemonte e Veneto), tre nel centro (Lazio, Toscana e Umbria) ed una nel sud (Basilicata). Le altre regioni sono ubicate in maggioranza nel centro-sud Italia (Abruzzo, Basilicata, Campania, Marche, Molise e Puglia). Per queste ultime l’omesso raggiungimento degli obiettivi ha comportato una decurtazione delle risorse di € 75,48 milioni[44], pari al 15,3% della quota delle risorse subordinata del Fondo per il 2015[45] (Camera Deputati, 2022a).
Nel secondo anno di applicazione del sistema premiale a modello misto il numero delle regioni che hanno conseguito tutti gli obiettivi (otto) è diminuito con un incremento di quelle meno performanti (sette).
I risultati della verifica per ciascuna regione del 2016 vengono riepilogati nella tabella 3) che segue.
Nel 2016 il numero delle regioni che hanno raggiunto tutti gli obiettivi è diminuito (otto su quindici) nella conferma di tutte le regioni localizzate nel nord Italia (Emilia Romagna, Liguria, Lombardia, Piemonte e Veneto), di due regioni situate nel centro (Toscana e Umbria), nonché, di una regione del sud (Puglia). Le altre regioni sono ubicate, per lo più, nel sud Italia (Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania e Molise) mentre tre sono del centro (Lazio, Marche e Umbria). Il difettato raggiungimento degli obiettivi ha comportato un aumento della decurtazione delle risorse di € 105,20 milioni, alzando anche la soglia al 21,7% della quota delle risorse subordinata del Fondo per il 2016[46] (Camera deputati, 2022a).
L’analisi dei risultati del biennio 2015-2016 rispetto al conseguimento degli obiettivi fa emergere, invero, un peggioramento delle performance regionali sia per quanto concerne l’obiettivo dell’incremento annuale dei passeggeri che per il progressivo incremento del rapporto tra ricavi tariffari e costi operativi, mentre l’obiettivo sui livelli occupazionali adeguati è stato (ritenuto) soddisfatto da tutte le regioni.
Gli esiti vengono riassunti nella tabella 4) che segue.
Nel biennio di riferimento raddoppiano le regioni che stentano a raggiungere l’indicato incremento annuale dei passeggeri (passando dal 13,3% del 2015 al 26,7% nel 2016) ed aumentano, sebbene in misura inferiore, le regioni che non soddisfano l’obiettivo del progressivo incremento del rapporto tra ricavi tariffari e costi operativi (passando dal 33,3% del 2015 al 40,0% nel 2016). Inoltre si evince la difficoltà delle regioni deficitarie nel primo anno a qualificarsi come “virtuose” nell’anno successivo. Infatti, nel 2016 cinque regioni (Basilicata, Calabria, Lazio, Molise e Umbria) peggiorano le loro performance rispetto al 2015, mentre solo una regione (Puglia) raggiunge tutti gli obiettivi e un’altra (Campania) migliora i risultati ma non accede integralmente al Fondo. Inoltre, due regioni (Abruzzo e Marche) confermano la loro inidoneità a migliorare la performance confermando lo stesso insufficiente risultato in entrambi gli anni. Le altre sei regioni (Emilia Romagna, Liguria, Lombardia, Piemonte, Toscana e Veneto) rafforzano la loro posizione raggiungendo tutti gli obiettivi di efficientamento. Gli effetti del mancato raggiungimento di tutti gli obiettivi da parte di alcune regioni hanno inciso sensibilmente sulla quota delle risorse “variabili” del Fondo statale con minori trasferimenti alle regioni per complessivi €180,68 milioni, di cui €75,48 milioni per il 2015 ed €105,20 milioni per il 2016.
4. L’attenuazione delle misure premiali a seguito della Conferenza Stato-Regioni
Dopo il primo anno di vigenza del regime premiale la Conferenza Stato-Regioni si è pronunciata sull’esigenza di una sostanziale revisione degli indicatori di efficientamento attraverso un temperamento dei principi di penalizzazione. Tale determinazione è emersa nella necessità di non danneggiare talune regioni che, nonostante gli apprezzabili risultati, avrebbero altrimenti avuto minori trasferimenti con un’inevitabile influenza negativa sullo stesso efficientamento e “con esso (sul)la regolarità e (sul)la continuità dei servizi” (Conferenza Regioni, 2016a, 2016b).
La mitigazione dei nuovi criteri ha, tuttavia, riguardato solo taluni obiettivi, ed in particolare, quelli concernenti la razionalizzazione dei servizi e l’efficienza economica. Si tratta, invero, di traguardi direttamente connessi all’incremento della domanda di mobilità e al rapporto ricavi/costi sì che, se il soddisfacimento degli obiettivi produttivi finalizzati a conseguire un’offerta di servizio più idonea, più efficiente ed economica[47] e una razionalizzazione dei servizi offerti in relazione alla domanda di mobilità[48], sono stati collegati all’incremento annuale del load factor, essi sono stati ritenuti raggiunti “se il rapporto è incrementato rispetto al valore dell’anno precedente oppure se è incrementato rispetto al valore della media dei tre anni precedenti”[49].
L’emendato parametro, pertanto, è stato anch’esso commisurato all’incremento annuale del load factor ma con un intervallo temporale più ampio (che si estende anche al triennio precedente) e senza uno specifico standard incrementale.
Il legislatore ha previsto, inoltre, che il soddisfacimento dell’obiettivo economico finalizzato a conseguire il progressivo incremento del rapporto tra ricavi tariffari e costi operativi[50] “è verificato attraverso l’incremento, su base annua, rispetto all’anno precedente, del rapporto calcolato su base regionale tra ricavi da traffico […] e costi operativi […] di almeno lo 0,015 per rapporti di partenza inferiore o uguali allo 0,20 ovvero 0,01 per rapporti di partenza superiore allo 0,20 fino alla concorrenza del rapporto dello 0,35. L’obiettivo […] si intende raggiunto se l’incremento previsto è raggiunto rispetto all’anno precedente ovvero rispetto alla media dei tre anni precedenti”[51].
I nuovi parametri del rapporto ricavi/costi risultano, dunque, dimezzati rispetto alle precedenti misure e con un intervallo temporale di verifica più ampio (triennio precedente).
Si aggiunga che, se il legislatore ha confermato la misura degli altri obiettivi (livelli occupazionali appropriati e strumenti di verifica e monitoraggio) e le percentuali di incidenza degli obiettivi sulla quota delle risorse subordinate, la nuova disciplina ha introdotto una “clausola di sospensione” del sistema premiale per le “regioni che hanno subito eventi calamitosi per i quali sia stato dichiarato lo stato di emergenza”[52] a valere per l’anno in cui l’evento si è verificato e per l’anno successivo. L’accesso alla quota subordinata del Fondo, al pari della originaria prescrizione, è consentito anche parzialmente e con riferimento alla quota delle risorse sugli obiettivi conseguiti.
I nuovi criteri di valutazione e le relative misure sulla quota delle risorse subordinata del Fondo statale vengono riassunti nella tabella 5) che segue.
Dalla tabella 5) si evince, al pari dei dati della Tabella 1), che dei quattro obiettivi, solo tre [cfr. colonna a), lett. a e c), b), d] operano sulla quota subordinata del Fondo, mentre l’ultimo obiettivo [lett. e] enuncia solo una mera attività amministrativa di acquisizione dei dati dai preposti organi. I criteri di accesso al Fondo (cfr. colonna B’) risultano mitigati, rispetto alla originaria prescrizione, prevedendo (solo un indefinito) incremento del load factor per il raggiungimento dell’obiettivo sulla razionalizzazione dei servizi [cfr. punto 1), lett. a e c), colonna A’], ed il dimezzamento dell’incremento del rapporto ricavi/costi per il soddisfacimento dell’obiettivo di efficientamento economico [cfr. puto 2), lett. b), colonna A’]. Sono confermati sia il parametro del criterio sui livelli occupazionali sia l’attribuzione all’Osservatorio nazionale sulle politiche del trasporto pubblico locale il TPL il compito di ricezione e verifica dei dati.
5. Aggiornamento dei criteri di valutazione e ridefinizione degli indici di accesso al Fondo nazionale
All’indomani dell’esperienza biennale del sistema premiale, il legislatore ha di fatto ridisegnato gli obiettivi ed i criteri di valutazione[53], sia attraverso la previsione di ulteriori criteri di efficientamento per l’accesso alla quota “variabile” del Fondo (rispetto ai precedenti tre criteri), sia mediante l’innalzamento della soglia della quota variabile, anche se l’entrata in vigore della disciplina è stata rinviata[54] a causa dell’emergenza sanitaria da Covid-19.
Il primo criterio introdotto dalla normativa emanata ha riguardato la “suddivisione tra le regioni di una quota pari al dieci per cento dell’importo del Fondo sulla base dei proventi complessivi da traffico e dell’incremento dei medesimi registrato […] tra l’anno 2014 e l’anno di riferimento” con previsione per gli anni a venire dell’incremento della quota nella misura del “cinque per cento dell’importo del Fondo per ciascun anno fino a raggiungere il venti per cento dell’importo del predetto Fondo”[55].
Trattandosi, dunque, di un criterio che incide sulla quota subordinata del 10% del Fondo (nell’anno base=2020), con un aumento fino al 20% determinato da incrementi progressivi annuali del 5%, si assiste ad una mitigazione dell’originario coefficiente economico del rapporto tra i ricavi tariffari e i costi operativi. Esso, infatti, è correlato solo ad una delle due variabili economiche e la misura della sua variazione (delta) è calcolata mediante comparazione tra dati temporalmente assai distanti, vale a dire tra l’anno di analisi e l’anno di riferimento (anno base=2014). Né la misura della sua variazione (delta) è indicizzata alla rivalutazione monetaria in ragione del tasso inflattivo.
Il secondo criterio concerne l’individuazione dei costi standard sulla base del quale erogare le risorse agli operatori. Si tratta di un parametro che influisce sull’accesso al Fondo per “una quota pari, per il primo anno, al dieci per cento”, nella previsione di un suo incremento negli anni successivi di un valore pari al “cinque per cento dell’importo del Fondo per ciascun anno fino a raggiungere il venti per cento dell’importo del predetto Fondo”[56]. La definizione del costo economico standardizzato nel settore, già in passato dalla legge considerato[57], stabilisce gli esatti confini della determinazione dell’importo a base di gara nelle procedure competitive di affidamento del servizio (ex multis, Avenali e Matteucci, 2018; Borgonovi, 2012; Guarini, 2012; Lepore et al., 2012; Petruccelli e Fabrizio, 2008).
Oltre ai predetti criteri il legislatore ha previsto, per l’accesso al Fondo, la necessità di stabilire l’affidamento dei servizi di trasporto attraverso la procedura di evidenza pubblica pena la “riduzione in ciascun anno delle risorse del Fondo… qualora i servizi… non risultino affidati”[58] con siffatte procedure con un decremento del Fondo “pari al quindici per cento del valore dei corrispettivi dei contratti di servizio non affidati”[59], con esclusione dei “contratti di servizio affidati in conformità alle disposizioni, anche transitorie, di cui al regolamento (CE) n. 1370/2007”[60]. Si tratta, in sostanza, del necessario utilizzo delle procedure competitive ai fini dell’affidamento dei servizi di trasporto pubblico, in linea con le prescrizioni comunitarie. Il processo di liberalizzazione si qualifica, del resto, come elemento strumentale alla libera concorrenza dei mercati[61], tradizionalmente caratterizzati dall’esistenza di monopoli anche nell’ambito del trasporto pubblico (ex multis, Albano et al., 2014; Alderighi e Sparacino, 2008; D’Amico e Palumbo, 2008; Cambini e Buzzo Margari, 2005; Cambini e Galleano, 2005; Cangiano, 2005; Cambini e Boitani, 2004; Cambini, 2003).
Per quanto concerne i criteri di razionalizzazione dei servizi il novellato disposto ha pure previsto l’esigenza di una loro definizione di livelli adeguati[62], sia attraverso idonee azioni sul “raggiungimento di obiettivi di soddisfazione della domanda di mobilità”, sia mediante progetti di ottimizzazione tesi a garantire “l’eliminazione di duplicazioni di servizi sulle stesse direttrici” [63]. Si tratta di promuovere “soluzioni innovative e di minor costo per fornire servizi di mobilità nelle aree a domanda debole, quali scelte di sostituzione modale” attraverso la “riprogrammazione dei servizi”[64].
Non meno importante l’inserita clausola di salvaguardia per le regioni che non hanno raggiunto i preposti obiettivi nel rispetto del sistema premiale. A tale specifico riguardo, il legislatore ha comunque inteso garantire loro l’accesso al Fondo con “una riduzione annua maggiore del cinque per cento rispetto alla quota attribuita nell’anno precedente” considerato che “ nel primo quadriennio […] il riparto non può determinare per ciascuna regione una riduzione annua maggiore del 10 per cento rispetto alle risorse trasferite nel 2015”[65].
I nuovi criteri di valutazione previsti dal D.L. 50/2017 e le relative misure sul Fondo statale vengono riepilogati nella tabella 6) che segue.
Dalla tabella 6) si evince che l’obiettivo economico è riferito al progressivo incremento dei ricavi tariffari (cfr. lett. a), colonna A’’). Gli altri obiettivi (cfr. lett. b e d) si limitano a promuovere il processo di liberalizzazione del settore. Relativamente all’obiettivo di razionalizzazione del servizio (cfr. lett. c) emerge come esso sia raggiunto attraverso l’esplicitazione dei livelli adeguati con un originale parametro, rispetto al passato, sull’accesso alla quota “maggioritaria e stabile” del Fondo, non più definita in misura fissa o sulla base dei criteri storici. Inoltre tutti gli obiettivi sono ancorati, qualora non fossero interamente o parzialmente realizzati, alla disposizione di salvaguardia (cfr. lett. e).
6. Il Trasporto Pubblico Locale tra efficientamento e misure di premialità: il parere della Commissione di studio
La questione del miglioramento della economicità, della redditività e della qualità del servizio di trasporto pubblico locale (Liberati e Marcucci, 2003) è stata attentamente vagliata dalla Commissione di studio ministeriale sul TPL[66] (Commissione, 2021 p.3) istituita allo scopo di ottimizzare le gestioni esistenti e favorirne l’evoluzione tecnologico-digitale.
Al costituito organismo è stato, da un lato, affidato l’oneroso compito di promuovere l’efficientamento e la razionalizzazione del settore attraverso lo sviluppo di “un modello di mobilità as a service [MaaS]” e di “un sistema telematico di tempestiva analisi dei flussi di domanda”, dall’altro è stato assegnato l’onere di definire omogenei criteri di ripartizione dei contributi statali e addivenire ad una definizione del quadro normativo degli aspetti economico-finanziari, anche in vista della realizzazione del federalismo fiscale (Commissione, 2021 p.5).
La Commissione si è, a tal uopo, soffermata su “alcuni obiettivi di sviluppo ai quali dovrebbe essere orientata l’azione di governo del settore”, tra cui la “qualità del servizio, la sostenibilità, l’efficace organizzazione e il finanziamento” (Commissione, 2021 p.16). E, in un siffatto contesto, nel sottolineare l’importanza dello “sviluppo di piattaforme che assemblino tutte le modalità esistenti dal lato dell’offerta dei servizi di trasporto” e la profonda trasformazione degli assetti istituzionali, ha rimarcato l’esigenza di migliorare l’aspetto qualitativo dei servizi attraverso la realizzazione di “un sistema di informazione in tempo reale sui dati del servizio”, la digitalizzazione delle informazioni sulla domanda […] con opportuni interventi sulle frequenze e sulla tipologia dei mezzi”, l’identificazione e la “realizzazione di livelli essenziali di prestazione e la tutela delle categorie deboli e delle aree a domanda debole” nonché la predisposizione di un “efficace sistema di raccolta dei dati in tempo reale”, anche ai fini della “bigliettazione elettronica, dei sistemi di controllo e, soprattutto, quello dell’integrazione tra i diversi servizi e del MaaS” (Commissione, 2021 pp.11,15,17).
Per ciò che attiene all’obiettivo della sostenibilità, da valutare sia nel breve che nel medio e lungo termine, si è focalizzata l’attenzione sullo “spostamento di almeno il 10 per cento del traffico dalle auto private al trasporto pubblico” e sul “rinnovo della flotta degli autobus, con immissione di autobus a basso impatto ambientale” (Commissione, 2021 p.17). Si aggiunga la necessità di ridurre l’anzianità del parco circolante e la sua sostituzione con mezzi meno inquinanti, l’esigenza di preordinare specifiche infrastrutture dedicate alla mobilità elettrica e il bisogno di programmare l’implementazione dei servizi “nelle aree a domanda debole” nella “conservazione del patrimonio ferroviario storico” ed in complementarietà con “il servizio di TPL realizzato sulle stesse linee con servizi turistici” (Commissione, 2021 p.17).
Non meno importanti gli obiettivi inerenti all’organizzazione ed alla gestione del servizio con un ripensamento “dopo l’istituzione dell’Autorità di Regolazione dei trasporti (ART)… dell’assetto regolatorio provinciale di bacino” e l’accentramento della “regolazione del servizio (in relazione alla scelta delle forme gestionali, al controllo dell’attività, alla tutela dell’utenza, alla redditività delle gestioni a livello regionale” al fine di “dotare gli organi di regolazione regionali di maggiori poteri anche sanzionatori e di strutture e personale necessari per svolgere efficacemente i compiti attribuiti” (Commissione, 2021 p.18).
Ulteriori obiettivi sono stati connessi al superamento del regime di proroga di vecchi affidamenti ed all’introduzione della concorrenza con limitazione dei diritti esclusivi e la valutazione dei nuovi servizi di mobilità. Inoltre, se in ordine alla scelta delle forme gestionali “tutti i modelli disponibili – l’affidamento tramite gara, la società mista e l’in house providing – andrebbero posti sullo stesso piano valutandone l’adozione caso per caso in funzione dei risultati concreti che si vogliono perseguire”, è pure emersa la necessità di incentivare “l’aggregazione tra gli operatori” e di adottare “criteri che tengano conto dei contesti e dei tipi di servizio” a seconda della “dimensione dei bacini di utenza e dei lotti oggetto di affidamento” (Commissione, 2021 p.18).
Sotto il profilo dei finanziamenti gli obiettivi sui quali orientare l’azione governativa sono stati individuati nel sostanziale incremento del Fondo Nazionale Trasporti[67] con una ripartizione che, da un lato, tenga conto della difficoltà di un totale superamento del criterio della spesa pubblica e dall’altro consideri l’urgenza di “introdurre incentivi all’innovazione e all’efficienza della spesa”[68]. Si tratta di “depurare” i contributi storici attribuiti alle singole regioni dalle “inefficienze” e prevedere una “progressiva perequazione” dello standard dei servizi mediante l’utilizzo di “risorse aggiuntive di parte corrente e in conto capitale” conseguenti ad un rinnovato programma di sviluppo organico e strutturale e all’adozione di investimenti eco-sostenibili. Inoltre, per stimolare le regioni e gli enti locali ad una più efficiente programmazione qualitativa e quantitativa dei servizi di trasporto pubblico, è stata sollecitata la promozione, in ambito nazionale, di omogenee procedure “di premialità/penalità” (Commissione, 2021 p.20) da correlare a due parametri “ampiamente consolidati nel settore” (Commissione, 2021 p.38): uno riferito al rapporto ricavi da traffico/costi operativi del servizio, l’altro ascritto ai costi standard (Commissione, 2021 p.20).
Alla luce di quanto detto, se il primo indicatore, vale a dire l’entità dei ricavi in rapporto ai costi, è teso a garantire l’adeguatezza delle risorse pubbliche, dell’offerta quantitativa di servizi in ordine alla domanda, la correttezza delle opzioni effettuate per soddisfare la stessa in ordine alla scelta del vettore (treni, autobus ecc.) e la validità della politica tariffaria, testimoniando l’idoneità della programmazione dei servizi[69], i costi standard[70] vanno considerati come “base per il ricorso al mercato” e come “costo massimo riconoscibile per il servizio prestato” (Commissione, 2021 p.39) anche in considerazione della varietà dei servizi.
7. Conclusioni
Va preliminarmente osservato che, se l’efficienza del trasporto pubblico ha un impatto di estremo rilievo in termini sociali, esso sortisce importanti effetti anche sul piano dello sviluppo e della competitività dell’intera economia nazionale. Difatti, da un lato, contribuisce in maniera determinante a migliorare la qualità della vita dei cittadini (Cassa Depositi e Prestiti, 2019 p.1) mediante la fruibilità dei servizi di mobilità (secondo i personali bisogni) e l’utilizzo di una viabilità più sicura, accessibile a tutti ed economicamente conveniente, dall’altro nell’agevolare il processo di sviluppo e di transizione dalla mobilità privata alla mobilità pubblica apre la strada a significativi benefici sia sotto il profilo occupazionale e di sostenibilità ambientale, sia sotto l’aspetto economico di tipo diretto e indiretto (Commissione, 2021 p.37).
Stando così le cose gli interventi nel settore in esame andrebbero riconosciuti come un vero e proprio investimento piuttosto che come mero onere per le finanze pubbliche proprio perché, innescando una reazione a catena nelle attività economiche, sono suscettibili di implementare di tre o quattro volte l’importo iniziale (UITP, 2020 p.1). Infatti, dall’analisi input-output delle tavole intersettoriali[71] è emerso che “qualora le risorse individuate per il rilancio del settore venissero integralmente spese, gli investimenti realizzati nel quinquennio 2019-2023, pari a 2,8 miliardi annui, genererebbero un valore aggiunto addizionale di circa 4,3 miliardi di euro all’anno (in media lo 0,2% del PIL), per un totale di unità di lavoro aggiuntive pari a circa 110 mila annue (0,5% dell’occupazione totale)” (Cassa Depositi e Prestiti, 2019 p.14).
Per quanto attiene al profilo ambientale e di eco-sostenibilità del trasporto pubblico (Mattarella, 2021 p.5) va osservato che, se la transizione ecologica costituisce un fondamentale traguardo per il raggiungimento del quale il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) dedica il quaranta per cento delle risorse a disposizione, il passaggio dalla mobilità privata (per almeno il dieci per cento) al trasporto pubblico costituisce il perno attorno al quale occorre strutturare la maggior parte degli investimenti in quanto consente di ridurre considerevolmente l’impatto in termini di inquinamento ambientale. Si tratta, inoltre, di intervenire sul continuo aumento delle emissioni di gas serra e dei livelli di inquinamento atmosferico[72], siccome sollecitato a livello globale (con l’Agenda 2030 delle Nazioni Unite) ed europeo (con il Patto verde), anche attraverso il ricorso a politiche sulla mobilità sostenibile atte a ridurre la congestione viaria, le sostanze inquinanti nell’aria e l’inquinamento acustico. Le politiche sulla mobilità sostenibile devono essere, in tal guisa, ancorate al concetto di sostenibilità territoriale e orientate, in concreto, verso la promozione dell’utilizzo di mezzi di trasporto sostenibili, fra cui primeggia l’utilizzo di mezzi pubblici (peraltro, sempre più “green”), la condivisione di veicoli (bici, scooter, autovetture) e il loro utilizzo integrato, non trascurando la mobilità “dolce”.
Il rilievo assunto dalla dimensione sociale del trasporto pubblico è diffusamente ribadito nell’agenda europea sia in termini di incremento dell’efficienza ed allo scopo di garantire la fruibilità più agevole dei servizi e la sostenibilità finanziaria del trasporto pubblico (Parlamento europeo, 2015 pp.3-4), sia al fine di solidificare gli evidenti legami tra trasporto pubblico ed inclusione sociale. Le difficoltà connesse all’invecchiamento della popolazione, alla povertà, alla migrazione e allo svantaggio geografico – se sono destinate via via ad aumentare – inducono, infatti, a prestare maggiore attenzione alle esigenze specifiche di mobilità dei gruppi di utenti più vulnerabili (Parlamento europeo, 2015 pp.3-4). Sì che, da un lato, s’impone la necessità di ridurre le disuguaglianze nell’accessibilità all’utilizzo dei servizi (es. per gli anziani e persone a mobilità ridotta) (Commissione europea, 2017 p.9), dall’altro, emerge l’opportunità di una offerta più variegata, di maggiore qualità e con tariffe più basse. Né può trascurarsi, sul piano della dimensione sociale, che il trasporto collettivo rappresenta una valida alternativa alla mobilità privata anche per i riflessi positivi sulla congestione del traffico, sulla sicurezza e sulla riduzione degli incidenti stradali in cui il tasso di incidentalità costituisce un fenomeno grave, soprattutto nelle aree urbane[73].
Ciò detto, l’accesso all’integrale quota parte del Fondo Nazionale Trasporti da parte delle singole regioni, nella sua intima relazione con i designati obiettivi, segue la via dell’ottimizzazione della gestione e della razionalizzazione dei servizi anche sulla base delle specifiche priorità e sensibilità territoriali.
Si tratta, in primo luogo, di individuare soluzioni tailored panel con strategie diversificate atte a ridurre le disuguaglianze territoriali e gestionali mediante disposizioni di supporto in regioni nelle quali si rilevano squilibri finanziari. E, se non sfugge nemmeno la necessità di migliorare il coordinamento tra regioni e comuni per una più efficiente programmazione/organizzazione del sistema di governance istituzionale, particolare attenzione va riservata alla riorganizzazione dei servizi, alla ricerca di nuovi mercati, alla definizione di politiche gestionali orientate ad una maggiore competitività del TPL rispetto al trasporto privato ed alla partecipazione delle aziende di trasporto ai piani di finanziamento dell’Unione europea su strategie di investimento, di innovazione e di interventi ecosostenibili.
Al miglioramento dell’efficienza del settore TPL contribuirebbe, inoltre, la semplificazione delle procedure per la stipula di contratti di servizio pubblici con la previsione di clausole volte a favorire le imprese particolarmente impegnate a superare le discriminazioni e ad assicurare l’eco-sostenibilità dei servizi offerti. Né è immaginabile disancorare l’affidamento dei servizi dall’equilibrio del coefficiente ricavi tariffari/costi operativi ottenuto dagli operatori, nella precipua promozione di percorsi e strategie di diversificazione regionali rivolti a garantirne l’efficienza. A tal proposito nella scelta dell’operatore economico per l’aggiudicazione del contratto[74] potrebbe risultare opportuno riservare maggiore attenzione all’equilibrio del coefficiente tra ricavi tariffari e costi operativi, siccome ope legis individuata nella misura del 35%[75]. Si tratta di ricondurre gli affidamenti dei servizi – agli operatori esterni (con procedure competitive) o interni (con ricorso all’in house providing) – nell’alveo di una maggiore economicità del sistema e di riavviare le politiche gestionali con contenuti vincolanti.
Si aggiunga che, all’indomani dell’emergenza sanitaria da Covid-19, deve pure considerarsi che la razionalizzazione dell’offerta dei servizi va necessariamente commisurata alla nuova domanda di mobilità e alle mutate esigenze del TPL (Mergiotti, 2022 pp.38-39) altrimenti, nel medio periodo, “il trasporto pubblico faticherà a completare il percorso di recupero” (ISFORT, 2020 p.89). Perciò i modelli di offerta vanno diversificati e rimodulati sulla base dei rinnovati bisogni di mobilità. Si tratta di un obiettivo che, se assurge a ruolo strategico e prioritario nell’ambito delle politiche di efficientamento, da un lato, esige la ristrutturazione dell’offerta sulla base dei dati provenienti dal monitoraggio dei flussi di mobilità per ridurre al minimo il trasporto individuale, dall’altro pretende il potenziamento delle piattaforme tecnologiche con strumenti digitali di facile accesso per orientare al meglio le scelte degli utenti e garantire l’incremento dei passeggeri e l’integrazione dei servizi. Alle regioni ed agli enti locali compete, a tal fine, anche l’onere di una rinnovata pianificazione territoriale ed una più ottimale programmazione delle infrastrutture sulla base del numero degli abitanti e della specificità del territorio, unitamente all’incremento della quota di soluzioni alternative e delle misure volte ad una mobilità più sostenibile (Camera deputati, 2022c) ed alla specifica integrazione del sistema di tariffazione comune sì da favorire l’interazione tra i diversi modi di trasporto. L’attuazione di tali soluzioni potrebbe giovarsi di una dotazione premiale supplementare, già suggerita dalla Commissione di studio[76] – quantificabile nel range dal 5 al 10% dell’attuale dotazione del Fondo – con accesso subordinato all’esito positivo della valutazione di definiti obiettivi di efficientamento. Perdipiù, se le risorse addizionali, benché vincolate al sistema premiale, andrebbero anche a colmare il gap di copertura del fabbisogno del settore, visto che attualmente il Fondo Nazionale Trasporti copre circa il 40% dei fabbisogni complessivi (Commissione, 2021 p.36), ad esse si aggiungono forme di finanziamento diversificate come quelle relative al “Green Deal” europeo[77], al Recovery Fund ed alle risorse del PNRR.
Peculiare importanza va, per converso, riservata alla diminuzione dei costi aziendali da attuarsi nel più ampio perimetro ed in ogni ambito, per esempio mediante la riduzione delle corse senza passeggeri, la diversificazione dei percorsi, l’ottimizzazione dei turni e, più in generale, attraverso la rimodulazione dei servizi sulla base delle modifiche strutturali degli insediamenti e la promozione di sinergie tra i diversi operatori del TPL nella stessa zona metropolitana. Né la visione dinamica ed evolutiva del settore può prescindere dall’estensione del “Mobility as a Service” (MaaS) (Mergiotti e Sargiacomo, 2022 pp.93-98) a tutte le aree metropolitane del territorio italiano e l’utilità di nuovi modelli di società mista pubblico-privato. Si tratta, in sostanza, di ridurre le attività meno performanti, di organizzare una gestione più efficiente delle risorse produttive e di pianificare i servizi in un’ottica sempre più integrata e sostenibile, nell’utilizzo più oculato delle risorse economiche ed umane.
Sennonché, se la fruibilità della quota premiale del FNT presuppone, in via generale, l’ottimizzazione della gestione e la razionalizzazione dei servizi si avverte, viceversa, la necessità di una sostanziale rimodulazione degli obiettivi previsti dal legislatore per garantire l’accesso alla stessa. Si tratta di individuare obiettivi più adeguati e concretamente raggiungibili anche al fine di una più fattiva cooperazione da parte degli operatori del settore ed infrangerne le strategie difensive. Infatti, se con l’istituzione del Fondo Nazionale si è inteso assicurare un contributo statale di tipo finanziario per l’organizzazione dei servizi di trasporto pubblico locale, aver condizionato l’accesso ad una quota parte delle sue risorse alla realizzazione degli obiettivi ex lege individuati non ha trovato consensi da parte delle regioni, né è stato accolto con favore dagli enti locali. Eppure, la previsione di una quota “premiale” – benché in una minima percentuale rispetto al valore complessivo del Fondo (10% di € 4,9 miliardi annui) – ha continuato a rappresentare per il legislatore un importante tassello per l’accesso alla totalità delle risorse statali, nel lodevole intento di stimolare suddetti organismi ad una più ottimale programmazione dei servizi e ad una più proficua ed efficiente gestione del denaro pubblico. Perciò, anche a fronte delle reiterate resistenze, gli interventi normativi “correttivi” varati nel tempo l’hanno costantemente riproposta, ancorché con attenuati parametri di valutazione[78].
Di fatto, l’introduzione della quota “premiale” per l’accesso al Fondo ha ottenuto risultati soddisfacenti nel primo anno della sua attuazione in quanto la maggioranza delle regioni (60%) ha conseguito tutti gli obiettivi prescritti e, se nel secondo anno, si è riscontrata una riduzione della performance e dei relativi risultati con una diminuzione della percentuale delle regioni “virtuose” (46%), non sfugge come la percentuale degli obiettivi raggiunti costituisca comunque un importante traguardo per il settore. Ciononostante, “nelle more del riordino del sistema della fiscalità regionale”[79], dopo il primo biennio di applicazione il sistema misto di accesso ai contributi statali è stato sospeso e, nel frattempo, l’ammontare delle risorse annue sono state tutte assegnate alle regioni “su criteri di spesa storica” (Camera deputati, 2022b p.6). Si tratta, invero, di una sospensione protrattasi nel tempo in ragione delle forti opposizioni manifestate dalle regioni, dagli enti locali e dagli operatori del settore che non hanno desistito dalla loro posizione nemmeno a seguito dell’introduzione di ristrutturati parametri di valutazione per l’accesso alla “quota premiale”.
Le doglianze manifestate dai suddetti organismi sono verosimilmente fluite dalla complessità degli obiettivi individuati dal legislatore per l’accesso alla quota integrale del Fondo e, forse, persino dall’ardua e/o addirittura impossibilità di perseguire di taluno di essi. A ben guardare, infatti, alcuni degli obiettivi concernenti la performance dei servizi sembrerebbero finanche non rientrare nelle competenze delle regioni. S’intende far riferimento alle specifiche funzioni alle stesse riservate ope legis (D.Lgs. 422/1997) che, nell’includere compiti programmatori e amministrativi in materia di servizi pubblici di trasporto, ne escludono i compiti gestori, specificatamente ascritti agli operatori economici terzi (Gitto, 2013 pp.169-170). Sì che, mentre gli obiettivi di razionalizzazione dei servizi sarebbero dalle regioni perseguibili in quanto ricompresi nell’alveo delle proprie competenze e funzioni, gli obiettivi (economici) di performance risulterebbero di inesplicabile traguardo da parte di tali organismi proprio perché intimamente connessi alle scelte gestionali diversamente riservate alle imprese affidatarie.
Alla luce delle suddette osservazioni emerge l’opportunità di un rinnovo del modello “misto”, in base al quale, come già detto, a fronte di una quota (prevalente) di sussidio da erogare sulla base del criterio del costo storico e del fabbisogno storico e, dunque, indipendentemente dal raggiungimento di un qualsiasi obiettivo, è prevista una quota (aggiuntiva) la cui erogabilità è subordinata a parametri di efficienza ed efficacia. Un siffatto modello va ritenuto, infatti, più equo perché nel garantire risorse pubbliche certe al settore “per la continuità e regolarità del servizio pubblico” (Commissione, 2021 pp.37-38), introduce il versamento di “sussidi più mirati”[80] (Carapella et al., 2018 p.1) nel perseguire recuperi concreti di efficienza produttiva (Arrigo, 2007 pp.1-6) e di efficacia del servizio, consentendo una progressiva riduzione dei “divari territoriali” (Commissione, 2021 pp.37-38).
Sennonché se, il sistema misto di assegnazione del FNT va assolutamente condiviso nell’ottica di una gestione sempre più ottimale e razionalizzata del settore, va pure evidenziata la necessità di avviare una ridefinizione del panel degli obiettivi da raggiungere per ottenere l’accesso alla “quota premiale”. Si tratta, da un lato di definire parametri più accessibili, dall’altro di far riferimento a traguardi concretamente raggiungibili in quanto in toto riconducibili alle competenze dei destinatari-regioni. Una siffatta ristrutturazione consentirebbe a tali organismi di poter di fatto raggiungere i risultati richiesti e, ottenendo l’accesso alla percentuale di “quota premiale” del Fondo, sarebbe ancor più da stimolo all’attuazione di un sistema più attrattivo in termini di qualità, flessibilità ed efficienza per utilizzo senza sprechi e sperperi del denaro pubblico.
Gli obiettivi, i criteri e le misure prospettati per l’accesso alle risorse complementari del Fondo vengono riepilogati nella tabella 7) che segue.
Tabella 7 Obiettivi, criteri e parametri di efficientamento prospettati
Obiettivi di efficientamento | Criteri di premialità | Misura obiettivo extra FNT | |
A’’’ | B’’’ | C’’’ | |
1) | i) razionalizzazione offerta dei servizi | – definizione livelli adeguati dei servizi in ragione della domanda di mobilità pubblica post emergenza | 2% |
2) | ii) correlazione affidamento dei servizi al parametro di efficienza | – affidamento servizi con vincolo del rapporto ricavi tariffari/ costi operativi ≥ 35% | 6% |
3) | iii) strategie di efficientamento regionali | – definizione misure di efficientamento | 2% |
Σ | 10% |
Tutti gli obiettivi incidono sulle previste risorse complementari nella misura complessiva del 10% prevedendo, nello specifico, la misura del 2% per il soddisfacimento dell’obiettivo sulla razionalizzazione dell’offerta dei servizi [cfr. punto 1), lett. i), colonna A’’’], la misura del 6% per il soddisfacimento dell’obiettivo sulla correlazione dell’affidamento dei servizi (con procedure competitive ovvero in house o diretto sotto-soglia) al parametro di efficienza settoriale [cfr. punto 2), lett. ii), colonna A’’’] e la misura del 2% per il soddisfacimento dell’obiettivo sulle strategie di efficientamento regionali [cfr. punto 3), lett. iii), colonna A’’’]. L’accesso alle risorse complementari del Fondo non è comunque ancorato al soddisfacimento di tutti gli obiettivi, ma è concesso anche parzialmente e relativamente alla misura degli obiettivi conseguiti. Inoltre, la dotazione delle risorse complementari è ripartita sulla base delle percentuali (storiche) di assegnazione del Fondo alle regioni.
8. Bibliografia
- Albano, G. L., Heimler, A., Ponti, M., (2014). Concorrenza, regolazioni e gare: il trasporto pubblico locale. Mercato Concorrenza regole, 1, 117-138.
- Alderighi, A., e Sparacino, G., (2008). Le gare e i contratti di servizio nel trasporto pubblico locale. Economia dei servizi, 1, 99-114.
- Arrigo U., (2007). Organizzazione e (mancata) riforma del trasporto pubblico locale. IBL Istituto Bruno Leoni, Briefing Paper, 44, 1-10.
- Avenali, A., e Matteucci, G., (2018). I costi standard per la quantificazione dei corrispettivi. Una proposta metodologica, Roma, 27 giugno 2018. https://www.sipotra.it/old/wp-content/uploads/2018/06/I-costi-standard-per-la-quantificazione-dei-corrispettivi.pdf
- Black, A., (1995). Pricing and financing. Urban Mass Transportation Planning. (Chapter 15), New York: McGraw-Hill, 362-363.
- Boitani, A., e Cambini, C., (2002a). Il trasporto pubblico locale in Italia. Dopo la riforma i difficili albori di un mercato. Mercato Concorrenza Regole, 1, 45-72.
- Boitani, A., Cambini, C., (2002b). Regolazione incentivante per i servizi di trasporto locale. Politica economica. 2, pp.193-226.
- Borgonovi, E., (2012). Il contributo dei costi standard nel processo di miglioramento delle performance delle Amministrazioni pubbliche. Rivista giuridica del Mezzogiorno, 1-2, 331-338.
- Busti, S., (2011). Profilo storico della disciplina del Trasporto Pubblico Locale. La disciplina del Trasporto Pubblico Locale: recenti sviluppi e prospettive, a cura di A. Claroni, 13, Università degli Studi di Trieste, pp.9-94.
- Buzzo Margari, B., e Piacenza, M., (2005). I sussidi al trasporto pubblico locale: esperienze di regolamentazione a confronto e implicazioni di efficienza produttiva. Hermes, Working Paper 10, 1-36.
- Buzzo Margari, B., e Piacenza, M., (2004). Performance di costo e regolamentazione dei sussidi nel traporto pubblico locale. Working Paper 5, 1-26.
- Cambini, C., (2003). La situazione delle gare per l’affidamento del servizio di trasporto urbano in Italia. Hermes, 1-78.
- Cambini, C., Boitani, A., (2004). Le gare per i servizi di trasporto locale in Europa e in Italia: molto rumore per nulla? Economia e Politica Industriale, 122, 65-99.
- Cambini, C., Buzzo Margari, B., (2005). Le gare nelle ferrovie locali. Hermes, III, 1-24.
- Cambini, C., e Galleano, F., (2005). Le gare per l’affidamento del servizio di trasporto pubblico in Italia. Hermes, 1-68.
- Camera dei deputati (2022a). Il finanziamento del Fondo TPL tra il 2013 e il 2017, Temi dell’attività parlamentare, XVII legislatura. https://temi.camera.it/leg17/post/il_Il_finanziamento_del_Fondo_TPL_tra_il_2013_e_il_2017.html?tema=temi/il_trasporto_pubblico_locale (accesso del 7 Ottobre 2022).
- Camera dei deputati (2022b). Il trasporto pubblico locale e il trasporto collettivo di lunga percorrenza. Servizio Studi XVIII Legislatura, 7 Aprile 2022, 6.
- Camera dei deputati (2022c). La mobilità sostenibile. Servizio Studi XVIII Legislatura, 16 luglio 2022, 1-31. https://www.camera.it/temiap/documentazione/temi/pdf/1168185.pdf?_1665385433400 (accesso del 10 Ottobre 2022).
- Cangiano, R., (2005). La liberalizzazione del trasporto pubblico locale: dall’affidamento diretto alle procedure a evidenza pubblica… e ritorno. Economia Pubblica, 6 (6), pp.1-50.
- Carapella P., Ponti M., Ramella F., (2018). I sussidi nel trasporto pubblico locale. Osservatorio CPI, Milano, 1-10.
- Cassa Depositi e Prestiti, (2019). Luci e ombre della mobilità urbana in Italia: ripartire dal trasporto pubblico. A cura di Perretti, M.E., e Dell’Aquila, C., Focus settori, 1, 1-18.
- Cassa Depositi e Prestiti, (2013). Mobilità urbana. Il Trasporto pubblico locale: il momento di ripartire. A cura di Camerano, S., Perretti, M.E., Dell’Aquila, C., Mazzetti, L., Screpanti, S., Studio di settore, 4, 96-107.
- Commissione, Commissione di studio ministeriale sul TPL (2021). Relazione finale. Commissione di studio sul trasporto pubblico locale istituita con D.M. 4 gennaio 2021 presieduta dal Prof. Bernardo Mattarella. https://www.lagazzettadeglientilocali.it/wp-content/uploads/relazione_commissione_studio_TPL.pdf
- Commissione europea, (2017). European Urban Mobility. Policy Context. March 2017. pp.1-38. https://op.europa.eu/en/publication-detail/-/publication/8262a9e0-da37-11e7-a506-01aa75ed71a1/language-en
- Conferenza Regioni (2016a), Conferenza delle Regioni del 10 novembre 2016. https://www.regioni.it/conferenze/data-20161110/ (accesso del 7 Ottobre 2022).
- Conferenza Regioni (2016b), Conferenza Stato-Regioni del 29 settembre 2016. https://www.regioni.it/home/conferenza-delle-regioni-il-29settembre-1491/ (accesso del 7 Ottobre 2022).
- Consiglio d’Europa (2022). Green Deal europeo. https://www.consilium.europa.eu/it/policies/green-deal/ (accesso del 7 Ottobre 2022).
- Corona, G., (2013). Un nuovo approccio per le ‘sovvenzioni’ al Trasporto Pubblico Locale (TPL). Rivista di Economia e Politica dei Trasporti, 3, 5-6.
- D’Amico, L., e Palumbo, R., (2008). Il trasporto pubblico locale dal protezionismo al mercato. Milano, Franco Angeli, 1-185.
- Della Porta, A., (2013). Migliorare il servizio di trasporto pubblico locale: cosa significa? «La riforma del trasporto pubblico locale in Italia nella prospettiva aziendale», a cura di A. Della Porta, A. Gitto, Franco Angeli, Milano 2013, 44-46.
- Della Porta, A., e Gitto, A., (2013). La riforma del trasporto pubblico locale in Italia nella prospettiva aziendale. Milano, Franco Angeli.
- EU, European Commission. Delivering the European Green Deal. https://ec.europa.eu/info/strategy/priorities-2019-2024/european-green-deal/delivering-european-green-deal_en (accesso del 7 Ottobre 2022).
- Gastaldi, F., Quaglino, L., Stagnaro, C., (2012). Il trasporto pubblico locale e la concorrenza. IBL Istituto Bruno Leoni, Special report, 1-36.
- Gitto, A., (2013). Reforming Public Transport Management in Italy: the Continuous Search for Spending Better. «Public Sector Management in Italy», Edited by M. Sargiacomo, 2013, McGraw-Hill Education, Milano, 169-170.
- Guarini, E., (2012). Il finanziamento a costi standard come opportunità di responsabilizzazione economica delle Amministrazioni pubbliche. Rivista giuridica del Mezzogiorno, 1-2, 339-352.
- Iseki, H, e Taylor, B.D., (2001). The Demographics of Public Transit Subsidies: A Case Study of Los Angeles. Paper submitted for presentation at the 81th Annual Meeting of the Transportation Research Board, November 2001, 1-37.
- ISFORT (2020). 17° Rapporto sulla mobilità degli italiani. La mobilità in Italia tra la gestione del presente e le strategie per il futuro. A cura di C. Carminucci. Roma, 4 Novembre 2020, 89. https://www.isfort.it/wp-content/uploads/2020/11/201104_Presentazione_17-Audimob.pdf (accesso del 10 Ottobre 2022).
- Lepore, L., Scaletti, A., Landriani, L., (2012). La determinazione dei costi standard per le aziende dei trasporti pubblici locali: riflessioni e problematiche applicative. Management Control, 3, 87-115.
- Liberati, P., e Marcucci, E., (2003). Trasporto pubblico locale, efficienza e sussidi pubblici: un’analisi esplorativa. Argomenti, Milano, Franco Angeli, 7, 25-44.
- Marino, M., (2011). Spesa pubblica, sussidi ed efficacia nei servizi di trasporto pubblico. M-Utilities, 54-58.
- Mattarella, B.G., (2021). Il trasporto pubblico locale: problemi e prospettive. Munus, 5-9.
- Mergiotti, V., (2022). Trasporto Pubblico Locale ed emergenza sanitaria da Covid 19 tra efficientamento e Mobility as a Service. Essere, Rivista del Centro Studi E. Fromm, 94, Napoli, 38-39. ISSN: 2284-3027.
- Mergiotti, V., e Sargiacomo, M., (2022). Managing Local Public Transport organizations. Efficiency vs. sustainability in post-pandemic times. «La progettazione e la gestione di imprese sane, tra economicità e socialità», IV Forum Internazionale del Gran Sasso. Teramo 30 settembre- 2 ottobre 2021, a cura di E. Bettini, D. Tondini, 83-105.
- Mohring, H., (1972). Optimization and Scale Economies in Urban Bus Transportation. The American Economic Review, 62, 4, 591-604.
- Parlamento europeo, (2015). L’inclusione sociale nel trasporto pubblico nell’UE. http://www.europarl.europa.eu/studies
- Petruccelli, U., Ciampa, D., Diomedi, M., Olita, S., (2020). L’offerta di trasporto pubblico locale in Italia: analisi dei dati dell’Osservatorio Nazionale per le Politiche del Trasporto Pubblico Locale (Local public transport supply in Italy: analysis of data from the National Observatory for Local Public Transport Policies). Ingegneria Ferroviaria, CIFI – Roma, 9, 1-32.
- Petruccelli, U., e Fabrizio, D., (2008). Un costo di riferimento per i servizi di trasporto pubblico urbano. Trasporti e Territorio, 1-14.
- Poliak M., Semanová Š., Mrníková M, M., Komačková L., Simurkova P., Poliaková A., Hernandes, S., (2017). Financing public transport services from public funds. Transport Problems, 12, 4, 61-72.
- Ponti, M., (2016). I sussidi pubblici ai servizi di trasporto e la misurazione dei risultati: considerazioni sintetiche. Finanziare i trasporti al tempo della crisi tra sussidi e corrispettivi. I quaderni di SIPoTra, 2, 5-11.
- Procopio, M., (2013). La ricerca dell’efficienza attraverso le riforme. «La riforma del trasporto pubblico locale in Italia nella prospettiva aziendale», a cura di A. Della Porta, A. Gitto, Franco Angeli, Milano, 2013, 112-113.
- Spirito, P., (2013). I gap territoriali e dimensionali del trasporto pubblico locale. Huffpost, 20 Luglio 2013. https://www.huffingtonpost.it/pietro-spirito/i-gap-territoriali-e-dimensionali-del-trasporto-pubblico-locale_b_3298610.html (accesso del 7 Ottobre 2022).
- Tuzi, F., (2016). La condizione del Trasporto pubblico locale in Italia: un concorso di responsabilità tra stato, regioni ed enti locali. Rivista di Economia e Politica dei Trasporti, 3 (4), 1-20.
- Tuzi, F., (2020). Il tema della mobilità nel complesso intreccio tra Stato e Regioni: un focus sul trasporto pubblico locale. Rivista giuridica on-line ISSiRFA-CNR, 2, 1-20.
- Ubbels, B., Nijkamp, P., Verhoef, E., Potter, S., Enoch, M., (2001). Alternative Ways of Funding Public Transport. European Journal of Transport and Infrastructure Research, 1, 1, 73-89.
- UITP, Union Internationale des Transports Publics, (2020). Financing of public transport infrastructure is key to boost Europe’s economy: A common UITP-EPF vision. https://cms.uitp.org/wp/wp-content/uploads/2020/08/201511_EPF-UITP-common-paper-on-investment.pdf
- Van Goeverden, , Rietveld, P., Koelemeijer, J., & Peeters, P. (2006). Subsidies in public transport. European Transport, 32, 5-25.
9. Note
[1] Con l’espressione “Trasporto Pubblico Locale” si fa riferimento ai “servizi pubblici di trasporto regionale e locale” ed in particolare ai “servizi di trasporto di persone e merci, che non rientrano tra quelli di interesse nazionale [tassativamente individuati dalla norma ed attengono i servizi di trasporto aereo, marittimo, automobilistico a carattere internazionale, ferroviario, di merci]”. Si tratta “del(l)’insieme dei sistemi di mobilità terrestri, marittimi, lagunari, lacuali, fluviali e aerei che operano in modo continuativo o periodico con itinerari, orari, frequenze e tariffe prestabilite, ad accesso generalizzato, nell’ambito di un territorio di dimensione normalmente regionale o infra regionale” (art. 1, co. 2, D.Lgs. 422/1997).
[2] “È istituito, a partire dall’esercizio finanziario 1982, presso il Ministro dei trasporti un Fondo nazionale per il ripiano dei disavanzi di esercizio delle aziende di trasporto pubbliche e private” che esercitano i servizi adibiti al “trasporto collettivo di persone e di cose effettuati in modo continuativo o periodico con itinerari, orari, frequenze e tariffe prestabilite e offerta indifferenziata” (art. 9, co. 1, legge 151/1981). Di tal ché “Il Ministro dei trasporti provvede […] alla effettiva corresponsione del fondo così ripartito alle regioni” (art. 9, co. 5, legge 151/1981).
[3] Art. 9, L. 151/1981, il quale nel co. 5 precisava che “Il Ministro dei trasporti, con proprio decreto, di concerto con il Ministro del tesoro e d’intesa con la commissione consultiva interregionale […] stabilisce i criteri di ripartizione del fondo tra le regioni, comprese quelle a statuto speciale, sulla base della dimensione dei servizi effettuati” (art. 9, co. 5, legge 151/1981).
[4] La c.d. “riforma “Burlando” trae origine nel contesto della c.d. “riforma Bassanini” (legge delega 59/1997) sulla riforma della pubblica amministrazione che ha visto il massiccio trasferimento di funzioni amministrative dall’amministrazione statale verso le amministrazioni regionali e locali. Si fa riferimento al D.Lgs. 422 del 1997 sul conferimento alle regioni ed agli enti locali di funzioni e compiti in materia di trasporto pubblico locale.
[5] Se, infatti, ai sensi dell’art. 5 del D.Lgs. 422/1997: “Sono conferiti alle regioni e agli enti locali […] tutti i compiti e tutte le funzioni relativi al servizio pubblico di trasporto di interesse regionale e locale” nell’art. 6 è stato precisato: “sono delegati alle regioni i compiti di programmazione dei servizi di trasporto pubblico regionale e locale”.
[6] In virtù dell’art. art. 29, co. 3, D.Lgs. 422/1997 “Le risorse relative all’espletamento delle funzioni amministrative di cui al presente decreto […] sono trasferite alle regioni”.
[7] Cfr. art. 20, co. 1, D.Lgs. 422/1997 per il quale “Ogni regione, in relazione ai servizi minimi […] ai piani regionali di trasporto e al tasso programmato di inflazione, costituisce annualmente un fondo destinato ai trasporti, alimentato sia dalle risorse proprie sia da quelle trasferite ai sensi del presente decreto”.
[8] Si precisa che “La legge-delega sul federalismo fiscale (legge n. 42/2009), ha individuato (art. 9, comma 1, lettera f), per il settore del trasporto pubblico regionale, un criterio «misto» di finanziamento, disponendo che l’ammontare del finanziamento del trasporto pubblico locale venisse determinato tenendo conto, oltre che dei costi standard, anche della fornitura di un livello adeguato del servizio su tutto il territorio nazionale. A tal fine si è previsto, per le spese di parte corrente, l’assegnazione delle quote del fondo perequativo in misura tale da ridurre adeguatamente le differenze tra territori con diverse capacità fiscali per abitante, ma senza garantire l’integrale copertura del fabbisogno standard, mentre per le spese in conto capitale, si è previsto di assicurare l’integrale copertura del fabbisogno standard. In attuazione della legge n. 42/2009, il decreto legislativo n. 68/2011, ha collocato le spese in conto capitale del trasporto pubblico regionale tra quelle per le quali era possibile il ricorso al fondo perequativo. Per il trasporto pubblico locale finanziato da comuni e province, invece, il decreto legislativo n. 216/2010 ha collocato tale funzione tra quelle essenziali e quindi da finanziare con integrale copertura del fabbisogno standard, senza distinguere tra spesa corrente e spesa in conto capitale” (Camera deputati, 2022a).
[9] Cfr. art. 1 co. 30, L. 228/2012.
[10] Si tratta di un sistema funzionale “ad incentivare le regioni e gli enti locali a razionalizzare e rendere efficiente la programmazione e la gestione dei servizi […] mediante: a) un’offerta di servizio più idonea, efficiente ed economica […] b) il progressivo incremento del rapporto tra ricavi da traffico e costi operativi; c) la progressiva riduzione dei servizi offerti in eccesso in relazione alla domanda […] d) la definizione dei livelli occupazionali appropriati” (art. 1, co. 301, legge 228/2012). L’anzidetto sistema premiale, ancorché programmato per un quadriennio (dal 2013 al 2016), è stato operativo solo per il biennio 2015-2016 a causa delle resistenze manifestate dagli incumbents e dalle regioni, in particolare, da quelle “non virtuose” allarmate per la perdita delle risorse e delle conseguenze negative sui propri bilanci (Procopio, 2013 pp.112-113).
[11] La misura degli obiettivi è stata demandata all’emanazione di un successivo decreto (cfr. art. 1, DPCM 11 marzo 2013).
[12] In sede di Conferenza Stato-Regioni del 29 settembre e del 10 novembre 2016 sono emerse osservazioni sulla necessità della mitigazione dei principi di penalizzazione di cui ai criteri definiti nel DPCM dell’11 marzo 2013.
[13] Le istanze delle regioni sono state recepite in sede di Conferenza Unificata Stato-Regioni del 19 gennaio 2017 e confluite nel DPCM 26 maggio 2017.
[14] Le risorse finanziarie “from public funds (state or local government budget) is in the form of compensation that is also referred to as subsidies in some literature. A subsidy or compensation represents a payment that does not require a direct exchange of goods or services in the market economy […]. It represents a payment transfer” (Poliak et al., 2017 p.62).
[15] I contributi pubblici “may be motivated because of the ‘social function’ of public transport. Vulnerable groups such as low income households, persons without a driver licence, elderly and persons with a handicap, need public transport to avoid problems of social exclusion” (Van Goeverden et al., 2006 p.6).
[16] Il finanziamento del TPL “can be viewed as the ‘redistribution of income to certain groups’ in the form of transit service rather than money” (Black, 1995 pp.362-363).
[17] Sulla scia “del Welfare State, il TPL in Italia è stato sempre considerato un bene meritevole, il cui consumo è stato favorito attraverso il mantenimento di basse tariffe per gli utenti e lo stanziamento di elevati contributi ai gestori del servizio” (Buzzo Margari e Piacenza, 2004 p.2)
[18] È pertanto “necessario trovare un compromesso tra il raggiungimento del pareggio di bilancio degli operatori (che si ottiene attraverso l’erogazione di sussidi pubblici) ed il rispetto della funzione di pubblico servizio” (Buzzo Margari e Piacenza, 2004 p.2).
[19] Si fa riferimento alle risorse provenienti dalla “tassazione generale, obbligazioni, fondo specifico trasporti o entrate generali, accise sui carburanti, tassa di possesso dei veicoli, tariffe di parcheggio, tasse su beni non necessari, ecc.” (Petruccelli et al., 2020 p.2).
[20] Il criterio di quantificazione del sussidio si contraddistingue in “fisso (in base a criteri non legati al raggiungimento di obiettivi di efficacia/efficienza) o con criteri premiali” (Petruccelli et al., 2020 p.2).
[21] Si contraddistinguono in vincoli riferiti a “obiettivi minimi da raggiungere […] o risorse massime disponibili” (Ibidem, p.2).
[22] L’oggetto del sussidio si riferisce all’ “area sovvenzionata o sistema di trasporto sovvenzionato” mentre l’obiettivo del sussidio è diretto al “sostegno alla quantità (percorrenze) o alla qualità (performance, passeggeri trasportati)”; la finalità del sussidio attiene al “sostegno ai servizi esistenti o istituzione di nuovi servizi (o potenziamento degli esistenti)” (Ibidem, p.2).
[23] Il criterio di sussidiazione riguarda i “costi operativi, investimenti, promozione/informazione, pianificazione/ valutazione/ studi tecnici” (Ibidem, p.2).
[24] Il beneficio diretto del sussidio attiene al gestore che “fornisce il servizio […] o utente del servizio […] o entrambi” (Ibidem, p.2).
[25] L’adeguata ripartizione “delle risorse del FNT dovrebbe essere il risultato del prodotto fra la quantità di trasporto pubblico necessario in ciascuna regione ed il costo standard dello specifico servizio” (Petruccelli et al., 2020 p.1). Ciononostante attualmente “il MIT ha elaborato le metodologie e i parametri per calcolare il costo standard (DM 157/2018) ma non ha ancora fatto altrettanto per la determinazione del fabbisogno standard” (Ibidem, p.20).
[26] Si fa riferimento alla legge 228/2012, c.d. legge di Stabilità 2013, che nel recepire le disposizioni sulla c.d. Spending review, ha novellato la disciplina di settore ex art. 16 bis, D.L. 95/2012.
[27] Cfr. art. 1, co. 301, L. 228/2012.
[28] Art. 16 bis, co. 9, decreto-legge 95/2012.
[29] Cfr. art. 16 bis, co. 3, lett. c), D.L. 95/2012.
[30] Cfr. art. 2, co. 2, DPCM 11 marzo 2013.
[31] Cfr. DPCM 11 marzo 2013.
[32] Ex art. 1, co. 1, DPCM 11 marzo 2013.
[33] Ex art. 1, co. 2, DPCM 11 marzo 2013.
[34] Cfr. art. 3, co. 3, lett. a), DPCM 11 marzo 2013.
[35] Art. 1, co. 3, DM 11 marzo 2013.
[36] Cfr. art. 3, co. 3, lett. b), DPCM 11 marzo 2013.
[37] Cfr. art. 19, comma 5, D. Lgs 422/1997.
[38] Art. 1, co. 4, DPCM 11 marzo 2013.
[39] Cfr. art. 3, co. 3, lett. c), DPCM 11 marzo 2013.
[40] Cfr. art. 16 bis, co. 9, lett. e), D.L. 95/2012.
[41] Cfr. art. 1, co. 5, DPCM 11 marzo 2013.
[42] Art. 3, co. 3, DPCM 11 marzo 2013.
[43] Cfr. art. 3, co. 5, DPCM 11 marzo 2013.
[44] Le decurtazioni regioni per il mancato raggiungimento degli obiettivi nel 2015 sono state effettuate alle regioni nel 2016, a valere sull’anticipo 2016, di cui al decreto Ministero dell’economia e delle finanze (MEF) 13 aprile 2016 (in Gazzetta Ufficiale n. 108 del 10 maggio 2016).
[45] Relativamente all’anno 2015 il MIT con decreto del 7 marzo 2015 ha stanziato una somma pari a €4.925.252.600. Ne consegue che la quota delle risorse alle regioni sulla base dei criteri storici (nella misura del 90% del Fondo) si attesta a €4.432.727.340, mentre la quota subordinata a €492.525.260.
[46] Relativamente all’anno 2016 il decreto del MEF del 13 aprile 2016 ha previsto lo stanziamento di una somma pari a €4.850.776.000. Ne deriva che la quota delle risorse alle regioni sulla base dei criteri storici (nella misura del 90% del Fondo) si è attestato a €4.365.698.400, mentre la quota subordinata a €485.077.600.
[47] Cfr. art. 16 bis, co. 3, lett. a), D.L. 95/2012.
[48] Cfr. art. 16 bis, co. 3, lett. c), D.L. 95/2012.
[49] Art. 1, co. 2, DPCM 26 maggio 2017.
[50] Cfr. art. 16 bis, co. 3, lett. b), D.L. 95/2012.
[51] Art. 1, co. 3, DPCM 26 maggio 2017.
[52] Art. 1, co. 12, DPCM 26 maggio 2017.
[53] Cfr. D.L. 50/2017.
[54] Cfr. art. 200, co. 5, D.L. n. 34/2020.
[55] Art. 27, co. 2, lett. a), D.L. 50/2017.
[56] Art. 27, co. 2, lett. b), D.L. 50/2017.
[57] Cfr. art. 6, L. 151/1981.
[58] Art. 27, co. 2, lett. d), D.L. 50/2017.
[59] Ibidem.
[60] Ibidem.
[61] I primi dettati normativi sulla liberalizzazione del settore risalgono alla fine degli anni novanta. Si fa riferimento al D.Lgs. 400/1999 che, nel novellare l’art. 18, D.Lgs 422/1997, ha previsto l’obbligatorietà del ricorso alle procedure concorsuali per la scelta del gestore del servizio e le modalità di svolgimento della gara. Ciò detto “Sebbene il D.Lgs. 400/99 prevedesse l’obbligo del ricorso a procedure concorsuali […] e ponesse come termine ultimo per il mantenimento delle concessioni preesistenti il 31/12/2003, con l’art. 35 della finanziaria del 2002 (L. 448/2001) il governo ha stabilito un possibile differimento fino a dieci anni del termine per l’introduzione obbligatoria delle gare […] In seguito […] tale possibilità di proroga è stata sospesa. L’art. 14 della legge 326/2003 ha successivamente reintrodotto la facoltà di sostituire le procedure di gara con forme di affidamento diretto (il c.d. affidamento in house)” (Cambini e Galleano, 2005, pp.1-2). Sul tema delle gare, v. il Regolamento CE n. 1370/2007 che, all’art. 8, ha fissato il termine di scadenza specificando che l’aggiudicazione dei contratti di servizio inerenti ai servizi di trasporto pubblico decorre dal 3 dicembre 2019.
[62] Cfr. art. 27, co. 2, lett. c), D.L. 50/2017.
[63] Art. 27, co. 6, D.L. 50/2017.
[64] Ibidem.
[65] Art. 27, co. 2, lett. e), D.L. 50/2017.
[66] La Commissione sugli studi del TPL “si è insediata il 18 gennaio 2021 e si è riunita altre quattordici volte in composizione plenaria, nelle date 25 gennaio 2021, 9 febbraio 2021, 15 febbraio 2021, 22 febbraio 2021, 10 marzo 2021, 17 marzo 2021, 31 marzo 2021, 12 aprile 2021, 13 maggio 2021, 25 maggio 2021, 28 maggio 2021, 10 giugno 2021, 18 giugno 2021, 15 luglio 2021, 21 luglio 2021” (Commissione, 2021 p.8).
[67] Si precisa che “Il fondo nazionale trasporti copre circa il 40% dei fabbisogni complessivi, il 30% è coperto dai ricavi dalla vendita dei biglietti e il resto proviene da risorse locali” (Commissione, 2021 p.36). A tale riguardo bisogna sottolineare “che il Fondo Nazionale Trasporti, ed in generale le risorse attribuite nelle varie forme alle Regioni, presentano uno stanziamento ancora non sufficiente per espletare ovunque servizi efficienti e completi. In tal senso non si può che auspicare un importante incremento del Fondo nei prossimi anni, motivato da alcune valutazioni imprescindibili: aumento dei costi (gasolio, costo del lavoro ecc.), andamento inflattivo, realizzazione di nuove infrastrutture che necessitano di servizi aggiuntivi, spinta alla riduzione del mezzo privato a favore del pubblico con grande attenzione alle energie rinnovabili, stabilità dei contratti sottoscritti. Per le Regioni a Statuto Speciale, che non partecipano al FNT, le integrazioni economiche andranno operate con specifici provvedimenti, in coerenza con quanto previsto delle rispettive Norme di attuazione degli Statuti” (Commissione, 2021 p.19).
[68] Il Fondo Nazionale Trasporti, ed in generale le risorse attribuite nelle varie forme alle Regioni, sono state infatti ritenuti insufficienti “per espletare ovunque servizi efficienti e completi” (Commissione, 2021 p.19) e se attualmente il Fondo copre circa il 40% della spesa complessiva” (Ibidem, pp. 4-5), a parere della Commissione “è inevitabile […] prevedere un incremento del finanziamento pubblico e, in particolare, del Fondo nazionale trasporti” (Commissione, 2021 p.19), nella contestuale difficoltà di abbandonare il criterio della spesa storica in luogo di una diversa modalità di ripartizione del Fondo che garantisca la continuità dei servizi, l’introduzione di incentivi all’innovazione e l’efficacia della spesa.
[69] Va precisato che “il rapporto previsto dal D.Lgs. 422/97 dello 0,35 deve essere rideterminato in relazione alle caratteristiche delle aree interessate all’offerta di servizi. In particolare, incidono sulla determinazione del rapporto in parola la densità della popolazione e l’infrastrutturazione dell’area interessata” (Commissione, 2021 p.39).
[70] L’art.1 co. 5 del DM 157/2018 stabilisce che “I costi standard […] sono utilizzati dagli enti che affidano i servizi di trasporto pubblico locale e regionale come elemento di riferimento per la quantificazione delle compensazioni economiche e dei corrispettivi da porre a base d’asta”.
[71] Va precisato che “L’analisi input-output, ideata da Wassily Leontief, è una tecnica statistico-economica attraverso la quale si studiano le relazioni determinate dalla produzione e dalla circolazione di beni e servizi tra i diversi settori in cui si articola un sistema economico. Lo strumento fondamentale dell’analisi input-output è la tavola intersettoriale, una tavola a doppia entrata, nella quale l’economia nazionale è immaginata come un insieme di settori, ciascuno dei quali realizza due tipi di transazioni: acquista dagli altri settori beni e servizi che utilizza per la propria attività produttiva (branche di impiego); vende agli altri settori e alla domanda finale la merce che produce (branche di origine)” (Cassa Depositi e Prestiti, 2013 p.97). Tale strumento consente “di calcolare gli impatti diretti, indiretti (legati ai processi di attivazione che ciascun settore produce sugli altri) e indotti (derivanti dai flussi di reddito aggiuntivo prodotti, che a loro volta stimolano una crescita endogena dei consumi finali) di un’iniezione di spesa aggiuntiva” (Ibidem).
[72] I trasporti sono responsabili del 25% delle emissioni globali di CO2 (cfr. ISPRA, Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale, “Trasporti. Emissioni di gas serra dai trasporti”, consultabile nel sito: https://annuario.isprambiente.it/sys_ind/904#:~:text=In%20Italia%20i%20trasporti%20sono,i%20trasporti%20internazionali%2Fbunkers).
[73] Infatti “Approximately 67% (over 750,000 in absolute figures) of all reported road traffic accidents in the EU take place in urban areas. For road traffic deaths, this is approximately 38% in urban areas” (Commissione europea, 2017 p.9).
[74] Si fa riferimento al Regolamento UE 1370/2007 che, all’art. 5, §3, specifica che “l’autorità competente che si rivolge a un terzo diverso da un operatore interno aggiudica i contratti di servizio pubblico mediante una procedura di gara” e il successivo §3bis aggiunge che “a meno che non sia vietato dalla legislazione nazionale […] l’autorità competente ha facoltà di aggiudicare direttamente, per un periodo limitato, nuovi contratti qualora essa ritenga che l’aggiudicazione diretta sia giustificata da circostanze eccezionali.”
[75] Cfr. art. 19, co. 5, D.Lgs. 422/1997.
[76] Le risorse addizionali troverebbero giustificazione anche dalla stessa Commissione ministeriale allorché rimarca che le contribuzioni storicamente assegnate alle singole regioni siano non solo definitivamente confermate ma anche adeguate con risorse aggiuntive di parte corrente nell’ottica della standardizzazione tra le regioni dei livelli di servizio (Commissione, 2021 pp.36-38).
[77] Si fa riferimento in particolare ad “un pacchetto di iniziative strategiche che mira ad avviare l’UE sulla strada di una transizione verde, con l’obiettivo ultimo di raggiungere la neutralità climatica entro il 2050” (Consiglio d’Europa, 2022; EU, 2022).
[78] Come già detto, infatti, rispetto al primo modello del sistema premiale (emanato nel 2012 e in vigore
dal 2013 al 2016) in cui i (due) obiettivi di efficientamento (razionalizzazione dei servizi e indicatore economico) sono stati correlati a parametri di valutazione più inflessibili e stringenti, il legislatore ha, dapprima, modificato i criteri di accesso per la quota subordinata con indicatori più mitigati e flessibili (introdotti nel 2017 e in vigore dal 2017 al 2019) rielaborandone successivamente i criteri (elaborati nel 2017 ed in vigore dal 2020) con rinnovati obiettivi (quattro) ancorati ad una disposizione di salvaguardia. Ai suddetti sistemi premiali si è aggiunto, più recentemente, il modello proposto dalla Commissione di studio ministeriale che espone nuovi obiettivi (due) senza indicare però la misura dei parametri di valutazione.
[79] Art. 27, D.L. 50/2017.
[80] In Italia l’entità del sussidio è più elevata, rispetto agli altri paesi, a causa di tariffe basse e alta evasione, mentre i costi a causa di inefficienze varie sono più elevati (Carapella et al., 2018, p.1).