L’efficienza nell’offerta dei servizi da parte dei comuni è un tema che negli ultimi anni ha ricevuto crescente attenzione da parte di ricercatori, policy-maker ed istituzioni nazionali. La discussione ha subito un’accelerazione anche per la ridefinizione dei criteri di perequazione, in cui la ripartizione dei fondi statali sarà centrata sui fabbisogni standard piuttosto che sul criterio della spesa storica. L’obiettivo di questo breve contributo è di proporre un’analisi descrittiva della capacità dei comuni di soddisfare la domanda di servizi dei cittadini.
La fonte dei dati Dai dati ottenuti da fonti ufficiali e da un questionario somministrato agli enti locali, l’istituto SOSE[1] calcola un indicatore di sintesi della capacità dei comuni di soddisfare la domanda di servizi espressa dai cittadini. La sigla che si utilizza per questo indicatore è LQP, Livelli Quantitativi delle Prestazioni. Per derivarlo si tiene conto della spesa e dei servizi offerti rispetto ai livelli standard. In particolare, il calcolo di LQP è effettuato in base ad un modello di star rating che segnala l’adeguatezza dei servizi erogati rispetto allo standard attraverso un punteggio espresso da una scala da 1 (punteggio minimo) a 10 (punteggio massimo). Il risultato finale dipende dalla combinazione dei risultati parziali di due indicatori legati al (i) livello di spesa sostenuta da ciascun comune e (ii) livello dei servizi erogati. Il primo è misurato confrontando la spesa storica e il fabbisogno standard ed è da interpretare come un indicatore di sintesi delle attività legate alla gestione della spesa. Il secondo indicatore è espresso come differenza tra il livello dei servizi offerti e quelli standard. Il risultato finale (l’indicatore LQP) è ottenuto come media ponderata dei punteggi parziali, attribuendo il peso 0,6 al livello dei servizi e il peso 0,4 al livello della spesa. Quindi, si ha che LQP= Posizionamento livello dei servizi × 0, 6 + posizionamento livello della spesa × 0, 4. I dati sono disponibili per 6131 comuni Italiani.
I livelli di soddisfazione in Italia La media nazionale dell’indice LQP è pari a 5.56: la capacità dei comuni italiani di soddisfare le esigenze dei cittadini è meno che sufficiente. Un valore medio molto basso. I dati indicano che per il 10% dei comuni, ossia per ben 613 enti locali, l‘indice LQP è minore di 3; per un quarto dei comuni, ossia per 1532 unità, LQP è al massimo 4,2 (Fig. 1). Analizzando l’insieme di questi comuni bad performers, si nota che la stragrande maggioranza è localizzata a Sud del paese. All’estremo opposto, 57 comuni registrano un indice pari a 10, di cui 12 appartengono al Mezzogiorno (7 in provincia di Chieti, 2 a Salerno, 2 a Benevento e solo uno in Calabria (ricadente nella provincia di Cosenza). In 246 casi, l’indicatore LQP è maggiore o uguale a 9 e minore 10. Di questi, 39 sono a Sud e 6 in Calabria (4 in provincia di Cosenza, 1 a Catanzaro e 1 a Reggio Calabria). L’analisi dell’indice LQP ripropone la dualità del sistema paese in cui le buone pratiche amministrative appartengono, in media, ai comuni del Nord, mentre quelle cattive sono localizzate a Sud.
I dati medi regionali La figura 2 riporta i valori medi regionali dell’indice LQP relativizzati rispetto alla media nazionale che è pari, come abbiamo visto, a 5,56. I comuni del Veneto hanno la migliore capacità di soddisfare i cittadini: l’indice è pari, in questo caso, a 7,38, ben il 32% in più alla media nazionale. A seguire si collocano i comuni delle Marche (LQP=6,1, equivalente all’11% in più del dato nazionale) e del Piemonte (6,13; +1,1%). Valori uguali alla media italiana si hanno nel caso della Campania e della Lombardia. Poco al di sotto del dato nazionale si collocano l’Emilia Romagna (-2,4%) e l’Abruzzo (-6,4%). La peggiore performance si ha nel caso della Puglia, con un indice LQP pari a 4,07 (27% in meno della media nazionale). Il dato della Calabria è simile a quello pugliese: i 409 comuni calabresi registrano un LQP pari a 4,17, ossia meno del 25% del dato nazionale. Ampia è la distanza tra l’indice LQP della Calabria e quello del Veneto (best performer). Il confronto tra la Calabria e l’Italia (Fig. 3) evidenzia il posizionamento più a sinistra della distribuzione regionale a conferma della relativa maggiore presenza di municipalità calabresi con bassi valori di LQP. Al contrario, a destra del grafico, ossia per valori elevati di LQP, le frequenze relative sono più “alte” per i comuni non calabresi: in termini relativi, chi performa meglio non è in Calabria.
La Calabria e le sue province La figura 4 indica che per il 25% dei comuni calabresi l’indice LQP è pari a 3. Si tratta di 100 comuni a bassissima capacità di tener conto delle esigenze dei cittadini. Il valore mediano è 4.2, mentre per il 75% (300 unità) dei comuni calabresi l’indice è 4.8, ossia meno della metà del valore massimo ammissibile. In soli 13 casi l’indice è maggiore di 0.8. Le medie provinciali indicano che i comuni della provincia di Catanzaro registrano un indice pari a 4,48, seguiti da quelli delle provincie di Vibo Valentia (4,37), Cosenza (4,29), Crotone 4,14) e Reggio di Calabria (3,65). Sebbene il fenomeno di bassa capacità e possibilità amministrativa sia molto diffuso in Calabria, la provincia di Reggio Calabria è quella in cui sono più frequenti, in media, bassissimi valori comunali di LQP. È utile, infine, rilevare la variabilità dell’indice su tutto il territorio regionale: la figura 5 riproduce l’istogramma di frequenza per la Calabria e la distribuzione dell’indice in ciascuna provincia. La massa di informazione di concentra attorno alle medie provinciali, segnalando come per la stragrande dei comuni calabresi l’indice LQP assuma valori prossimi ai valori medi (regionale e provinciali). Questo vale, in particolare, per i comuni della provincia di Vibo Valentia, la cui distribuzione ha un picco (di frequenze) attorno alla media. Da notare, inoltre, che la frequenza di bassi valori dell’indice LQP è relativamente più diffusa nei comuni della provincia di Reggio Calabria. All’estremo opposto, la coda destra delle distribuzioni indica che pochissimi comuni registrano valori elevati dell’indice LQP (il valore massimo 10 è osservato in un solo caso e nella provincia di Cosenza).
Discussione Questa nota si limita a sintetizzare alcuni dati elaborati dall’istituto SOSE. Le attività di presentazione e descrizione effettuate dal gruppo di lavoro di OpenCalabria restituiscono una mappatura molto variegata dei comuni italiani rispetto alla capacità a soddisfare le esigenze dei cittadini. Considerando validi sia gli indicatori di partenza sia il metodo di aggregazione proposto dall’istituto SOSE, si ottiene che ad un sistema virtuoso di municipalità del Nord del paese si contrappone la criticità amministrativa dei comuni del Sud. In generale, tuttavia, è l’intero sistema paese ad avere una performance globale molto bassa (la media nazionale dell’indice LQP è minore di 6). La Calabria registra ritardi elevati e, al suo interno, le provincie di Reggio Calabria e di Crotone sono quelle a maggiore frequenza relativa di comuni con bassi indici di performance gestionale della spesa e bassa offerta di servizi per la collettività. In estrema sintesi, i dati SOSE forniscono due elementi di valutazione. Da un lato, emerge con chiarezza che la Calabria è una regione con molte criticità sul fronte della gestione della spesa per i servizi comunali. I ritardi con le altre regioni sono ampi. Dall’altro lato, la Calabria fa parte di un paese che, comunque, stenta a perseguire gli obiettivi di “efficientamento” della spesa pubblica gestita a livello comunale, così come fissato dal D.lgs n.216/2010 in tema di federalismo fiscale.
[1] L’istituto SOSE è affidatario del “Progetto fabbisogni standard” (D.lgs. 216/2010) finalizzato alla determinazione dei fabbisogni standard (FB) di ciascun ente locale. Come già ricordato, i FS rappresentano “le reali necessità finanziarie di un ente locale in base alle sue caratteristiche territoriali e agli aspetti socio-demografici della popolazione residente” ed avranno un peso crescente nella distribuzione dei trasferimenti perequativi, in sostituzione dei calcoli basati sulla spesa storica. Dal progetto sono esclusi i comuni del Friuli Venezia Giulia, Tentino Alto Adige, Sardegna, Sicilia e della Valle d’Aosta.